La Patente
“La Sicilia”, il quotidiano di cui Ciancio è editore/direttore, pubblica una foto del nuovo Comandante provinciale dell’Arma dei Carabinieri recatosi a fare visita ufficiale, seguita da un’intervista, nei locali del quotidiano cittadino. Lo scenario è ben curato, tavolo da riunione con il Tycoon catanese al centro, alla sua destra il Colonnello dell’arma insieme ad alcuni giornalisti. Il neocomandante che si reca negli uffici di un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio, è assolutamente sopra le righe e inusuale, ma a parte le proteste dei soliti rompiscatole, non accade nulla. Un mese dopo il cliché si ripete, stavolta è addirittura l’ex Magistrato Antonio Ingroia, simbolo dell’antimafia, che invitato per un’intervista nella sede del quotidiano catanese si ritrova al solito tavolo nello stesso posto occupato dal Colonnello dell’arma, con il Direttore al posto di comando ed alcuni giornalisti attorno. Il giorno dopo, il quotidiano pubblica con grande risalto foto di rito ed intervista. Stavolta la vicenda fa un po’ più chiasso, con qualche rompiscatole in più, alcuni militanti del partito dell’ex magistrato abbandonano il “leader”, ma dopo pochi giorni la polemica si spegne.
Così arriviamo ai giorni nostri, il 5 gennaio ricorre il trentennale dell’omicidio mafioso del giornalista Giuseppe Fava, un giorno che nei trent’anni precedenti Ciancio avrebbe voluto cancellare dal calendario. Dover pubblicare le immagini della commemorazione, il resoconto delle iniziative organizzate, prima dalla famiglia e poi dalla Fondazione Fava, che vedevano al centro gli interventi del figlio Claudio, erano per l’editore del giornale catanese fonte di grave e insopportabile allergia. Ciancio trovava il modo di pubblicare la notizia, quando ciò accadeva, con resoconti parziali, oscurando non solo le parole, ma anche l’immagine del figlio di Pippo Fava. Resta nella storia per la spudoratezza censoria, la foto apparsa sul giornale di Ciancio il 5 gennaio del 2009 scattata per raccontare obtorto collo la consegna del Premio Fava. Nella foto di gruppo Claudio Fava scompare, al taglio sfugge solo un ginocchio, rimangono gli ospiti.
Tutta un’altra storia invece quella del 6 gennaio di quest’anno. La Sicilia, sorprendentemente, dedica due pagine intere all’evento del trentennale dell’omicidio e seppur continuino a mancare le parole del figlio Claudio, sempre indigeste, ci sono tante foto delle varie iniziative. Nell’articolo vengono riportate le parole di solidarietà alla famiglia del Presidente della commissione antimafia dell’Ars Musumeci, del Presidente della Camera Laura Boldrini, di Ingroia, del Presidente dell’Ars Ardizzone e del segretario provinciale dell’Assostampa Lo Porto.
Ma sono le parole del Sindaco Bianco che danno l’opportunità al Direttore del quotidiano catanese di aprire un dibattito in nome dell’antimafia proprio nelle pagine del giornale “La Sicilia”. Il giornale in cui cronisti ed opinionisti scrivevano che la Mafia a Catania non esiste e che di conseguenza l’omicidio Fava doveva essere più una storia di donne che di mafia. D’altronde era difficile scrivere di mafia quando Ercolano imponeva e otteneva che Ciancio “mettesse a posto” un cronista che lo aveva impudentemente definito boss mafioso come risulta dall’ordinanza del maxi processo “Orsa Maggiore” o quando nelle pagine del giornale si pubblicavano le lettere di Santapaola Jr detenuto in regime di 41 bis. Senza dimenticare quando il cronista di giudiziaria del quotidiano avrebbe fatto da “suggeritore” ai legali dei mafiosi durante il processo per l’omicidio dello stesso Fava.
Oggi la parola mafia non si nega più, frutto di entità ignote e astratte, è una parola impalpabile come “Il vento pesante che, ancora, soffia sulla città” per riportare le parole del Sindaco. Il dibattito continua, impunemente sulle pagine de La Sicilia, nei giorni seguenti, mettendo insieme il ricordo di Fava con i buoni propositi di lotta alla mafia, intervengono l’immancabile Capo dei Carabinieri, il Presidente degli industriali, il Questore.
Intanto il Procuratore Salvi dichiara che: “La mafia militare è più debole, ma è sempre presente sull’economia della città”.
L’economia della città? Quella che aspetta con ansia la costruzione del megaprogetto di sottosviluppo turistico alla Plaia (il Pua)? quella che gira intorno alla costruzione infinita dell’Ospedale San Marco? quella che è pronta per la cementificazione di Corso Martiri e si prepara allo sventramento del vecchio San Berillo? quella che ha trasformato la cintura di Catania in un megacentro commerciale, svuotando i negozi del centro storico? quella che ha regalato piazza Europa ai privati? Sì.
Proprio quella economia di cui Mario Ciancio è uno dei principali esponenti ed il suo foglio il principale supporter. Oggi la storia cambia, Ciancio, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, ha ottenuto, grazie alla sua astuzia e alla dabbenaggine altrui, la Patente di antimafioso. Una vicenda Pirandelliana che poteva accadere solo in Sicilia.
E’ il frutto del sonno della ragione di un popolo. Cordialità Luigi
In tutta la vicenda, e non solo l’assassinio di Pippo Fava, la consapevolezza di un popolo, rappresenta il convitato di pietra. Stiamo vivendo, come italiani, il buio periodo del sonno della ragione. Cordialità. Luigi
ottimo articolo, meglio scrivere che fare politica.