La testa del vicesindaco
Le cose ridicole e le cose serie
Sembra una barzelletta. Il candidato Sindaco del Movimento 5 Stelle, Giovanni Grasso, ora consigliere comunale di Catania, telefona all’assessore al bilancio del Comune, nonché vicesindaco, nonché suo compagno di università, Roberto Bonaccorsi. Durante la telefonata esplicita quello che già sanno tutti: gli scontri, le invidie, le maldicenze in seno al gruppo del Movimento 5 Stelle al Consiglio Comunale. Non si trattiene Grasso, e urla al suo amico e assessore insulti ai suoi colleghi e compagni di partito, commentando, non si capisce bene se per dissuadere o aizzare, l’annuncio di Bonaccorsi di querelare l’attuale capogruppo grillina, Lidia Adorno. Ma ecco il colpo di scena: Grasso, pare sbadatamente, con l’orecchio sul touch-screen, attiva la registrazione audio nella chat di Telegram del Movimento e tutti apprendono in tempo reale il contenuto di quella telefonata privata, un po’ irresponsabile, un po’ assurda, un po’ ruffiana, certamente inopportuna.
L’audio viene pubblicato integralmente sulla pagina facebook del giornalista Paolo Borrometi.
Arriva la prima baraonda politica. Grasso si dimette dal gruppo 5 stelle ma non dal consiglio comunale, il Movimento 5 Stelle in pompa magna chiede le dimissioni dell’assessore Bonaccorsi, Enzo Bianco e i suoi fedelissimi colgono la palla al balzo per pretendere anche loro le dimissioni di Bonaccorsi, il Senatore Giarrusso minaccia l’amministrazione comunale di bloccare a livello nazionale qualsiasi intervento a favore di Catania in dissesto se non verrà cacciato Bonaccorsi.
Arriva la seconda baraonda. Giarrusso viene accusato di ricattare l’intera città, prendono posizione i sindacati, le cooperative, i partiti per denunciare le parole irresponsabili del Senatore Giarrusso. Interviene il Sindaco e la Giunta. Alla fine pure il Movimento 5 Stelle ritratta: “faranno il possibile per aiutare Catania”.
Fine della barzelletta, se fosse una barzelletta. Passiamo alle cose serie.
Il dissesto finanziario di Catania è il più grande mai dichiarato in Italia. La città vive due crisi finanziarie parallele: l’incapacità di ripagare i debiti e la mancanza assoluta di liquidità per far fronte ai pagamenti essenziali. Chi credeva che il dissesto avrebbe avuto un effetto salvifico e avrebbe finalmente contribuito a sanare i conti pubblici si è dovuto confrontare con la realtà. Se da un lato i migliaia di creditori del Comune attendono che i commissari dell’Organismo Straordinario di Liqudazione sblocchino i fondi per rimborsare almeno in parte le somme dovute, dall’altro lato i mutui contratti con le banche e i conseguenti interessi non passano dalla procedura di dissesto e il Comune è costretto a pagare, tutto, subito. Altrimenti verrebbero congelati i conti e si procederebbe al prelievo forzoso. Nessuno scampo. A metà giugno i primi prelievi: qualche decina di milioni di euro. Il 30 luglio scatta invece l’ora X. Circa sessantacinque milioni di euro devono essere versati a Unicredit, Cassa Depositi e Prestiti e ad altri Istituti bancari: tra anticipazione di cassa da restituire, rate dei mutui e interessi milionari. Per Catania sarebbe la bancarotta: uno scenario mai sperimentato, fuori dalle previsioni di legge. Le conseguenze sarebbero drammatiche. Il Comune dovrebbe sospendere i contratti di servizio con le società partecipate Multiservizi e AMT. Più di mille lavoratori fermi da un giorno all’altro. Poi si bloccherebbero i pagamenti alle società che si occupano della raccolta dei rifiuti, Dusty e Energeticambiente. Altri ottocento lavoratori senza stipendio. Poi verrebbero bloccati i pagamenti alle cooperative e persino gli stipendi per il personale comunale. Fine del trasporto pubblico, fine della manutenzione di scuole, strade, uffici comunali, fine della raccolta dei rifiuti. Chiusi i parchi, chiuso il cimitero, chiusi gli asili nido.
Per evitare tutto questo servirebbe un immediato intervento governativo. Serve certamente della liquidità per Catania ma potrebbe bastare anche la sospensione del pagamento dei mutui. Il Governo Conte di Lega e 5 Stelle, dovrebbe approvare un decreto per Catania nei prossimi giorni, sconquassando gli equilibri politici che in queste ore sono sempre più precari. Catania si trova nel mezzo: il Governo non ha avuto negli scorsi mesi alcuna intenzione di intervenire. Dalla Lega fanno sapere che è troppo pesante difendere delle misure che salvano una città del sud super indebitata. Dal 5 Stelle nicchiano sulla possibilità di aiutare una città governata da quella vecchia politica che ha portato al dissesto.
Ed ecco che quella barzelletta su Grasso e Bonaccorsi al telefono diventa fatto politico, nazionale, serissimo. Il Senatore Giarrusso può essere considerato rozzo e sopra le righe ma di certo non è fesso. Sa benissimo che il dramma sociale che vive e vivrà la Catania è un terreno scivoloso per la deputazione 5 stelle che in certe zone della città ha ricevuto consensi da più del 70% degli elettori. Sa benissimo che il decreto salva Catania è complicato da far approvare e sa pure che l’ennesimo eventuale braccio di ferro con la Lega non può vedere protagonista un Comune amministrato così male negli scorsi decenni. Così, impertinentemente, il Senatore mette le mani avanti. “Se non riceverete i soldi, sarà colpa di Bonaccorsi, dei suoi insulti alla nostra consigliera. Sarà colpa di chi sette anni fa ha sprecato migliaia di euro per dei cessi pubblici”. Non è difficile immaginare che ci sarà chi ci crederà, chi deresponsabilizzerà il Governo, chi proteggerà Di Maio e Salvini mentre la città annega nella crisi sociale. Tutta colpa di Bonaccorsi, che qualora Salvo Pogliese fosse condannato per le spese pazze al Parlamento siciliano, si troverebbe a rivestire il ruolo di Sindaco in virtù della legge Severino.
E qui sta l’altro fatto politico. Quando è venuta fuori la barzelletta della telefonata a molti non sembrava vero: finalmente un modo per sferrare l’attacco finale al vice-sindaco che pare non abbia le simpatie né dei precedenti amministratori (di cui ha dimostrato le responsabilità nel dissesto) che oggi fingono di fare opposizione in Consiglio Comunale né degli alti vertici degli uffici comunali (di cui conosce peccati antichi e sprechi). Bonaccorsi è odiato da assessore, figuriamoci da Sindaco.
Pure la Giunta Pogliese però non è compatta. Quello sceriffo di Nottingham che chiede soldi per le banche e sacrifici per i servizi sociali, che blocca le assunzioni e non dà un soldo per gli eventi, che non si cura del consenso elettorale per farsi bello con la Corte dei Conti, è il prototipo di una politica che ha massacrato la cittadinanza per inseguire il rigore finanziario. Alla destra che governa la città questo potrebbe pure non importare ma siccome si permette Bonaccorsi di bloccare pure le clientele, bhè questo fa incazzare. E la sua testa a questo punto la vogliono tutti, con la scusa di un ditino nel telefono.