L’isola felice che ha scoperto le mafie
Qui per decenni prosperità e ricchezza sono stati garantiti dal clientelismo e dal familismo Dc. Nel ’92 il sistema è crollato, mentre le mafie penetravano nel profondo della società
Zio Remo. Era il nomignolo (affettivo o dispregiativo, a seconda di chi lo pronunciava) di Remo Gaspari, parlamentare e per 16 volte ministro della DC, nato a Gissi, un paese montano abruzzese. Per tutti i decenni del dopoguerra l’Abruzzo era Zio Remo. Non c’era industria, ospedale, opera pubblica, ufficio postale, che non fosse sorto grazie a lui. Tutto in cambio di voti e sostegno. Intorno a Remo Gaspari la DC abruzzese ha incardinato il suo sistema di potere clientelare. Il tessuto industriale ed economico abruzzese, dopo la guerra, è risorto tra le processioni di migliaia di persone in ginocchio da Gaspari nella sua natìa Gissi o negli stabilimenti balneari di Vasto Marina o Casalbordino. Quotidianamente centinaia di persone accorrevano presso il “re del clientelismo”, disposti ad attendere anche ore e ore. L’Abruzzo è stato forgiato dal clientelismo e dal sistema di potere clientelare della DC: la libera iniziativa non esiste, il riconoscimento dei propri diritti neanche. Per ottenere l’agognata pensione dopo anni e anni di duro lavoro o per avere un lavoro (anche sottopagato e schiavizzati), si chiede il “favore”, ci si inginocchia al potente di turno. E’ una mentalità che, ancora oggi, domina le menti degli abruzzesi.
Nel 1992 il ciclone Tangentopoli investe anche l’Abruzzo. Varie amministrazioni comunali(tra le prime Casalbordino) e anche quella regionale furono azzerate dalle inchieste giudiziarie. Tra i Comuni va segnalato il capoluogo di provincia Chieti(che, essendo la provincia natìa, era anche il feudo più solido di Remo Gaspari), con l’arresto del febbraio del sindaco Andrea Buracchio e di due terzi dell’intera giunta. Il 29 settembre 1992 vengono arrestati Rocco Salini (che sarà successivamente condannato) e altri esponenti della giunta regionale. E’ il crollo del potere democristiano, “l’agonia di un regime” come l’ebbe superbamente a descrivere anni dopo il compianto (e purtroppo quasi da tutti dimenticato) Sergio Turone. Ma c’è un altro episodio di cronaca di quei mesi che va evidenziato e che segnò uno spartiacque nella storia recente dell’Abruzzo: il 4 ottobre 1991 viene assassinato a Pescara l’avvocato Fabrizio Fabrizi. L’omicidio Fabrizi, rimasto praticamente senza colpevole ufficialmente, è considerato il primo delitto di mafia in terra abruzzese. Quella notte l’Abruzzo perse la sua verginità, smise definitivamente i panni di isola felice. In Abruzzo si faceva affari illeciti, anche gli interessi criminali prosperavano. E si uccideva. Nello studio di Fabrizi gli investigatori trovarono enormi faldoni di documenti che, dai rifiuti ai centri commerciali, testimoniavano il sistema di corruttela e malaffare che portò alla fine della DC e alcuni degli arresti riportati sopra.
