La rete dell’università virtuosa
Carmine Mancone
La rete dell’università virtuosa
TRA-ME (“Trasparenza e Merito”) riunisce ottocento cattedratici e ricercatori che vogliono ricostruire lo spirito dell’Università italiana. Fra loro il Rettore Tomaso Montanari.
Tanto è forte il “sistema” universitario nell’indirizzare il reclutamento del personale che è impossibile contrastarlo ribellandosi? Assolutamente no, come ho già avuto modo di spiegare qui nei Siciliani la conseguenza di azioni di contrasto o di denuncia è l’isolamento o l’esclusione, ma ci sono voci fuori dal coro che non temono queste conseguenze. Note dissonanti che con la loro coraggiosa asprezza si inseriscono nella partitura “morbida e gradevole” orchestrata nelle corti dei baroni.
Di esempi ce ne sono tanti, a Firenze, Bologna, Roma, Pisa, forse, però, il più noto è quello di Giambattista Scirè, dove purtroppo è ancora l’ateneo etneo il teatro della messinscena. Il dottor Scirè, dell’Università di Catania, partecipa ad un posto da Ricercatore a Tempo Determinato di tipo A (3 anni) in Storia Contemporanea nella sede distaccata di Ragusa. Era il 2011, la commissione gli preferisce un architetto.
Lui non ci sta, e allora ricorso al Tar e poi al Consiglio della Giustizia amministrativa: “decisione illogica e irrazionale”, condanna per abuso di ufficio per la commissione, imposto il risarcimento all’ateneo e il reintegro del dottor Scirè. L’ateneo ne dispone il reintegro, ma qui la beffa, per la rimanente parte del contratto, il tempo è passato e quindi solo quattro mesi su tre anni.
Da questa esperienza non nasce purtroppo una carriera accademica, ma un libro, Mala università (Chiarelettere) per elencare i casi come il suo e le indagini che puntano i riflettori sul “sistema”.
Ma non è tutto. “La plebaglia può fare solo delle sommosse. Per fare una rivoluzione ci vuole il popolo”, queste parole di Victor Hugo sembrano aver ispirato Giambattista Scirè, che va oltre la sua storia e fonda “TRA-ME – Trasparenza e Merito-L’Università che vogliamo”: un’associazione che oggi conta più di 800 iscritti tra docenti e ricercatori e che raccoglie e supporta tutte le storie di chi vuole essere nota dissonante.
L’intuizione è corretta: il principio della rete. Un tessuto che richiede la stesura e l’intreccio di fili orizzontali (la trama) e verticali (l’ordito). Quello che per anni è mancato è congiungere orizzontalmente i casi di mala università. L’associazione lo sta facendo: vigila, ascolta e denuncia. Tesse e cresce. Crea un popolo. E lo fa anche con la voce di sostenitori autorevoli, quando per autorevolezza si intende ricoprire incarichi istituzionali.
Siamo abituati a vedere rettori e ministri che rinunciano a costituire le proprie istituzioni come parte civile nei procedimenti giudiziari che si occupano di mala università. Le istituzioni sopportano, non supportano chi vuole cambiare il “sistema”. Ma Tomaso Montanari, Rettore dell’Università per stranieri di Siena, divenendo ambassador di TRA-ME rompe questo schema e manda un messaggio fortissimo.
Ora bisogna tessere verticalmente, dal basso verso l’alto, completare la rete portando i fili dalle aule universitarie a quelle del parlamento. Di questo TRA-ME si propone di farsi carico, ma servono più voci, orientate verso un’azione politica che abbia il coraggio di attuare una vera Riforma dell’università statale. Non quella in discussione ora al Senato, ma un’autentica rivoluzione. Dalla mediocrazia alla meritocrazia. Da una cooptazione soggettiva a criteri più matematici.
Alla fine del 1983, nella sua ultima intervista, Pippo Fava alla domanda di Enzo Biagi, che chiedeva cosa bisognasse fare per eliminare il fenomeno mafioso, diede una risposta visionaria che attende ancora un’attuazione: “è necessario creare una seconda Repubblica in Italia”. Ecco, per l’università italiana occorrerebbe lo stesso coraggio politico.
Oggi esiste la TRA-ME, ora costruiamo l’ordito.