Le mani dei politici sui beni confiscati
Finalmente il Comune si decide a emanare un regolamento per la gestione dei beni confiscati alla mafia. Le associazioni della società civile lo richiedevano a gran voce da molto tempo, e Libera aveva addirittura presentato una bozza. Alla fine il regolamento è stato emanato. Ma la figura-chiave della gestione è… un delegato dello stesso sindaco
La legge La Torre-Rognoni, che introduceva il reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni alle mafie, fu una grande vittoria in quanto colpiva il cuore del potere economico mafioso.
L’attuazione di questa legge è stata però sempre resa difficile per l’eccesso di burocrazia e la mancanza di chiari regolamenti. Ne è un esempio l’Agenzia nazionale per i beni confiscati alle mafie, invenzione del ministro Maroni, un organismo recentemente definito dal procuratore aggiunto di Regio Calabria Nicola Gratteri, un “carrozzone vuoto” lento ed inefficiente.
Insomma, il percorso per ottenere ed avere assegnato un bene confiscato è difficile e rischia di vanificare la via indicata da Pio La Torre.
Il Comune di Catania era stato finora fra quelli che non aveva ritenuto prioritario dotarsi di un regolamento per definire le modalità di utilizzo e assegnazione dei beni confiscati ad esso conferiti.
Questa lacuna è stata colmata nel consiglio comunale del17 giugno, quando è stato approvato – insieme dal centrosinistra e dalla destra – un regolamento specifico.
Su quarantaquattro consiglieri, bisogna sottolineare, ne erano presenti solo ventisei: eppure si trattava di un provvedimento importante, che ridava credibilità alla città e poteva liberare risorse utili per la vita sociale ed economica della comunità.
Un lungo percorso
Il percorso è stato lungo poiché era da anni che le associazioni cittadine chiedevano chiarezza sui beni conferiti al Comune; diverse assemblee generali, fra novembre e gennaio, avevano avanzato precise richieste in questo senso.
Alla fine del 2013 il coordinamento crovinciale di Libera ha presentato all’Amministrazione comunale una formale bozza di regolamento, che è alla base di quello approvato ma con modifiche non indifferenti. Il regolamento prevede – ad esempio – una commissione col compito di valutare le richieste di assegnazione; essa è composta da un dirigente del patrimonio, un dirigente dei servizi sociali e un “professionista esterno, esperto in gestione dei beni confiscati, nominato dal sindaco”. Nella proposta di Libera, però, il “professionista esterno”non era designato dal sindaco ma dal Procuratore della Repubblica.
Molti ritengono infatti che una simile funzione di trasparenza e controllo sia più credibile se sottratta al potere politico.
E’ stato bocciato un emendamento che prevedeva l’assegnazione solo per due anni, tempo irrisorio per interventi con un minimo di continuità. Le associazioni che avranno in gestione i beni potranno invece contare su un periodo, rinnovabile in base ai progetti, fra i sei e i dieci anni.
Il sindaco presenta il regolamento
Il 20 giugno nella Sala Giunta di Palazzo degli Elefanti si è tenuta la conferenza stampa per presentare il regolamento che darà la possibilità alle organizzazioni no-profit, alle cooperative sociali e alle organizzazioni del volontariato, di richiedere i beni confiscati alla mafia catanese.
Tutta la “corte” catanese…
Autorità, assessori, giornalisti, consiglieri comunali, sindacato, cooperative, insomma tutta la “corte” catanese al completo era là schierata, pronta a elogiare il “grande risultato”, che secondo noi non è altro che un atto dovuto ai cittadini che lottano contro la mafia.
Entusiastico quindi l’intervento del sindaco Bianco, e anche – come si usa fra politici – abbastanza autocelebrativo.
Nessuna domanda scomoda da parte dei presenti (e anche questo qui fa parte dell’usanza), finché non è intervenuto il rappresentante dei “Siciliani giovani” e dei “Cordai” (il mensile di san Cristoforo) che, dopo avere ascoltato con attenzione quanto era stato detto fino a quel momento, si è permesso di fare alcune domande.