Cominciò allora la storia recente dell’Abruzzo, una storia che narra di una classe politica in larga parte sempre più asfittica e incapace di qualsiasi visione, pronta solo a soddisfare gli interessi di lobby e gruppi di potere privati. Arrivando a favorire tranquillamente anche gli interessi delle mafie, che stanno prosperando proprio lì dove la politica è più incapace. A partire dal campo dei rifiuti, dove la gestione pubblica appare sempre più incapace e inefficiente, mentre monopoli privati e traffici con altre regioni d’Abruzzo (negli ultimi 15 anni sono oltre 20 le inchieste della magistratura, così come documenta anche un dossier dei mesi scorsi di PeaceLink Abruzzo e Ass. Antimafie Rita Atria, che hanno scoperto reti di traffico illecito nazionale e internazionale di rifiuti che avevano uno dei perni in Abruzzo) dominano incontrastati. L’inchiesta Re Mida della Procura di Pescara, che il 22 settembre 2010 coinvolse anche i senatori Paolo Tancredi e Fabrizio Di Stefano (già noto alle cronache nazionali perché fu uno dei promotori dell’abolizione della disposizione costituzionale che vieta la ricostituzione del Partito Fascista), ricostruì una vera e propria spartizione affaristica del territorio della Regione Abruzzo, tra politici e imprenditori privati, con i primi che avevano il compito di piegare le leggi agli interessi dei secondi. Per non parlare della speculazione edilizia: la costa abruzzese è attraversata per tutta la sua lunghezza dalla strada nazionale adriatica, nel percorrerla il mare si vede solo in piccolissimi spicchi, mentre dominano colate e colate di cemento. Pura speculazione edilizia, che sta mettendo in gravissimo rischio il territorio, ma anche fonte di affari illecito. A partire da Vasto, al confine con il Molise, dove centinaia e centinaia sono gli immobili sequestrati dalla magistratura. Davanti a questi scempi, e all’evidenza dei fatti acclarati anche da studi universitari (che fanno espresso riferimento anche al riciclaggio del denaro sporco nel “ciclo del cemento” abruzzese), larga parte della politica abruzzese continua a contorcersi solo nel balbettìo di videosorveglianze che dissanguano le casse pubbliche, ronde più o meno neofasciste, ideologie xenofobe e sicuritarie buone solo per la propaganda. Oltre a continuare a favorire le lobby del cemento (basti pensare alla recente legge regionale sull’edilizia o alla mancanza da quasi trent’anni di una legge regionale che disciplini le cave) e della speculazione. La Regione che si vanta di essere la “Regione verde d’Europa”, la Regione dei Parchi e delle Aree Protette, grazie al saldarsi di destra e centrosinistra (PDL e PD per intenderci, insieme a FLI), continua da oltre dieci anni ad impedire la definitiva istituzione del Parco Nazionale della Costa Teatina (diventata ormai un’unica immensa colata di cemento) o a ridurre l’Area Marina Protetta Torre del Cerrano per favorire espressamente alcuni costruttori.
E nel frattempo la penetrazione delle organizzazioni criminali, dedite anche ai floridi mercati di prostituzione, sfruttamento illegale del lavoro dei migranti e delle droghe, continua la sua escalation. Nel 2007 la Procura di Vasto ha sgominato la prima ‘ndrina nata e cresciuta interamente in Abruzzo, sorta intorno al boss della camorra in esilio Michele Pasqualone ma che coinvolgeva anche professionisti e personaggi della locale società(nel 2008 in una seconda inchiesta la magistratura accusò anche un secondino del carcere locale di continuare a permettere a Pasqualone di continuare a comandare la ‘ndrina dagli arresti). Il 2012 è iniziato con una nuova inchiesta, che coinvolse quasi cento persone, che sgominò addirittura due reti criminali dedite allo spaccio di cui fu accusato di essere a capo il boss camoristico in esilio Lorenzo Cozzolino. Nell’estate scorsa furono arrestati moltissimi giovanissimi (nessuno con un’età superiore ai 30 anni), che hanno importato in Abruzzo il cobrat, una nuova droga derivante dal processo di raffinazione dell’eroina. Droga e prostituzione sono tra gli affari che più permettono alle mafie di movimentare capitali, ma sono solo la punta avanzata di un’iceberg molto più profondo che coinvolge e devasta il tessuto sociale ed economico. A partire da L’Aquila, dove il terremoto del 6 aprile 2009 è diventato occasione incontrollata di affari criminali. Nei mesi scorsi una nuova inchiesta della procura di Roma ha fatto nuovamente tornare a parlare di Massimo Ciancimino, il figlio dell’ex sindaco DC di Palermo e considerato vicino alle cosche mafiose palermitane. Quell’inchiesta è stata solo l’ennesima partita da L’Aquila. E’ cronaca di queste settimane, e si sta evolvendo ancora mentre sto completando queste righe, il sequestro di sette società di capitali, immobili e molti altri beni tra Roma, la Campania e il Vastese, la zona abruzzese al confine con il Molise. Secondo l’accusa le persone coinvolte sono prestanomi del clan dei Casalesi.
Oltre 20 anni dopo il crollo del sistema di potere clientelare democristiano, il vuoto politico non è stato mai “riempito”, anche se mentalità clientelare e che attende i favori del potente di turno sopravvive. Oggi il presente è questo, infiltrazioni criminali sempre più in profondità, lobby che dominano incontrastate, nessuna visione del futuro. Qualcuno resiste (la rivista Site.it, l’Associazione Antimafie Rita Atria, PeaceLink, il centro sociale Zona22, associazioni storiche come Arci e WWF, alcuni esponenti politici coraggiosi comunisti, alcuni comitati e movimenti) e non si arrende. Sono I Siciliani abruzzesi. Hanno contrastato il sistema di potere democristiano, oggi contrastano i nuovi “poteri forti”.
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