L’antimafia è una politica, forse la sola
Uno è la “precarietà”, vale a dire l’abolizione dei naturali conflitti di classe – sul piano economico – e l’affidamento delle decisioni ultime ai padroni. Non sembra che abbia funzionato. Rinnegare Keynes ha portato semplicemente alla crisi generale.
Ancora di più, “precariato” ha significato – sul piano antropologico – l’interruzione violenta del normale processo di crescita dei giovani, il relegamento in un’indefinita interminabile adolescenza, la cristallizzazione dei poteri nei maschi adulti. Il ritorno, apertamente teorizzato, a prima degli anni Settanta.
Non ha funzionato neanche questo, perché anche questo era profondamente innaturale. E ora ci troviamo tutti ad affrontare il fallimento di queste due avventure, di queste due brusche interruzioni del processo umano. E intanto il mondo è andato avanti – Cina, India, Brasile… Noi lo guardiamo da lontano, non più con l’ottimismo benevolo dei nostri primi anni ma coi timori stizziti di un paese invecchiato male.
Ma noi che siamo giovani, dove dobbiamo andare? Dobbiamo continuare a “far politica” come sempre, ma a modo nostro. Lasciamo che i media si accapiglino su Grillo o non Grillo, politica o antipolitica, a modo loro. Per noi, i “grillini” sono una cosa buona (ma anche i giovani Idv di qualche anno fa, anche quelli di Vendola, o i giovani PD della Campania o della Calabria) non per il loro leader, che francamente non ci affascina (noi abbiamo visto Berlinguer e Pertini), ma proprio per quello che cercano, proprio per ciò che sono.
E’ bello che degli esseri umani, in tempi di medioevo politico, si appassionino a queste cose, che sono – alla loro maniera – l’antico “bene comune”. E’ la politica che rinasce, dopo vent’anni. La bella addormentata, risvegliandosi, non dà baci in fronte, ma strilla e inveisce: e che volete?
Noi, però, ne sappiamo di più. Sappiamo che l’elezione importante non è stata a Parma, dove un elettorato grasso e borghese, dopo tante cazzate andate a male, ha finalmente avuto un po’ di buon senso e ha votato civile; ma a Barcellona Pozzo di Gotto, dove una città disperata, occupata dalla mafia per sessant’anni, profondamente intrisa (e vorrei vedere) di cultura mafiosa, alla fine s’è ribellata e ha votato una sindaca che, con tutti i suoi limiti, è almeno una persona umana e antimafiosa. Lo stesso, in varia misura, è avvenuto a Palagonia, Caltagirone, Paternò, Misterbianco. E naturalmente a Palermo.
Certo, sui grandi media non leggerete questo: è molto più mediatica Parma. Ma noi – Falcone, Pertini – abbiamo altri maestri e guardiamo più lontano.
Sappiamo che qui, e ora, c’è un terreno preciso su cui si può tenere insieme il paese, effettuare la transizione su un terreno solido, ed è l’antimafia. Antimafia non vuol dire fare una celebrazione ogni anno. Antimafia vuol dire spazzare via il potere mafioso e tutti i suoi interlocutori imprendoriali e politici, e non solo al Sud. Avere uno Stato sociale efficiente, una scuola pubblica che funzioni, una produzione industriale che non sfugga più, come ora, nei poco chiari rivoli della finanza “moderna”. Riportare la soluzione dei conflitti sociali sul terreno naturale del contratto e non della dittatura. Dividere i sacrifici, spremere dalla borghesia mafiosa l’illecito accumulato. Confiscare i patrimoni illeciti – da mafia e da corruzione – e darli in gestione a giovani lavoratori.
E’ una precisa politica, non un insieme di buone intenzioni. Non chiede una terza repubblica, o una seconda o una quarta, ma semplicemente la nostra vecchia Repubblica del ’46, quella che ci ha fatto Nazione.
Su questa strada, alla fine, crediamo di ritrovarci coi giovani che, oggi come nella Palermo di Falcone, sono il vero presidio democratico, l’antimafia reale. Agli altri non abbiamo molto da dire, né in bene né in male, perché tutto sommato, per potenti che siano, di concreto e di utile possono fare ben poco.
Fra un mese chiuderà Telejato, voce dell’antimafia in uno dei settori più esposti. Chiuderà nel silenzio di tutti, fra una grande commemorazione antimafia e l’altra, ad opera di una legge voluta da Berlusconi e confermata da Monti.
Questo spiega più di mille discorsi cosa succede. Il vecchio regime non ce la fa più, coi gerarchi travolti da scandali vergognosi. Il nuovo vorrebbe cambiare, ma nei limiti dei gattopardi. Nulla cambierà davvero se non dal basso, ed è la lotta antimafia, non quella di improbabili santoni, il luogo su cui il “dal basso” può contare senza strumentalizzazioni, senza mezze misure e per davvero.