L’addio di Istanbul alla voce della libertà
Le canzoni vietate di Helin Bolëk
Distesa nella sua umile bara cosparsa di fiori e avvolta da una bandiera rossa, Scortata e portata in corteo da una folla di migliaia di attivisti nelle vie di Istanbul, Helin Bolëk è stata sepolta il tre aprile dopo 228 giorni di sciopero della fame.
Durante i funerali nemmeno l’immagine di una madre che, stremata dal dolore, accarezza il viso della figlia prima di dirle addio, riesce a toccare gli animi dei gendarmi turchi. Una densa nube grigia si diffonde sul corteo, e non è nebbia ma una serie di gas lacrimogeni lanciati sui manifestanti, 8 dei quali verranno addirittura fermati ed imprigionati.
Ma perché? Perché Helin era un nemico dello Stato, perché Helin cantava le proteste popolari, perché Helin non aveva paura della censura presente nel regime di Erdogan. La giovane faceva parte del gruppo musicale di protesta Grup Yorum, un gruppo che dal lontano 1985 si occupa di scrivere musica che racconta di lotta politica, di violazione dei diritti e delle violenze del governo turco, dando voce alle vittime di soprusi e ingiustizie.
Dal 2016, per il troppo “rumore”, i concerti del gruppo sono stati vietati, gli album sequestrati, e nel 2018 alcuni dei membri incarcerati con l’accusa di essere affiliati a un gruppo terroristico, Dhkp-C. A questo punto Helin, con Ibrahim Gokcek, un altro membro di Gruo Yorum, ha reagito con una protesta non violenta: lo sciopero della fame.
Ma nessuna risposta è arrivata dal governo. Helin è stata lasciata morire, abbandonata da uno Stato che alla libertà e al dialogo preferisce un assordante silenzio. La lotta della giovane attivista è finita così, ma con lei non è morta la voglia di rivoluzione e di cambiamento in Turchia. E’ qualcosa che finché ci sarà fiato, non si fermerà. Per Helin e per tutti coloro che hanno dato la vita per far sentire la propria voce e quella di chi non ne ha.