Domande semplici senza risposta
– Come si farà a finanziare tutti quei beni confiscati che hanno bisogno di una ristrutturazione, visto che molti di questi sono degradati o vandalizzati?
– Quali saranno i rapporti con l’Agenzia nazionale dei beni confiscati”? E come farà il comune a farsi assegnare tali beni in tempi ragionevoli?
– Sarà possibile che una rete di associazioni possa chiedere i beni confiscati o lo potrà fare solo ogni singola associazione?
– La Commissione potrà ascoltare le associazioni no-profit come una consulta?
Domande semplici e dirette che non piacciono al sindaco, che risponde piccato: “Oggi quasi parla del regolamento e non si fanno richieste!”.
Malumori in sala, e a questo punto il sindaco si degna di rispondere alla prima domanda: “Il ministero delle infrastrutture ha stanziato diciotto milioni di euro per ristrutturare i beni confiscati che si trovano in condizioni di degrado e abbandono”.
Dopodiché si diffonde in autoelogi per la sua giunta (“arginata l’illegalità durante la festa di S. Agata”, “regolamenteremo la cittadinanza per gli emigranti”…), ma guardandosi bene dal rispondere alle precise domande che gli erano state poste sul tema in discussione.
Alla fine, per troncare il discorso, si alza e se ne va. Dei beni confiscati, a quanto par di capire, si parlerà un’altra volta, quando il buonumore del sindaco lo permetterà.
La pratica e le belle parole
Caro sindaco Bianco – verrebbe voglia di dirgli – le ricordiamo che lei è amministra la città, e quindi ha il dovere di confrontarsi, in modo democratico, con gli uomini e le donne di Catania e ha il dovere di rispondere alle domande, specie se pertinenti, dei giornalisti. Capiamo che lei è abituato con altra stampa, ma ci perdoni!
Abbiamo un grande maestro che ci insegna che per fare questo mestiere bisogna camminare, camminare ed ascoltare, raccontare storie che siano storie di verità, perchè quando si racconta la verità attraverso un giornale c’è la possibilità che la cattiva politica, la corruzione, l’ingiustizia sociale e le mafie alla fine siano sconfitte.
Lei sa benissimo chi è stato a dire questo, e sa che per averlo detto è stato ucciso dalla mafia, dalla politica che negava l’esistenza della mafia e dai comitati d’affari. Lei il cinque gennaio ha deposto una corona di fiori ai piedi di quella lapide che ricorda quell’uomo. Si ricorda?
Si ricorda le belle parole che ha pronunciato? Erano parole di circostanza ? O le sentiva veramente? Allora, se è sincero, e noi lo vogliamo credere, faccia in modo di applicare il regolamento appena approvato per farci “restituire dalla mafia”i beni che appartengono alla comunità civile.
“Noi, la società civile”
Noi, la società civile catanese, abbiamo già iniziato un percorso che viene dal basso e che abbiamo reso pubblico proprio il 5 gennaio del 2014
Quel giorno eravamo nel cuore del quartiere di San Cristoforo, al “centro gapa, tutti e tutte lì per ricordare i trentanni dall’uccisione, per mano mafiosa, di Giuseppe Fava.
Lo abbiamo fatto con semplicità attraverso la musica della “orchestra sinfonica infantile Falcone Borsellino”, con il potere delle parole, consapevoli che queste due cose messe insieme possono fare breccia sul “muro mafioso” e da quella breccia fare entrare luce, aria e il diritto ad una felicità collettiva contro una insopportabile oppressione mafiosa.
Siamo lì, ed in prima fila ci ascolta il procuratore Salvi a cui raccontiamo come abbiamo iniziato un percorso politico insieme ad altre organizzazioni sociali che vanno da Generazione Zero alla Fondazione Fava, da Mani Tese all’UDI, dall’Open Mind al GAPA, per promuovere un comitato che aiuti le associazioni nel percorso di richiesta di beni confiscati alla mafia catanese. Questo comitato a novembre ha organizzato un seminario sulle procedure di assegnazione e ha promosso un documento politico per chiedere che venisse approvato in tempi brevi il regolamento redatto dal coordinamento provinciale di Libera Catania.
