La storia maestra di vita
Giorgio Perlasca, un Uomo prima che un eroe
In occasione delle commemorazioni per la giornata della Memoria ieri a Catania, presso l’Istituto San Giuseppe, si è tenuto l’incontro con gli studenti dal titolo: “La storia maestra di vita”, dedicata alla memoria di Giorgio Perlasca. La platea era colma di ragazzi e ragazze che hanno ascoltato in silenzio la testimonianza di un uomo che con il suo agire ha salvato la vita di 5218 persone che diversamente sarebbero finite nei campi di concentramento.
Il dirigente scolastico Suor M. Agnese è entrata immediatamente nel cuore dell’argomento: “Dobbiamo immaginare che qui con noi sono presenti tutti quei milioni di bambini, di giovani come voi che adulti non sono diventati mai, perché la loro vita è stata ingiustamente spezzata”.
Spezzata da una orribile guerra che ha lasciato un segno indelebile nella memoria di tutti noi. Ed è proprio la consapevolezza di queste atrocità che oggi deve portarci a non commettere più questi crimini.
“I nostri ragazzi sono i testimoni del domani”, come evidenzia il prof. Elio Tocco esortandoli : “Abbiate coraggio di essere voi stessi, dovete essere fieri di essere cittadini europei!”. Incalza portando l’esempio dei 150 ragazzini uccisi a Peshawar in Pakistan nel dicembre 2014. Colpevoli di cosa? Solo di andare a scuola: “Non dovevano studiare, non dovevano capire, non dovevano crescere, perché questo è il nemico maggiore di ogni fondamentalismo: il pensare”.
La lezione di Giorgio Perlasca consiste proprio in questo: nel non tirarsi fuori dagli eventi. Perlasca non va considerato un eroe in quanto questo porta a spostare l’attenzione su qualcosa che è altro, lontano da noi, mentre il suo esempio è reale. C’è un eroismo nella vita quotidiana che viene vissuto da tutti che è quello di restare fermi in ciò che si è, difendere i valori in cui si crede: la libertà democratica, l’uguaglianza di genere, la separazione tra religione e politica, tra Stato e credo, sono fondamenti della nostra civiltà che si studiano ogni giorno a scuola e creano il nostro abito culturale e che vanno difesi ad ogni costo.
Ma chi era Giorgio Perlasca? Un uomo che ha vissuto il suo tempo, con tutte le sue contraddizioni, appoggiando gli ideali fascisti. Nel 1938 quando vennero promulgate le leggi razziali Perlasca si discostò da tali scelte, in quanto molti dei suoi più cari amici erano ebrei, non aderendo alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.
Salvò la vita di migliaia di ebrei ungheresi rischiando la propria. Finita la guerra non raccontò a nessuno ciò che aveva vissuto e fatto. Solo negli anni Ottanta, a causa di un ictus in cui temette di perdere la vita, rivelò ai familiari gli accaduti attraverso un memoriale stilato subito dopo la guerra e consegnato alle autorità militari di cui aveva copia, ma che ripose subito dopo dentro il cassetto. A distanza di qualche anno, quando i tempi erano maturi, due donne ebree ungheresi riuscirono a mettersi sulle tracce di Perlasca rendendo pubblico il suo operato.
Il figlio Franco racconta, con voce a tratti commossa, l’esperienza del padre. Dalle sue parole emerge chiaramente come il rapporto tra padre e figlio spesso non sia facile, soprattutto quando ci sono di mezzo delle verità atroci e orrende da raccontare. Il superamento di queste è la dimostrazione che abbiamo visto oggi: un figlio che porta avanti la grande testimonianza di un Uomo che con la sua semplicità ed umiltà ha vissuto e praticato uno dei massimi valori dell’essere umano: sentirsi un tutt’uno con il mondo, con gli altri, essere una minuscola parte di esso.
E quando i giornalisti chiedevano a Giorgio Perlasca perchè avesse fatto tutto questo rischiando la vita, rispondeva con una controdomanda: “Ma lei cosa avrebbe fatto vedendo della gente uccisa senza un motivo, solo perchè appartenenti ad un diverso credo religioso?”. Perlasca riteneva di aver fatto solo il proprio dovere.