L’anima di Forcella si chiama Annalisa
La uccisero per sbaglio in una delle tante sparatorie di camorra. Quindici anni, occhi verdi e un gran sorriso: morta per gli odi e i soldi dei camorristi, lei che era l’immagine della vita. Ma tanti anni dopo, in quartiere non l’ha ancora dimenticata
Forcella è un pezzo di periferia nel centro storico di Napoli. Un quartiere fatto di vicoli stretti su cui si affacciano palazzi diroccati che fanno compagnia a pezzi di storia millenari, come il parco archeologico abbandonato di Carminiello ai Mannesi. Si trova a pochi passi da mete di turismo che ogni anno accolgono milioni di persone. La lunga linea di Spaccanapoli e via dei Tribunali alle sue spalle, la stazione Garibaldi e la storica università Federico II poco davanti. Trovandosi al centro della città, è anche a quattro passi dal mare. Che però non bagna i ragazzi di questo quartiere. Perché a Forcella – come in altri quartieri della città – c’è un deserto: mancano lavoro e istruzione. Tra le sue tante storie, Forcella ne porta con sé una di morte e rinascita, una ferita che oggi qualcuno sta provando, pian piano, a rammendare. Qui Annalisa Durante ha vissuto la sua vita, e qui l’ha persa per mano della camorra, diciassette anni fa.
Passeggiando per le strade di Forcella agli inizi del duemila potevi trovare Annalisa a giocare in strada, con i suoi amici. Annalisa era una scugnizza, una figlia di Napoli. Conosciuta da tutti, a Forcella: occhi verdi, capelli dorati e un grande sorriso. Era soprannominata ‘a bellissima. Frequentava la parrocchia, ed era anche molto brava a scuola. Una ragazza solare.
Un giorno la sua vita si scontrò con quella dei “disonesti” (così li definiva Annalisa nel suo diario, pensieri teneri e intelligenti di una ragazzina d’un quartiere duro). Sabato 27 marzo del 2004 c’era un silenzio religioso per le vie di Napoli, la nostra squadra giocava col Cagliari; di solito, in questi casi, da inizio a fine partita il silenzio è interrotto solo dalle grida “goool!”.
Quella sera, però, a rompere il silenzio furono pochi spari, rapidi. Erano gli anni della guerra di camorra tra il clan dei Giuliano e quello dei Mazzarella. Il bersaglio era Salvatore Giuliano, detto ‘O russo. I killer dei Mazzarella lo trovarono ‘o russo tra le stradine del quartiere, proprio dove Annalisa era ferma a parlare con gli amici. Chissà di che primo amore, di che compito a scuola, di che futuro si chiacchierava. In quei pochi secondi, vittima degli spari fu Annalisa. La madre si affaccia alla finestra e la vede a terra, il sangue fra i capelli. Annalisa svanì così.
Tre giorni dopo, il 30 marzo, Forcella diede l’ultimo saluto ad Annalisa. Tra i vicoletti campeggiava adesso uno striscione: “Annalisa, l’angelo più bello del Paradiso.” E nel dolore della chiesa si fecero largo le parole di Francesco, il suo fidanzato: «Una cosa è certa, dolce Annalisa. Anche se quella è stata l’ultima volta che i nostri sguardi si sono incrociati, nella mia mente e nel mio cuore resterai per sempre. Splendida e piena di voglia di vivere. Non ti dimenticherò mai, mia dolce Annalisa».
«Annalisa non si trovava “al momento sbagliato nel posto sbagliato”. Annalisa si trovava nel posto giusto nel momento giusto. Erano i camorristi ad essere sbagliati». Lo dice Pino Perna, presidente dell’associazione Annalisa Durante, che dal 2005 porta avanti il ricordo di Annalisa assieme al padre, Giannino.
«Quando morì Annalisa ci fu un clamore tale che tutti si sentirono spinti ad occuparsi del tema e a dare una mano, per dare una giustizia non solo giudiziaria ma anche sociale in risposta al dolore del padre di Annalisa – racconta Pino – Il dolore di Giannino è stato il motore dell’associazione e di tante cose che ci sono state nel quartiere. Se lui non si fosse spinto così tanto nel cercare a tutti i costi di non gettare la spugna, di non arrendersi, di non scappare, e valorizzare invece il ricordo della figlia, le istituzioni non sarebbero state stimolate al punto da aprire una scuola intitolata ad Annalisa nel quartiere e ad aprire gli spazi recuperati dall’abbandono».
«All’inizio eravamo completamente soli – continua Pino – ma col tempo sono quelli che sono venuti a Forcella ad aiutare il progetto di educazione alla legalità, che qui stiamo portando avanti ancora».
«Il rapporto con Giannino è quotidiano. Non c’è sera che non ci mandi un messaggio che ricorda Annalisa. I suoi organi, allora, sono stati donati. È stato un enorme gesto quello della famiglia, che da anni lancia un appello a chi li ha ricevuti: vorrebbero riabbracciare chi vive grazie ad Annalisa, ad abbracciare lei».
Nelle stesse strade dove viveva Annalisa viveva, oggi nascono progetti per togliere i ragazzi dal “Sistema” e aprirli invece alla cultura e alla bellezza. Quello che è accaduto ad Annalisa non deve accadere mai più. Qui cittadini liberi, non camorristi.
«Nel 2015 a Forcella è nata la “Biblioteca Annalisa Durante”. Una biblioteca speciale, a porte aperte con più di 7mila libri – racconta Nunzia Pastorini, la bibliotecaria – Tra le tantissime attività del nostro spazio, uno a cui teniamo tanto è il progetto Baby Reading, nato con l’associazione Nati per Leggere e i Pediatri Campani. Proviamo a portare la lettura ai bambini molto piccoli. Abbiamo formato dei lettori per i bambini e aperto tanti punti di lettura nelle scuole».
«Ho conosciuto per caso questo spazio comunale, un’opportunità per il quartiere di Forcella. Così ho deciso di dare una mano – dice Salvatore Avallone, membro dell’associazione – In quattro anni siamo cresciuti tanto e non ci siamo fermati nemmeno davanti alla pandemia».
Al fenomeno sociale e mediatico delle cosiddette baby gang, l’Associazione Annalisa contrappone il “Baby Reading”, ma anche la “Baby Song”: un modo per far uscire con lettura e musica i talenti nascosti dei bambini e prepararli a un futuro diverso. Progetti che si spingono oltre Forcella e oltre Napoli, arrivando fino a Cecina, Livorno, dove una sezione di Libera ha accolto l’associazione in memoria di Annalisa. Mentre aumentano sempre più iniziative e i progetti.
«Forse – guardando questi bambini viene in mente – Annalisa non se n’è andata mai via da qui. Magari sta ancora giocando in piazzetta, o è a leggere un libro in biblioteca, oppure a casa, a scrivere il suo diario. In una Forcella libera, senza camorra».