giovedì, Novembre 21, 2024
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L’isola venduta

Nella giornata di ieri è stata resa nota la notizia. I lavoratori lo hanno appreso dalle chat sindacali di whatup. È ufficiale: Coop Alleanza 3.0 si appresta a lasciare l’isola.

I sindacati annunciano l’intenzione della grande cooperativa di vendere tutti i punti vendita in Sicilia, ancora poca chiarezza sull’identità dei probabili acquirenti. L’unica certezza ad ora è che, per l’ennesima volta, più di 800 lavoratori e lavoratrici rischiano il posto di lavoro o parte dei loro diritti che verranno “svenduti” al miglior offerente.

A nulla sono serviti anni e anni di ricorso agli ammortizzatori sociali, a nulla è servito l’accordo sulla flessibilità firmato dai dipendenti due anni fa con la promessa –disattesa- di Coop di scongiurare i licenziamenti.

I dipendenti ex Aligrup riassunti da Coop qualche anno fa con l’acquisto dei punti vendita di Zagare, Ginestre e Bronte speravano di non dover rivivere l’incubo della precarietà e invece ritorneranno ad essere un esubero(così nei documenti vengono chiamati tutti i lavoratori che non servono più agli interessi dei padroni). A loro si aggiungono tutti i lavoratori già in forza da dieci anni nei punti vendita di Palermo (Borgonuovo Torre e Forum), Milazzo (Parco Corolla), Ragusa (Ibleo) e Catania (Katanè).

Già da tempo si avvertiva l’urgenza da parte di Coop Alleanza 3.0 di far fronte alle perdite delle vendite in tutta la regione, i lavoratori in questi anni hanno provato a fare la loro parte rinunciando agli scatti d’anzianità, al riconoscimento di un livello di inquadramento idoneo alla loro mansione e dimezzando il proprio salario.

Non riesce a trattenere la sua preoccupazione e la sua delusione una lavoratrice del punto vendita Katanè che racconta “Sapevamo delle perdite di Coop in Sicilia ma dopo il lockdown, che ha portato ai nostri negozi quasi il raddoppio delle vendite a preventivo, speravamo in un risvolto diverso. È già complicato con un lavoro part-time riuscire a far fronte alle spese familiari e la paura di perdere quel poco che, con sacrifici e sudore, abbiamo tentato di tenerci stretto è tanta”. Un rappresentante sindacale dello stesso punto vendita, senza riuscire a trattenere la sua rabbia, denuncia “Anni e anni di regime di solidarietà e cassa integrazione pagati dall’INPS sarebbero dovuti servire a mantenere in vita Coop in Sicilia, invece la cooperativa li ha utilizzati solo per fare cassa in seguito alle perdite che anno dopo anno emergevano dai bilanci. Questo, forse, dovrebbe far riflettere sull’importanza di attingere ai fondi pagati da tutti i cittadini solo nel caso in cui le imprese intendano davvero garantire sicurezza lavorativa”.

Una riflessione alla luce dei fatti raccontati sorge spontanea: era davvero necessario inondare la Sicilia, ed in particolare Catania, di centri commerciali e supermercati che concorrono tra loro, talvolta a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, senza garantire alcuna stabilità duratura alla miriade di lavoratori del settore?

I fatti raccontati sono sempre gli stessi, cambia solo il marchio e le famiglie coinvolte in questo dramma moderno. Da Carrefur ad Auchan, da Abate fino a Coop, dalla Sicilia scappano tutti.

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