Due beni confiscati alla mafia
Come prima tappa, il comitato richiede due beni confiscati alla mafia.
Uno da destinare a “Casa dell’informazione” che ospiterà quelle piccole redazioni di base senza sede che fanno un giornalismo libero e di verità pronte a contrastare il monopolio dell’informazione esercitato nella nostra città dal quotidiano “La Sicilia”. La redazione catanese dei “Siciliani giovani”, che ha lanciato l’idea, propone di intitolare questa Casa a Giuseppe Fava.
Ma non basta. Chiediamo anche una casa che sia disponibile per tutte le associazioni che lavorano nei quartieri popolari, un luogo che sia fucina di idee, dove si incontrino le diversità che generano unità, dove la consapevolezza del pericolo mafioso costruisca antimafia sociale. Una “Casa delle Associazioni”, insomma. E una Casa così pensata a chi si può dedicare se non a Giovanbatista Scidà?
Si, a questo uomo che con lealtà servì lo Stato, denunciò l’ingiustizia sociale madre della violenza mafiosa, denunciò la condizione in cui versano i minori, costretti molte volte a delinquere in quei quartieri dove lo stato è assente e delega una “mafia sociale” a sostituirlo. Catania glielo deve!
Dal quel cinque gennaio sono passati sei mesi e il comitato delle associazioni, ha continuato il suo cammino, organizzando conferenze stampa, presentando istanze al sindaco, chiedendogli di essere civilmente ascoltati. Finora, nessuna risposta.
Se abbiamo avuto qualche informazione lo dobbiamo solo a Libera Catania e in modo informale alla gentilezza dell’assessore Saro D’Agata. Evidentemente il sindaco Bianco vede la democrazia partecipata e la trasparenza a senso unico. E discute solo con quella parte della società civile che, secondo lui, è più compiacente.
Documenti
LE ASSOCIAZIONI CATANESI AL SINDACO
All’attenzione del sig. Sindaco di Catania Enzo Bianco
In data 29 novembre 2013 presso la sede GAPA di via Cordai si è tenuto un Seminario rivolto a tutte le Associazione e gli Enti operanti in ambito sociale sul tema “Procedure di affidamento dei beni confiscati alle mafie”.
Le associazioni presenti con questo documento chiedono al Sindaco Enzo Bianco di tener fede alla promessa data in campagna elettorale di regolamentare e rendere trasparente la procedura di assegnazione dei beni confiscati in via definitiva, e pubblicare i beni immobili sia già assegnati, sia non ancora assegnati, ma già nella disponibilità del Comune di Catania.
Chiediamo pertanto che il Comune si impegni ad applicare le leggi vigenti in materia e si chiede altresì di definire i criteri di assegnazione del bene attraverso Bandi pubblici che permettano a tutti gli Enti, cooperative, associazioni, di concorrere al processo di assegnazione del bene, secondo criteri di chiarezza e trasparenza, coerentemente con il principio di “restituzione del bene alla comunità”. Riteniamo che l’assegnazione debba seguire un processo di valutazione con criteri stabiliti in fase preventiva, al fine di non facilitare, o dissuadere alcun Ente.
Pertanto chiediamo l’applicazione del regolamento già presentato al Comune di Catania dal coordinamento provinciale di Libera Catania.
Questo è il primo passo di un percorso che, come promesso dallo stesso Bianco, contrasti il fenomeno dell’illegalità come processo culturale.
GAPA (Giovani Assolutamente Per Agire, Centro di aggregazione popolare), Associazione culturale I Siciliani giovani, Fondazione Fava, I Cordai, giornale di S. Cristoforo, Openmind GLBT, Centro Koros, Neon teatro, Generazione zero, La città felice, Arci Catania, Manitese Sicilia, Associazione Penelope, Fondazione La città invisibile, UDI Catania.