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La storia di Villa Fazio da masseria a rudere abbandonato

Uliveti, vigneti, aranceti e paesaggi mozzafiato… questo prima della speculazione

2 marzo 2014. Insieme ad un gruppo della società civile, decidiamo di fare un sopralluogo a Villa Fazio. L’appuntamen­to è intorno alle 11,00 a Piazza Alcalà. Una volta radunatici, partiamo per Libri­no. Dalla tangenziale avvistiamo attorno alle mura della masseria un ponteggio che prima non c’era. Arrivati, entriamo: alla nostra destra vediamo la centrale dell’Enel, con i suoi tralicci e i cavi dell’alta tensione, a sinistra spazzatura.

Le prime cose che si possono osservare sono il degrado e la distruzione dappertut­to: c’è ancora il pozzo, (ovviamente senz’acqua); all’interno restiamo senza parole: mancano le porte, le finestre, il pa­vimento è distrutto. Hanno rubato anche la scala in ferro che portava al piano supe­riore e la vite del frantoio. A terra, insieme alle macerie, siringhe ovunque.

Decidiamo di tornare fuori, a parte il ponte vediamo un ficus secolare, che cre­devamo a Catania di trovare solo alla Vil­la Bellini. Poi giria­mo lo sguardo e vedia­mo quello che è ri­masto dei campi di pal­lamano, basket, tennis, pallavolo… detriti, immondizia ed erba incolta.

Percorrendo le scale arrivia­mo agli spo­gliatoi. All’improvviso sentia­mo dei cani abbaiare: ci addentriamo e quello che ve­diamo ci sorprende. Quel posto è diverso dal resto della masseria: ordinato, pulito, una scopa, una paletta, bidoni con del li­quido dentro. Un abbaiare di cani si fa più forte; usciamo e scorgia­mo un po’ più sot­to due cani che ci fanno festa. Non sono cani da caccia, non sono cani da guardia, neanche cani da combat­timento. Cosa ci fanno lì in una masseria abbandonata? Qui qualcuno ci vive.

Chi ha le chiavi di Librino?

Un’immagine che mi è stata raccontata molto tempo fa mi ritorna in mente: anni ˈ70, un nonno robusto, con i capelli briz­zolati, le mani grandi, la coppola in testa, sta caricando il suo carretto con dei sacchi di olive, poi da una porta vicino esce la sua asina che si chiama Ciumachella. Non molto distante c’è una bambina con i ca­pelli ricci e gli occhi azzurri, che si avvi­cina al carretto e vi sale sopra. Insieme percorrono la strada che da Borgo Librino porta al frantoio dove le loro olive verran­no trasformate in olio.

Durante il tragitto la piccola si guarda intorno e vede e sente la bellezza e il pro­fumo della natura, poi alza gli occhi in cielo e un aereo sorvola la sua testa: le sembra di poterlo toccare con un dito. Gi­rando lo sguardo verso il basso, sempre a sud, dalla collina, su quel sentiero, vede il mare e il suo orizzonte lontano. Una volta a destinazione, Carmelo scarica il carretto e si dirige, insieme alla bambina, verso la struttura dove vi sono altre persone e altri bambini, con cui la sua nipotina può gio­care allegramente.

Questo c’era a Librino prima della speculazione edilizia: uliveti, vigneti, aranceti e paesaggi mozzafiato dove si sentiva e si vedeva lo splendore della natura. Questa era la masseria Villa Fazio.

Vent’anni dopo nello stesso posto c’è un altro anziano: alto, occhiali sul naso, pochi capelli, ben vestito, da Ministro del- l’interno che taglia un nastro inaugura­le.

La storia di Villa Fazio

Antica masseria rurale di metà ‘800, villa Fazio ha re­sistito all’urbanizzazione di Librino e fino al ’96 il suo unico fre­quentatore era un pastore che la usava come capanno, per pascolare le pecore tra i tralicci dell’adiacente centrale Enel. Poi sono iniziati i lavori di ristruttu­razione: a inaugurare Vil­la Fazio fu Gior­gio Napoli­tano, allora ministro dell’Inter­no.

La struttu­ra, comun­que, non era an­cora pronta e per le Uni­versiadi dell’anno successivo, il 1997, le opere non erano fi­nite. Fortunata­mente l’allora amministra­zione Bianco quater ascoltò le richieste del quartiere, in parti­colare della Coopera­tiva ‘Risveglio’ di viale Castagnola, di­stante poche centi­naia di metri. E in colla­borazione con Uisp e con la parrocchia Risurrezione del Signo­re, dal ˈ98 e fino al 2002 villa Fazio è sta­to l’unico, vero cen­tro di aggregazio­ne di Librino.

La pacchia, per le centinaia di ra­gazzi che ogni giorno, gratis, gioca­vano a cal­cio, basket, pallamano (e qual­che volta anche a tennis, se la rete era montata bene), è finita con l’arrivo dell’ammini­strazione Scapagnini. Il dotto­re di Berlu­sconi cambia riferimenti, forse alla Uisp lo sport era davvero troppo “per tutti”, e affida la gestione alla parrocchia di Borgo Librino, allora di don Santino Salamone.

Il declino è lento ma inesorabile: pri­ma la distruzione delle porte, poi vengono rubate le ringhiere – centinaia di metri di ringhiere – poi i cavi elettrici, poi il pavi­mento, le porte dei campi. Persino la pres­sa in legno del frantoio.

Nel 2011 il Comune di Catania riesce ad inserire la struttura all’interno del bud­get dei Servizi Sociali: con i fondi della legge 285/97, circa 700mila euro, la mas­seria verrà ri­strutturata.La ditta che si è aggiudicata i lavori si chiama società coo­perativa Me­gaedil di Patti (Me) e a breve, assicurano dalla commissione lavori pub­blici del Co­mune, partiranno i lavori

C’è anche il nome di chi si occuperà delle attività: il consorzio SOLCO, vicino a Lino Leanza (fra l’altro ex candidato a sindaco di Cata­nia, con la lista civica Arti­colo 4), che do­vrà inaugurare un “polo educativo”, coin­volgendo le associazioni del quartiere.

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