Ladri di giornali e giornali ladri
Gli editori tuonano contro Telegram, la app di comunicazione alternativa a Whatsapp. Lì ogni mattina arrivano le copie in pdf dei più importanti quotidiani italiani e persino di qualche giornale locale. Ci sono pure i periodici, le riviste. Trovarli è facilissimo, basta digitare la parola “giornale” nella barra di ricerca e qualcosa esce: canali, gruppi, bot e il gioco è fatto. Lamentano gli editori che questa pirateria, specie in quarantena, sta danneggiando enormemente giornali e giornalisti, causando ammanchi per milioni e milioni di euro.
Una tragedia finanziaria per i conti dei colossi dell’editoria ma anche per le aziende e i lavoratori della distribuzione. Una storia che però sembra già tracciata da tempo e alla quale Telegram non fa altro che dare una spinta. Il crollo delle vendite dei giornali è verticale da anni, con davvero pochissime eccezioni. Tanto che molti editori con la scusa del virus si sono subito affrettati a chiedere vagonate di soldi al Governo. Li hanno chiesti pure per La Sicilia, che nel frattempo è tornata a Ciancio, secondo la magistratura “amico di Cosa Nostra”.
Questo non giustifica i ladri di giornali ma di certo deve costringere gli editori a guardare la luna, non il dito. E probabilmente anche la trave nel proprio occhio e non la pagliuzza in quello del lettore (ladro).
Sono almeno ventimila in Italia i giornalisti che lavorano senza alcuna disciplina e tutela, sono almeno cinquemila i precari dell’informazione che lavorano per la media di otto euro a pezzo, ci sono servizi giornalistici che sono pagati anche due euro. Per non parlare degli infiniti stage di lavoro gratuito. Giornali ladri di lavoro e dignità.