“Ma il futuro è nostro”
Zan, zan, zan.
Questa volta si sono dovuti nascondere loro. E non era mai successo prima. Hanno votato contro le persone transessuali, lesbiche, bisessuali, gay e si sono dovuti camuffare, vergognare, mortificare. Hanno dovuto pretendere il voto segreto al Senato, per non far vedere i loro volti, per non dover rendere conto delle loro azioni.
Un tempo il nascondimento era l’umiliazione imposta ai gay, alle lesbiche, ai trans: dentro seconde e terze vite, nel silenzio di affetti indichiarabili, nella censura di desideri inconfessabili, dentro la gabbia di corpi non propri. Adesso sventola in ogni dove l’arcobaleno, ci si ama in piazza, si inizia a vivere libere e liberi mentre gli omofobi sono costretti a nascondersi nel parlamento. È in questo capovolgimento della realtà che sta la vittoria del movimento per la liberazione sessuale, per i diritti civili. L’affossamento, in questa maniera, del DDL Zan lo dimostra: fuori dal palazzo c’è la parte giusta della storia, la parte del mondo che non odia. Sotto il sole, a testa alta, a viso aperto.
Anna Chisari, diciotto anni, studentessa del liceo scientifico, transessuale. “Sono diventata un’attivista così: avevo quindici anni, nella mia scuola era esposta una mostra femminista. Erano rappresentate tutte le donne artiste, scrittrici, musiciste che la storia aveva completamente dimenticato. Nomi che nessuno conosceva, nomi che nessuno sapeva nemmeno pronunciare. Mi sono innamorata. Ho voluto incontrare le ragazze e i ragazzi che l’avevano pensata, il gruppo Liberi Pensieri Studenteschi. E da lì ho iniziato a partecipare. Quest’anno al Pride a nome di tutte e tutti loro, ho parlato io”. “Siamo ambientaliste, femministe, facciamo parte della comunità LGBT. Ci battiamo per una vita più semplice da vivere”.
“Il DDL Zan non era la soluzione al problema delle aggressioni e della violenza. Io mi sentivo in pericolo ieri, mi sento in pericolo oggi, mi sentirò in pericolo domani. Io non ho subito mai sul mio corpo violenza fisica. Ma ho visto accadere cose inimmaginabili. È la violenza psicologica che mi ha colpito per tantissimo tempo. Anche se questa legge fosse stata approvata tante persone come me avrebbero continuato ad avere paura a camminare per strada. Bisogna agire nel profondo della società per estirpare la violenza. Il DDL Zan non era altro che un primo passo. Sarebbe servito alle vittime di violenza omo-bi-transfobica, di violenza abilista, ad ottenere più facilmente giustizia nei tribunali. Ma avrebbe tracciato la strada. Avrebbe aperto ai matrimoni, alle adozioni. Se avessimo saputo dimostrare più forza, più tenacia, se avessimo capito nel profondo l’importanza di quello che stava avvenendo non avremmo consentito che finisse in quel modo”.
“Sono sicura che sarà la mia generazione a determinare il cambiamento. Chi è nato nel duemila ha più consapevolezza, ha un accesso alle informazioni senza precedenti. È molto diverso dal passato, si è più libere e liberi di fare coming out. Tra i nostri coetanei chi si schiera contro i diritti civili è una esigua minoranza, viene immediatamente isolato. La mia generazione sta continuando a lottare. Chi ha iniziato questa lotta decenni fa, chi ha dovuto farlo con enorme difficoltà, ci ha consegnato il coraggio, ci ha dato la spinta necessaria per fare più passi avanti”.
“Io sono certa che le cose cambieranno. Cambieranno davvero. A partire da noi. L’Italia è pronta a diventare più accogliente, più inclusiva. Ma dobbiamo liberarci di questa classe politica”.
Domenica pomeriggio a Catania si torna in piazza. Alle cinque, a Villa Pacini.