L’ultimo chiuda la discarica
La Regione siciliana si avvia a chiudere la discarica di Mazzarrà Sant’Andrea (Me), ma la società proprietaria Tirrenoambiente prende tempo
Un’inchiesta effettuata dal pool di tecnici istituito dall’ex assessore Nicolò Marino nel gennaio scorso, diverse conferenze dei servizi, un’indagine della magistratura palermitana che ha scoperchiato un giro di mazzette negli uffici regionali. Tanto è bastato per far decidere al Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti di non rinnovare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rilasciata alla Tirrenoambiente s.p.a. per l’attività della discarica di contrada Zuppà e dell’annesso impianto di biostabilizzazione, a Mazzarrà Sant’Andrea nel messinese.
Non poteva essere realizzata
Le controdeduzioni presentate dai vertici della società strumentale del comune tirrenico (il cui amministratore delegato, Giuseppe Antonioli, è stato rinviato a giudizio perché coinvolto nell’operazione “Terra mia”) «non sono tali da superare le criticità evidenziate dalla commissione». L’opera realizzata non è conforme alla normativa di riferimento (decreto legislativo 36/2003) sia dal punto di vista strutturale (modalità di impermeabilizzazione del primo fondo e delle successive sopraelevazioni) che da quello gestionale (assenza del piezometro di monte necessario per l’applicazione corretta del Piano di sicurezza e controllo e mancata esecuzione delle verifiche sulla stabilità del corpo rifiuti). In sostanza – per il Dipartimento – è stato approvato un progetto che non aveva i requisiti per essere realizzato ed è stata realizzata un’opera ovviamente difforme al progetto approvato».
Alla luce di questi fatti per i funzionari della Regione non sussistono «i requisiti soggettivi ed oggettivi» per il rilascio del rinnovo dell’autorizzazione integrata ambientale e quindi «la discarica deve essere oggetto di uno specifico provvedimento di chiusura».
I rilievi della commissione
Nella loro relazione i tecnici avevano evidenziato, sotto diversi profili, l’insussistenza delle condizioni necessarie per il rinnovo dei decreti 391 (impianto di biostabilizzazione) e 393 (ampliamento discarica) del maggio 2009. Criticità non da poco, che hanno fatto decidere al Dipartimento per l’avvio del procedimento per il diniego del rinnovo delle autorizzazioni integrate ambientali. L’elenco è denso: si va dalla mancata conformità dal punto di vista urbanistico, all’assenza «agli atti del preventivo giudizio di compatibilità ambientale positivo ex DPR 13 Aprile 1996 (Valutazione di impatto ambientale)». E poi la violazioni di alcune normative – anche comunitarie – per il pretrattamento dei rifiuti e la biostabilizzazione della frazione organica e la mancanza di delimitazione dell’area di pertinenza dell’impianto.
Una collina di 145 metri
È stato rilevato inoltre il superamento delle quote di abbancamento (circa 145 metri) rispetto a quanto indicato nel progetto approvato (118 metri) e anche «la morfologia realizzata è diversa da quella autorizzata». Il controllo effettuato il 27 agosto dai carabinieri del Noe ha evidenziato la presenza di fenomeni di instabilità dell’invaso. La stessa Tirrenoambiente ha dovuto constatare che «l’eccessivo cumulo di rifiuti in altezza, ha determinato delle evidenti condizioni di instabilità […] È evidente, infatti, la presenza nei rifiuti di una frattura che taglia diagonalmente l’abbancamento […] la cui profondità è impossibile determinare, unitamente allo “spanciamento” del corpo di rifiuti lungo il fronte sud-est ed allo scivolamento del [fronte] nord-est».
Tirrenoambiente chiede più tempo
Per il sito di Mazzarrà era stata disposta già durante la conferenza dei servizi del 2 settembre, la presentazione (entro il 22 settembre) di un progetto definitivo di chiusura che «garantisca la stabilità e la tutela ambientale della discarica», ma Tirrenoambiente ha chiesto ulteriori tre mesi per effettuare le necessarie verifiche di stabilità, evidenziando inoltre la necessità della costruzione di un nuovo argine per la messa in sicurezza del lato sud e proponendo una soluzione alternativa per l’abbancamento dei rifiuti (lateralmente al fine di mitigare la spinta della massa a vantaggio della stabilità del corpo rifiuti), salvo essere costretta a interrompere i conferimenti.
La discarica va chiusa
Viste le bocciature anche da parte dell’assessorato regionale Territorio e ambiente, dell’Arpa e degli altri enti interessati, il dipartimento acque e rifiuti ha quindi disposto anche la revoca dell’autorizzazione per l’impianto di selezione e biostabilizzazione e ordinato a Tirrenoambiente di presentare un progetto di chiusura e messa in sicurezza del sito (che dovrà essere presentato «nel minor tempo possibile e comunque non oltre tre mesi dal 29 settembre) volto a garantire che esso possa essere chiuso «nel rispetto della normativa ambientale e di sicurezza vigente», ha inoltre ribadito il divieto di abbancare rifiuti in aree diverse da quelle autorizzate con i decreti del 2009, oggi revocati, e che «per la eventuale necessità di interessare per opere di sostegno aree non ricomprese all’interno di tale perimetro, ciò non potrà essere realizzato mediante l’utilizzo di rifiuti ma di terra».
Si attende adesso il provvedimento finale che verrà emesso dal dirigente generale del Dipartimento.
La Regione proroga
Sembra quindi che i giorni per la ultradecennale discarica di contrada Zuppà stiano per finire anche se all’orizzonte si profila il probabile ricorso contro il diniego del rinnovo delle autorizzazioni integrate ambientali, preannunciato dallo stesso presidente di Tirrenoambiente Crisafulli durante la conferenza dei servizi decisoria, mentre la Regione – con la proroga fino al 15 gennaio 2015 dell’ordinanza n. 8/rif del 27/09/2013 prevista dall’articolo 191 del decreto legislativo 152 del 2006 in scadenza il 30 settembre (vedi scheda) – concede altri tre mesi e mezzo di vita all’agonizzante impianto di Mazzarrà.