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L’immigrazione che verrà. Conclusioni del seminario 20 – 21 febbraio

Le migrazioni sono un fenomeno complesso che richiede un approccio multilaterale, dalla cooperazione con i Paesi di origine e di transito dei flussi alla creazione di una sistema di gestione non più “multinazionale”, ma autenticamente europeo.

Il seminario, all’esito di due giorni intensi di lavoro, caratterizzato dall’ascolto reciproco dei soggetti delle istituzioni, della magistratura, della politica e dell’associazionismo coinvolti, rassegna le seguenti conclusioni. 

L’instabilità della situazione politica di molte parti dell’Africa e del Medio Oriente continuerà a generare nell’immediato futuro imponenti flussi migratori, spontanei e pressoché incoercibili, verso l’Europa: moltitudini umane in fuga dai conflitti per la sopravvivenza fisica e l’affermazione di condizioni di vita di essenziale dignità.

Occorre quindi indirizzare la politica italiana ed europea verso soluzioni che permettano di assicurare condizioni di viaggio e di accoglienza dignitose e sicure, evitando la speculazione di gruppi criminali che, sfruttando il bisogno di migrare, mettono in pericolo la vita dei migranti esponendoli a inutili tragedie umanitarie.

Le Forze di Polizia, la Marina Militare, l’Autorità giudiziaria italiana hanno ottenuto risultati molto significativi nell’accertamento dei gravi reati transnazionali connessi al traffico, dai reati associativi ai delitti di omicidio consumati per portare ad esito il traffico. Questo impegno ha già portato alle condanne in primo grado di decine di associati per delinquere, oltre ai c.d. scafisti.

E’ però necessario incrementare la cooperazione internazionale, per affrontare le nuove modalità di traffico.

È ora urgente portare l’esperienza italiana di Mare Nostrum nelle nuove iniziative europee, a partire dall’attuale Triton, con risorse più consistenti, un ambito di operatività più esteso e l’esplicito riconoscimento anche della finalità di soccorso dei migranti in acque internazionali.   

Urgente è la necessità di abrogare il reato di immigrazione clandestina (art. 10-bis T.U. immigrazione), retaggio inutile di una visione panpenalistica del fenomeno immigrazione, tutta rivolta a soddisfare presunti bisogni securitari e che oggi costituisce solo un intralcio all’accertamento dei gravi reati che vedono i migranti irregolari in veste di vittime.

I flussi migratori sono un fenomeno strutturale, ma ogni evento di soccorso e sbarco è in sé un’emergenza. Occorre raggiungere una capacità di fare fronte al fenomeno a livello nazionale con interventi mirati lì dove gli eventi si verificano, con una dislocazione di risorse che sia razionale e proporzionata alla diverse realtà.

Occorre, riguardo alla fase emergenziale dell’ingresso di massa, un coordinamento nella gestione dell’accoglienza, che indichi a ciascuna delle forze in campo (Polizia, Prefettura, Comune, associazioni) il compito da eseguire, per evitare confusione negli adempimenti e inutili e sovrapposizioni di responsabilità.

Occorre disciplinare la gestione dei flussi migratori in ingresso tenendo conto del tema della sicurezza interna (identificazione personale e controllo sanitario), ma disinnescando l’attuale problematicità della identificazione personale e ciò svincolandone le procedure da quelle finalizzate al riconoscimento della protezione internazionale.

Per ottenere tale risultato occorre, anche a legislazione invariata, omogeneizzare le procedure di riconoscimento dell’asilo e delle altre forme di protezione internazionale tra i Paesi europei, quale premessa di un effettivo sistema di asilo comune europeo.  

La procedura di riconoscimento della protezione internazionale deve diventare più fluida ed efficiente sia nella fase amministrativa sia in quella giurisdizionale. L’attuale tempistica – oltremodo lunga – aggrava notevolmente il peso economico dell’accoglienza, con conseguente incentivo a forme di arricchimento speculativo sulle strutture di accoglienza per migranti, e genera un sofferto stato di “sospensione di vita” nei migranti in attesa di conoscere il proprio destino. A questo scopo è necessario:

–       monitorare, attraverso un maggiore coordinamento tra Ministeri dell’Interno e della Giustizia, i dati inerenti alle Commissioni territoriali e ai tribunali competenti alla correlativa fase di impugnazione giurisdizionale quale ineludibile premessa per la impostazione delle opportune misure organizzative e delle scelte normative e di indirizzo;

–       imprimere ancora maggiore efficienza e funzionalità alle Commissioni territoriali, rendendone più omogeneo il lavoro sul territorio nazionale, (maggiore coordinamento interno, esame più veloce delle domande) e in prospettiva sovranazionale, condivisione tra Ministeri dell’Interno e della Giustizia di un sistema unico di informazioni sui Paesi di origine con il coinvolgimento del Ministero degli Esteri e dell’EASO, maggiore specializzazione del settore e formazione comune a livello comunitario);

