“L’ora della trasparenza”
C’è qualcosa che non va nel mondo variegato dell’anticamorra napoletana…
All’ombra dei clan, delle cosche, delle famiglie malavitose c’è un esercito di “professionisti della legalità” che prospera. Non si capisce di cosa campano. Sta di fatto che hanno entrature in Enti, Istituzioni, Fondazioni. Volti noti e stagionati che negli anni hanno costruito un vero e proprio monopolio dell’industria anticlan.
E’ la “lobby del bene” che in Campania, e in particolar modo a Napoli, legittimamente opera. Chiariamo: tutte brave persone ma la domanda resta senza risposte: qual è il vero contributo che si dà al contrasto alla camorra?
Solo l’interrogativo provoca reazioni stizzite e iraconde. Nell’anticamorra come nella camorra è meglio non parlare di certe cose. La verità può costare cara. Se il re è nudo occorre dire che è vestito.
Prendiamo un esempio banale, l’associazione Libera. In Campania come altrove è governata sempre dalle stesse persone. L’elezione per il ricambio dei rappresentanti degli organismi interni sono proforma o al più nominati. Non c’è un limite di mandato, non c’è un limite di età, nei fatti non esiste mobilità interna. Sembra una gestione feudataria con vassalli e valvassori. Ma qualcuno potrebbe dire : vabbè è una associazione, saranno pure fatti loro.
E’ vero fino a un certo punto. Libera in particolare gestisce molte attività e spesso i rappresentanti eletti proforma occupano posti nei cda di Fondazioni e altri soggetti, sottoscrivono protocolli con Enti locali, partecipano a finanziamenti di progetti, sono promotori di iniziative retribuite, percettori di consulenze ben pagate. Come è chiaro capire e intuire non sono argomenti di lana caprina.
Non sono argomenti da trascurare
A pelle occorrerebbe – in generale – più trasparenza. Capire chi fa cosa e come lo fa e con chi lo fa. Avere sottomano bilanci con entrate e uscite. Poter leggere il dettaglio del bilancio e non cifre che magicamente pareggiano e fanno 0 a 0. Qui non si gioca una partita di pallone ma è in gioco la credibilità di parte di un mondo. E’ solo la punta dell’iceberg.
Prendi il Consorzio Sole (Sviluppo Occupazione Legalità Economica) , un progetto sorto nel 2003 all’interno della Direzione Legalità e Sicurezza della Provincia di Napoli per occuparsi del recupero, riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata e alla loro assegnazione a cooperative sociali diretto dalla sociologa e tanto altro Lucia Rea.
Un consorzio che è riuscito a tessere e organizzare una bella rete di amicizie e collaborazioni : associazioni, fondazioni, gruppi, cooperative sociali, federazioni ma soprattutto nomi pesanti (presunti tali) dell’anticamorra arruolati come consulenti, esperti e collaboratori.
Modalità disparate
Le modalità sono le più disparate: progetti, missioni, incarichi diretti, contrattini, determine, seminari, work shop, tavole rotonde. Una grande partita di giro.
Eppure il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri è stato chiaro e netto: “Non possiamo tollerare che ci sia gente che lucra e che dell’antimafia fa un mestiere. Ci sono condotte che non hanno rilievo penale ma sono moralmente riprovevoli. Nella lotta alla mafia bisogna essere seri, non ci sono ma e non ci sono se”.
La chiarezza del procuratore
Se questo era il rischio, ora si è in una fase diversa, già conclamata. Se accenni al tema, se inviti a una riflessione, se poni il problema, se solleciti un autocritica se ti vabbene ti accusano di possedere “livore” e di essere “scemo”. Ecco, sei stato bollato, messo all’indice, timbrato a fuoco e inserito di diritto in una blacklist.
Se una parte del mondo dell’anticamorra non cambia si rischia di avere un ceto di professionisti, una classe di azzeccagarbugli avvezzi alla retorica autoreferenziata, alle chiacchiere formato panna montata, alle lacrime incorporate, agli anniversari perpetui. E’ solo un’illusione pedagogica, una pretesa educativa, una presunta superiorità morale/moralistica. La verità è scomoda: l’anticamorra va ripensata.