La roba mafiosa, toscana e lombarda, con una nuova vita
Beni confiscati: luogo di aggregazione sociale, ma anche di produttività.
“Jacopo, ti rendi conto che organizzeremo i campi legalità qui in Toscana, come a Corleone?”
“Anni fa nessuno credeva che saremmo riusciti ad ottenere dei beni confiscati per il riutilizzo sociale, è stata una delle soddisfazioni più grandi della mia vita” racconta emozionata Serenella Pallecchi, presidente dell’Arci provinciale di Siena.
Al 2007 risale infatti la confisca definitiva della tenuta di Suvignano; si è rischiato che la proprietà fosse venduta a prestanomi per poi ritornare alla roba della mafia, ma, dulcis in fundo, nel 2019 il podere è stato assegnato alla Regione Toscana.
“A Suvignano sono stati confiscati settecento ettari e diciotto poderi, si tratta di un bene enorme. Pensa che nel 2013 è stato messo all’asta e valutato venticinque milioni di euro”- spiega Serenella-“Una parte del bene è produttivo: già ai tempi dell’amministrazione giudiziaria l’agriturismo era attivo, è dotato di piscina, infatti ospita spesso turisti, tra cui americani e tedeschi.
Dei diciotto poderi nessuno invece è agibile, infatti allo stato attuale sono sbarrati e chiusi. Nel 2014 l’allora amministratore giudiziario Cappellano Seminara ci concesse l’utilizzo di uno dei diciotto poderi, quello nelle condizioni “migliori” diciamo. Si trattava di un appartamento non molto grande, utile per ospitare i richiedenti asilo. Dopo due anni abbiamo dovuto levare le tende poiché diventato inagibile, da quel momento non è più stato riutilizzato quello spazio. È triste ma la verità è che serve una grande opera di ristrutturazione altrimenti questi beni resteranno di chi li ha persi, non avranno un futuro proprio. C’è molto lavoro da fare.”
“La Regione ha contribuito nella costruzione di una foresteria adibita ai campi della legalità tra ragazzi e in generale tutto ciò che permette un confronto sul tema dei beni confiscati ”- continua Serenella-“ I giovani devono conoscere la storia dei luoghi in cui sono nati o vivono. Da poco è stata inoltre inaugurata una sala conferenze dedicata a Giovanni Falcone, il primo ad occuparsi nel 1983 della confisca dell’azienda all’imprenditore palermitano Vincenzo Piazza.”
Il lavoro di riqualifica dei beni si deve anche al lavoro quotidiano del terzo settore, delle associazioni: “Istituzioni e associazioni hanno agito di pari passo, senza scavalcarsi l’un l’altra. Diverse le idee proposte dal terzo settore per il riutilizzo dei beni: da progetti di agricoltura sociale fino all’agricoltura biologica, per esaltare la bellezza nonché i frutti offerti dal territorio naturale.”
Anche a Lecco, Lombardia, i beni confiscati non mancano, al contrario di ciò che si possa pensare la mafia non esiste solo al Sud.
“A Milano e Lecco ci sono parecchi beni confiscati alla criminalità organizzata, alcuni appartenevano a Cosa Nostra, altri alla Ndrangheta. Per esempio uno di questi è il locale di Via Belfiore (Lecco)” dice Giulia Venturini dell’Arci Lombardia.
“Ora quel posto ha una nuova identità, si chiama Fiore ed è una pizzeria. Di fatto questo bene è stato restituito alla comunità, si mira alla produttiva, quella lecita, alla luce del sole. Prodotto della fatica di chi ci lavora.”