domenica, Novembre 24, 2024
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L’antimafia è una politica, forse la sola

Uno è la “precarietà”, vale a dire l’abo­lizione dei naturali conflitti di classe – sul piano economico – e l’affidamento delle decisioni ultime ai padroni. Non sembra che abbia funzionato. Rinnegare Keynes ha portato semplicemente alla crisi generale.

Ancora di più, “precariato” ha signifi­cato – sul pia­no antropologico – l’interru­zione violenta del normale pro­cesso di crescita dei gio­vani, il relega­mento in un’indefinita in­terminabile adolescenza, la cristallizzaz­ione dei poteri nei maschi adulti. Il ritorno, apertamente teorizzato, a prima degli anni Settanta.

Non ha funzionato neanche questo, perché anche questo era profondamente innaturale. E ora ci troviamo tutti ad af­frontare il fallimento di queste due av­venture, di queste due brusche interruzio­ni del processo umano. E intanto il mon­do è andato avanti – Cina, India, Brasile… Noi lo guardiamo da lontano, non più con l’ottimismo benevolo dei no­stri primi anni ma coi timori stiz­ziti di un paese invecchiato male.

Ma noi che siamo giovani, dove dob­biamo andare? Dobbiamo continuare a “far po­litica” come sempre, ma a modo no­stro. La­sciamo che i media si accapi­glino su Grillo o non Grillo, politi­ca o antipoli­tica, a modo loro. Per noi, i “gril­lini” sono una cosa buona (ma anche i gio­vani Idv di qualche anno fa, anche quelli di Ven­dola, o i giovani PD della Campa­nia o della Calabria) non per il loro lea­der, che francamente non ci affa­scina (noi ab­biamo visto Berlinguer e Pertini), ma pro­prio per quello che cerca­no, pro­prio per ciò che sono.

E’ bello che degli esseri umani, in tem­pi di medioevo politico, si appassionino a queste cose, che sono – alla loro ma­niera – l’antico “bene comune”. E’ la po­litica che rinasce, dopo vent’anni. La bel­la addormentata, risvegliandosi, non dà baci in fronte, ma strilla e inveisce: e che volete?

Noi, però, ne sappiamo di più. Sappia­mo che l’elezione importante non è stata a Parma, dove un elettorato grasso e bor­ghese, dopo tante cazzate andate a male, ha finalmente avuto un po’ di buon senso e ha votato civile; ma a Barcellona Pozzo di Gotto, dove una città disperata, occu­pata dalla mafia per ses­sant’anni, profon­damente intrisa (e vorrei vedere) di cul­tura mafiosa, alla fine s’è ribellata e ha votato una sindaca che, con tutti i suoi li­miti, è almeno una persona umana e anti­mafiosa. Lo stesso, in varia misura, è av­venuto a Palago­nia, Caltagi­rone, Pater­nò, Mi­sterbianco. E natural­mente a Pa­lermo.

Certo, sui grandi media non leggerete questo: è molto più mediatica Parma. Ma noi – Falcone, Pertini – abbiamo altri maestri e guardiamo più lontano.

Sappiamo che qui, e ora, c’è un terreno preciso su cui si può tenere insieme il paese, effettuare la transizione su un ter­reno solido, ed è l’antimafia. Antimafia non vuol dire fare una celebrazione ogni anno. Antimafia vuol dire spazzare via il potere mafioso e tutti i suoi interlocutori imprendoriali e politici, e non solo al Sud. Avere uno Stato sociale efficiente, una scuola pubblica che funzioni, una produzione industriale che non sfugga più, come ora, nei poco chiari rivoli della finanza “moderna”. Riportare la soluzione dei conflitti sociali sul terreno naturale del contratto e non della dittatura. Dividere i sacrifici, spremere dalla borghesia mafiosa l’illecito accumulato. Confiscare i patrimoni illeciti – da mafia e da corruzione – e darli in gestione a giovani lavoratori.

E’ una precisa politica, non un insieme di buone intenzioni. Non chiede una ter­za repubblica, o una seconda o una quar­ta, ma semplicemente la nostra vecchia Repubblica del ’46, quella che ci ha fatto Nazione.

Su questa strada, alla fine, crediamo di ritrovarci coi giovani che, oggi come nel­la Palermo di Falcone, sono il vero presi­dio democratico, l’antimafia reale. Agli altri non abbiamo molto da dire, né in bene né in male, perché tutto sommato, per potenti che siano, di concreto e di uti­le possono fare ben poco.

Fra un mese chiuderà Telejato, voce dell’antimafia in uno dei settori più espo­sti. Chiuderà nel silenzio di tutti, fra una grande commemorazione antimafia e l’altra, ad opera di una legge voluta da Berlusconi e confermata da Monti.

Questo spiega più di mille discorsi cosa succede. Il vecchio regime non ce la fa più, coi gerarchi travolti da scandali vergognosi. Il nuovo vorrebbe cambiare, ma nei limiti dei gattopardi. Nulla cam­bierà davvero se non dal basso, ed è la lotta antimafia, non quella di im­probabili santoni, il luogo su cui il “dal basso” può contare senza strumentalizza­zioni, senza mezze misure e per davve­ro.

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