L’emergenza rifiuti, l’incubo Tares e la miopia della politica
Palermo, Caltanissetta, Messina. Sono solo le ultime, in ordine di tempo, “emergenze” rifiuti che da più di dieci anni tormentano l’Isola del Sole in un Mare di Luce
Quotidianamente i telegiornali, anche nazionali, ci riversano addosso immagini di chilometri e chilometri di munnizza accatastata per le strade.
Ci sono stati anche amministratori pubblici che hanno addirittura invocato lo stato di calamità, come se la smisurata produzione di rifiuti degli isolani sia paragonabile ad un terremoto o ad un alluvione.
Non scherziamo. La disastrosa situazione in cui ci troviamo non è frutto di eventi imprevedibili e incontrollabili dall’uomo, anzi è proprio l’opposto. È proprio colpa nostra!
Siamo noi con il nostro ormai non più sostenibile modello di sviluppo e consumo a produrre troppi rifiuti e troppo velocemente per la capacità finanziaria e gestionale degli enti locali.
È stata la miopia dimostrata dalla politica, a tutti i livelli, che ha generato lo stato attuale di emergenza finanziaria degli enti.
Qualche esempio? A Messina, capoluogo e provincia producono circa 350.000 tonnellate all’anno di rifiuti, il cui costo di conferimento in discarica è di decine di milioni di euro. Sembrerebbe dunque ovvio che per affrontare l’emergenza, sanitaria e finanziaria, i principali e più urgenti provvedimenti dovrebbero essere tesi ad una riduzione dei quantitativi che vengono conferiti in discarica.
In verità il Decreto Legislativo n. 205 del 3/12/2010, che ha recepito la Direttiva Europea 2008/98/CE “La società del Riciclaggio”, stabilisce che prima del conferimento in discarica si debbano attuare in ordine di priorità a) la prevenzione dei rifiuti; b) il riuso ed il recupero dei materiali post-consumo; c) il riciclo; d) l’eventuale recupero energetico e in ultimo, per quel poco che resta, e) lo smaltimento. Tutti gli enti locali che non operano secondo questa gerarchia sono dunque fuorilegge ed esposti sanzioni europee, con ulteriore aggravio dei costi per i contribuenti.
Le soluzioni pratiche ci sono, come quella portata avanti dalla Rete nazionale Rifiuti Zero – che in questi mesi sta raccogliendo le firme per una legge di iniziativa popolare – improntata al massimo recupero dei materiali post-consumo. Sembrerebbe l’uovo di Colombo e visto che la raccolta differenziata in Sicilia è ferma a pochi punti percentuale, bisognerebbe chiedersi quali interessi economici la riduzione dei rifiuti lede.
Intanto l’emergenza finanziaria sarà ulteriormente aggravata dall’entrata in vigore, ancora non si sa quando, ma è solo questione di pochi mesi, della Tares, la nuova imposta comunale che accorpa in sé tutta una serie di servizi (strade, illuminazione pubblica) tra i quali la gestione del servizio di igiene urbana. Un’imposta che per come è stata, malamente, concepita porterà al raddoppio dell’imposizione e, conseguentemente, all’evasione. Essendo basata sulla metratura degli immobili invece che sulla produzione effettiva dei rifiuti, non incentiverà il cittadino a tenere separati in casa i rifiuti e meno che mai a servirsi delle isole ecologiche, visto che pagherà quanto chi, meno responsabilmente, produce montagne di spazzatura. Una soluzione insostenibile che non incentiva la riduzione dei rifiuti e quindi non risolverà l’emergenza.