L’antimafia è una politica, forse la sola
Sta crollando un regime. E dopo? Gattopardi o rinnovamento?
Dopo vent’anni è crollata fragorosamente la destra. In Italia essa aveva aspetti particolarmente odiosi, esaltando il razzismo e la prostituzione. Inoltre – ciò che ci riguarda più diretttamente – aveva comunanze d’interessi, almeno occasionali, con l’area del potere mafioso.
Per la mafia dunque comincia, annunciata da tempo, un’emergenza. Come reagirà (o ha già reagito)? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che nel suo imprinting c’è, fin dalle prime stragi, un disprezzo totale per la vita umana. Spesso queste stragi (Portella, via Carini) sono rimaste in tutto o in parte impunite per ragion di Stato. La mafia può dunque credere di poter contare, in qualsiasi momento su una possibile speranza d’impunità. Questo va messo nel conto, e acuisce i rischi.
Brindisi, col suo orrore, rientra in questo? Potrebbe. L’elettronica usata è sofisticata; i messaggi di Cosa Nostra, come il gesto dimostrativo di Provenzano (spettacolarizzato dai media), sono inquietanti. Le indagini, da poco seriamente coordinate, daranno forse elementi. L’inizio era stato pessimo: notizie date e smentite, ipotesi contrastanti, persino il classico “mostro in prima pagina” su cui si sono avidamente gettati i giornalisti.
Aspettiamo con pazienza. Ma con le armi al piede e con le idee chiare. Per noi Falcone non è una cerimonia ma una militanza; non ci commuovono le celebrazioni. Commemorate Falcone, e intanto annullate il cuore stesso del suo lavoro giuridico, il concorso esterno e l’associazione mafiosa! Noi preferiamo seguire un’altra strada.
Adesso la politica è diventata davvero complicata. C’è la politica, c’è l’antipolitica, ci sono gli industriali che scalpitano, c’è un governo forte; c’è una sinistra fortissima, divisa fra un partito principale e tre minori, che sicuramente andrà al governo – lo voglia o no – l’anno venturo, e che farebbe carte false per non andarci.
Il principale partito difende la democrazia ma non gli operai (che pure sono la base della democrazia). I partiti minori dichiarano, prima di tutto, di non essere dei partiti veri e propri, dei banali partiti, ma un’altra cosa; l’ultimo lo grida più di tutti, e poiché è il turno suo viene preso in parola.
Composti da persone perbene (forse le migliori del paese), questi partiti ereditano tuttavia dal ventennio il Culto del Carisma, e appartengono a una persona.
Questo li rende deboli, ma non impedisce la presenza, al loro interno, di idee giuste e a volte anche sofisticate. Si alleeranno fra loro, e con Bersani (proclamando a gran voce che non lo faranno mai) perché l’alternativa sarebbe puramente e semplicemente l’ancient régime.
Gli toccherà governare questo Paese, con mezzi inadeguati e senza esserne all’altezza; ma toccherà a loro, e forse – poiché sono buona gente – impareranno lungo la strada, se riusciranno a garbatamente sbarazzarsi dei rispettivi ingombranti padri-padroni.
Di Pietro, Vendola, Grillo. De Magistris, Pisapia, Orlando. Due serie di nomi simili, ma in realtà profondamente allternativi e differenti. Prevarrà l’una o l’altra? La battaglia mediatica o la ricostruzione delle città? Da questo dipenderà moltissimo: non solo il destino di alcuni piccoli partiti, ma l’humus per una nuova classe dirigente, giovane non solo d’anagrafe, definitivamente svincolata dal ventennio e proiettata altrove.
Il ventennio è stato per la società, nel variare dei governi, essenzialmente un unico regime. Il regno degli imprenditori e della tv. Berlusconi non è stato Prodi – ci mancherebbe – né Vespa è uguale a Santoro. Ma alcuni valori di fondo, introiettati da tutti, non sono più stati messi in discussione.