–       rafforzare l’Unità Dublino con la possibilità di acquisire i provvedimenti di diniego da parte di altri Stati comunitari;  

–       istituire procedure semplificate e omogenee per chi proviene da contesti territoriali di conclamata tensione bellica;

–       curare maggiormente la formazione professionale dei magistrati addetti al settore e l’omogeneità degli orientamenti interpretativi e decisori;

–       incidere sulla giustizia civile, con l’attivo contributo del CSM, attraverso un’organizzazione che tenga conto dei carichi e della complessità delle procedure di riconoscimento della protezione internazionale adottando misure organizzative di potenziamento degli organici amministrativi e giudiziari a ciò adeguate (l’esempio del tribunale civile di Catania, presso il quale pendono n. 2350 procedimenti di protezione internazionale, fortemente legato alla presenza del CARA di Mineo, il più grande d’Europa,  è emblematico della necessità di un simile intervento);

–       rendere più attivo il coinvolgimento delle procure della Repubblica a tutela degli intessi pubblici tutelati;

–       migliorare il servizio di mediazione culturale e interpretazione linguistica, anche attraverso una remunerazione più adeguata alla delicatezza e complessità di tali servizi;

–       semplificare le prassi amministrative e giudiziarie (soprattutto in tema di notifiche) per permettere il più efficace e spedito esercizio dei diritti;

–       adottare presso la Corte di Cassazione le misure organizzative necessarie per trattare con tempi rapidi le controversie in materia di protezione internazionale, assicurando l’uniformità delle decisioni.

È necessario rivedere criticamente il sistema dell’accoglienza, con una robusta riforma di strutture quali i C.A.R.A., troppo ampie e dispersive e foriere di tensioni tra gruppi nazionali diversi, a favore di strutture più circoscritte e nelle quali siano offerte concrete opportunità di inserimento e crescita dei migranti ospitati, anche attraverso l’utilizzo dei beni immobili confiscati in sede giudiziaria disponibili (e ciò attraverso procedure più fluide e semplificate di riutilizzo, in considerazione dell’urgenza).

Sul piano europeo va sviluppata l’efficacia del Regolamento “Dublino 3”, attraverso il potenziamento dei sistemi di tracciamento familiare al fine di rendere realmente residuale il criterio di radicamento della competenza nel Paese di primo ingresso.

Riguardo ai minori stranieri non accompagnati è necessario promuovere da subito un cambiamento e insistere ancora su proposte già avanzate alle istituzioni competenti affinché:

1. prosegua l’iter di approvazione del progetto di legge di modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 286/1998 relativo alle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati da tutelare dinanzi ad un unico ed autonomo organo giudiziario specializzato secondo le Linee Guida del Consiglio d’Europa “Per una giustizia a misura di minore” del 2010;

2. si incentivi l’utilizzo dello strumento già esistente dell’affido etero-familiare (previsto dalle norme del Testo Unico sull’immigrazione), per garantire l’integrazione sociale, con l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presso famiglie disponibili;

3. si prevedano la presenza degli operatori professionali a bordo delle unità navali impiegate nel assistenza in mare;

4. si promuova con la collaborazione dei garanti regionali per l’infanzia la creazione presso le sedi giudiziarie di albi e/o elenchi riservati ai tutori volontari, nonché la stipula di protocolli di intesa che li rendano operativi, e si realizzino corsi di formazione inter-disciplinare per i tutori dei minori stranieri non accompagnati;

5. si raccomandi alle Regioni, agli Enti locali e alle Autorità giudiziarie minorili di predisporre adeguati progetti di presa in carico complessiva dei minori non accompagnati stranieri.

Infine, va sottolineato che la grave crisi libica costituisce una minaccia per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa. Se le milizie dell’IS (c.d.“ Stato Islamico”) o di altre organizzazioni terroristiche riusciranno a stabilire un controllo territoriale delle coste, potranno aversi tentativi di strumentalizzazione delle migrazioni, per farne al contempo una fonte di finanziamento e una forma di pressione.

Questa minaccia non va confusa con il rischio che tra i migranti vi siano soggetti radicalizzatisi in contesti di conflitto, per i quali sono comunque necessarie misure atte alla prevenzione e al controllo.

La minaccia terroristica non deve essere strumentalizzata per finalità di politica interna. Essa è una minaccia seria e reale e richiede – come già in passato di fronte al terrorismo interno – saldezza morale, coraggio e unità del Paese.

Catania, 21 febbraio 2015

I magistrati di AREA

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