Lettera alle testate di base
Un paio d’anni fa dei ragazzi che fanno un sito internet in Sicilia, scrivono ai loro “colleghi” del resto dell’isola. Proposta: facciamo un bel salto e mettiamoci tutti in rete
Gentili testate di base di Sicilia,
Il mio rispetto per il lavoro che avete svolto nelle nostre sperdute province è immenso. Conosciamo tutti gli stenti delle strade schifose, le lunghe notti sul computer, i montaggi di filmati o le impaginazioni che provano i nervi. Sappiamo della miseria dei pochi spicci, se non del volontariato, su cui si basa questo lavoro, quello del giornalista indipendente. Diciamo pure il lavoro dell’essere persone libere o di provare ad esserlo.
Ecco, tutto questo noi lo conosciamo meno di molti delle testate indipendenti siciliane, che fanno quello che facciamo noi da molto più tempo. Molti più anni, molti più rimorsi e molte più delusioni. Forse, anche più soddisfazioni. Ci potremmo convincere che le cose meglio di così non sarebbero potute andare. Ma a me non sembra. Non credo sia questo quello che doveva uscire da anni di discussioni, di tentativi di “fare rete”.
Questa maledetta espressione, “fare rete”, è quella che risuona più spesso in questi ambienti. Si presenta sempre carica di un entusiasmo svampito, eco di qualcosa che non c’è più. Oppure vuole farsi largo con goffaggine e non ci riesce.
Non mi è chiaro da dove nasca l’incapacità di scambiare informazioni e come si perda l’interesse nel costruire insieme qualcosa di comune, ma mi pare ovvio che il tempo è sempre scarso per fare qualsiasi cosa, anche per mettersi in contatto decentemente con altri colleghi.
Poi, non andrebbe mai sottovalutata la questione della gelosia, della voglia di occuparsi solo del proprio territorio, della paura di sacrificare spazi, di concederne troppi agli altri. Insomma, è una vecchia storia: manca il tempo, si ha paura di perdere la propria indipendenza.
Poi venne il web…
Una volta tutto ruotava attorno alle pagine, al numero di battute: la paura era quella di perdere tracce della località, spendere troppo denaro per finanziare grandi progetti, distribuire il materiale cartaceo in maniera errata. Poi venne il web.
Qualche mese fa al festival del giornalismo di Modica, grandiosa iniziativa de “Il Clandestino con Permesso di soggiorno”, un vecchio redattore ha lanciato la riscossa dei “Siciliani”.
Speranza per alcuni, rabbia per altri…
E’ stata una cosa molto bella. Ha dato speranza a qualcuno e ha fatto arrabbiare qualcun altro. Ma, nota amara, al workshop gratuito tenuto dallo stesso redattore, durante il festival, eravamo quattro gatti: trattava di giornalismo e web. Sembrano argomenti da appestati, a volte, quasi si parlasse di un giornalismo di serie B. Ed è cosa molto triste.
Il mio appello è questo: approfittate di spazi come quello di “Generazione Zero Sicilia”, con la sua comunità di blog e di forum; approfittate deI “Siciliani”. Oppure fate in modo che ci sia una valida alternativa, ma fatelo sul serio. Non continuiamo a lasciare le cose senza concretezza, a spendere parole al vento: siate fattivi. Se potete farlo, fatelo. Scrivete un pezzo anche adesso, contattate i colleghi. E, se potete, perdonate l’entusiasmo giovanile con il quale ho sporcato la vostra giornata, ma non se ne poteva fare a meno.
Quest’isola è piena di materia prima, di notizie e fatti da raccontare, cose che le televisioni schiavili e i giornalacci non sanno fare, cose che possiamo fare noi in maniera molto migliore. Entriamo nel mercato e investiamo su noi stessi, almeno su di noi, se proprio non riusciamo a scommettere sulla possibilità di migliore le condizioni di vita della Sicilia.
Se perderemo ancora tempo, non ci dovremo lagnare dei risultati con nessuno, se non con noi stessi. Sia per le opportunità lavorative che stiamo perdendo oggi, sia per la questione etica, quella del poter fare giornalismo libero.
(settembre 2011)