La strage di Pozzallo e Mare Nostrum: parla Nello Lo Monaco
Gli uomini in tuta bianca e con le mascherine sono vigili del fuoco. Armati di motosega, ricavano un varco nel ponte del peschereccio appena attraccato al molo. Dalla botola risalgono ad uno ad uno i cadaveri di 45 uomini, morti per asfissia durante una delle tante tratte che dal Nordafrica portano alle coste siciliane.
Siamo a Pozzallo, alla periferia meridionale della Sicilia, in quella località che per numero di sbarchi è seconda forse solo a Lampedusa e in cui, a ritmo costante, si consuma la tragedia delle morti in mare. “La sensazione che si prova all’inizio è lo sgomento, ma dopo due minuti si ritorna alla solita vita, come se nulla fosse”, dichiara Enzo De Benedittis, gestore della bottega solidale di Pozzallo, luogo di incontro per i giovani migranti e per gli abitanti del paese, e continua: “Noi in bottega ne parliamo molto tra di noi. Per quanto riguarda i nostri amici africani cala il silenzio.”
La strage di Pozzallo non è che la punta dell’iceberg dell’immane tragedia delle morti in mare che puntualmente si compie durante l’arco della stagione estiva, quando il mare è più calmo e la densità degli sbarchi aumenta. E proprio in seguito ad un’altra tragedia – stavolta quella del 3 ottobre del 2013, quando morirono a largo di Lampedusa quasi quattrocento uomini – è stata attivata l’operazione “Mare Nostrum” da parte della Marina Militare italiana, che prevede la sostituzione del piano di soccorso della Guardia Costiera, con un programma di salvataggio in mare da parte delle navi militari.
Per cercare di capire meglio come funziona il nuovo programma di salvataggio in mare e come operano, invece, i volontari sulla terraferma, abbiamo intervistato Nello Lo Monaco, Capo del Servizio Regionale di Protezione Civile di Ragusa.
A soccorrere il barcone con a bordo i cadaveri dei migranti è stata la “Grecale”, un’imbarcazione della Marina Militare: crede che uno dei motivi della strage possa essere stata una cattiva gestione dell’operazione di salvataggio?
Non ho alcun motivo per esprimermi in questo senso né positivamente né negativamente, a quanto so la tragedia si era già consumata quando i militari sono intervenuti.
Il 18 ottobre scorso è stata attivata l’operazione Mare Nostrum: cos’è cambiato realmente nella gestione del soccorso in mare dei migranti?
La nuova modalità di recupero dei migranti, che prima venivano intercettati e/o soccorsi in prossimità delle nostre coste mentre adesso vengono intercettati in mare, cambia il quadro delle operazioni e rende imperativa la predisposizione di un piano di emergenza per questo evento che è completamente differente dagli “spiaggiamenti” delle “carrette del mare”; mi risulta che la Prefettura abbia allo studio una revisione del Piano sbarchi del febbraio 2010, ma a mio avviso più che di revisione si dovrebbe trattare della redazione di un nuovo piano, nuovo in quanto si riferisce a un evento completamente differente; viceversa, sarebbe come fronteggiare un evento sismico con un piano di emergenza per il rischio idrogeologico. In ogni caso, la Prefettura non ha sinora ritenuto opportuno il coinvolgimento dei vari attori dell’emergenza, dimenticando che la protezione civile è un sistema, come più volte ribadito nella stessa legge.
Nelle ore successive alla strage, il sindaco di Pozzallo, Luigi Ammatuna, denunciava la mancanza perfino delle celle frigorifere per i cadaveri dei migranti: qual è la la situazione reale di Pozzallo e come riesce la Protezione Civile a lavorare, nonostante la mancanza di mezzi e di strutture?
Non è possibile prevedere in maniera strutturale celle frigorifere in numero idoneo a contenere una tale quantità di cadaveri; la Protezione Civile della Regione Siciliana, che integra e coordina il “sistema” di p.c. presente sul territorio, è al momento carente di mezzi ma soprattutto il coordinamento è affidato a chi ha autorità e ritiene di restare da solo nella “stanza dei bottoni”, anche in occasione dell’ultimo evento disastroso, è stato il Dipartimento Regionale a reperire, mediante il censimento in proprio possesso, la struttura della Ex Provincia e a renderla fruibile in tempi rapidi mediante l’allertamento dei propri funzionari; il nostro Dipartimento è composto da varie professionalità, uomini addestrati alla gestione di varie emergenze, sia in fase di pianificazione che di prevenzione, ma questo sembra non essere un requisito preferenziale.
La Protezione Civile di Ragusa lavora costantemente per gestire il soccorso dei migranti: venite sostenuti dalle istituzioni?
Il sostegno delle istituzioni manca del tutto per quanto attiene alla parte finanziaria, e spesso assistiamo sconcertati anche a richieste di materiali e mezzi, o prestazioni, con la pretesa che “la protezione civile” debba e possa provvedere a tutto, che si tratti di attrezzature o uomini disponibili a farsi carico di ogni cosa (anche il trasporto di rifiuti speciali), dimenticando che la nostra principale risorsa è data dai volontari, che dedicano il proprio tempo ed energia a colmare le inadempienze della macchina pubblica, ma che non possono comprensibilmente investire anche i propri soldi; in questo andrebbe tributato il massimo plauso e ringraziamento a queste persone che troppo spesso vengono invece bistrattate e considerate alla stregua della servitù in un palazzo nobiliare, un atteggiamento discutibile che mette in dubbio legittimamente la collaborazione del volontariato ad attività che andrebbero pianificate e organizzate in maniera strutturata: come mai si impiegano i militari (Marina) nelle operazioni di mare, e al momento dello sbarco, a terra, non ci sono altri militari (Esercito) a fornire bus, tende, medici? E come mai troppo spesso le navi militari non attraccano al porto, rendendo le operazioni di sbarco dai tempi incerti e quadruplicati a causa dei trasbordi?