Le inchieste di “Corto Circuito” e i roghi di cui “non si deve parlare”
Cortocircuito è nato nel giugno 2009 come giornale studentesco indipendente di alcune scuole superiori di Reggio Emilia. Con il passare degli anni, le attività di Cortocircuito (www.cortocircuito.re.it) sono man mano mutate e si sono sempre più incentrate nella realizzazione di cortometraggi, video-inchieste e iniziative antimafia.
Fin da subito abbiamo avvertito forte l’esigenza di approfondire temi che ci sembravano troppo spesso ignorati, taciuti e sottovalutati. Anche verso il numero di roghi in provincia di Reggio Emilia, che con il passare delle settimane cresceva, ci sembrava che non ci fosse sufficiente attenzione. Quelli analizzati nella video-inchiesta sono roghi di origine dolosa molto probabile, ovvero appiccati dalla mano di qualcuno.
Diversi di questi roghi riguardano persone note alle forze dell’ordine o persone di famiglie con legami conclamati con la criminalità organizzata. Ovviamente non tutti i quaranta roghi di cui si parla in modo sintetico nella nostra video-inchiesta sono collegati alle mafie. Non sta a noi dirlo: non vogliamo sostituirci alla magistratura e alle forze dell’ordine. Certamente, dalle voci di esperti che abbiamo raccolto, emerge che anche i roghi che non sono opera certa di affiliati della ‘ndrangheta sono comunque molto gravi, perché imitano un metodo, quello dell’incendio doloso, tipicamente mafioso.
Nel portare avanti questa piccola indagine abbiamo cercato di guardare solo ai fatti, per questo nella breve video-inchiesta non è presente alcuna riflessione personale: solo nomi, cognomi, dati, numeri e fatti, oltre a qualche sentenza di tribunale collegata che abbiamo pensato di allegare.
Fin dall’inizio abbiamo intuito che si trattava di un tema sgradito: alcune persone, in più di un’occasione, ci hanno intimato -in modo più o meno violento- di non effettuare le riprese nei luoghi dei roghi. Eppure quelle persone sono le vittime dei roghi, quindi avrebbero tutto l’interesse a denunciare quello che gli è successo. Invece, in molti casi, preferiscono la strada del silenzio.
Vorremmo però fare una precisazione importante: la presenza delle mafie a Reggio Emilia non è rappresentata solo dai roghi dolosi: le mafie nel nord Italia operano per lo più nel silenzio, agendo sotto traccia, infiltrandosi nell’economia. Spesso il rogo è l’ultima spiaggia, utilizzato solo quando non si riesce ad ottenere.
Con le nostre iniziative vorremmo anche sfatare un diffuso luogo comune: secondo noi le mafie a Reggio non si combattono pedinando coloro che hanno un cognome calabrese perché, se la matrice spesso è quella, il punto di arrivo va ben oltre. Lo dimostrano le interdittive antimafia che ultimamente sono state indirizzate anche ad aziende reggiane, aziende apparentemente insospettabili.
Il primo passo per combattere la criminalità organizzata è l’informazione. A nostro avviso, se non si conosce un fenomeno è impossibile contrastarlo. Nel nostro piccolo, stiamo cercando di dare un piccolo contributo in questa direzione.