domenica, Novembre 24, 2024
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La nuova Nato flessibile e globale

Armi sempre più po­tenti e sofisticate, droni-killer e sistemi missili­stici, ma anche di testate nucleari mo­derne e pronte ad ogni uso. Il nostro Paese fornirà le basi e il MUOS metterà in rete centri di comando

Dal prossimo anno il Joint Forces Com­mand (JFC) di Napoli, il comando strate­gico alleato interforze in Sud Europa, gui­derà la Nato Response Force (NRF), la forza di pronto intervento di 25.000 mili­tari in grado d’intervenire in poche ore in qualsiasi area di crisi del pianeta. Una task force iper-specializzata che ha a di­sposizione basi, depositi di munizioni e infrastrutture di supporto principalmente nei paesi Nato prossimi alla frontiera con la Russia, potenza contro cui Bruxelles in­tende scatenare altre crociate per la supre­mazia mondiale.

Due anni fa il quartier generale del JFC Nato è stato trasferito da Bagnoli a Lago Patria, in una modernissima megainfra­struttura di 85mila metri quadri costata 165 milioni di euro. Vi operano 2.100 mi­litari e 350 civili di 22 paesi dell’Allean­za: Belgio, Bulgaria, Canada, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Gran Breta­gna, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Po­lonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Ro­mania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Tur­chia, Ungheria e Stati Uniti d’America.

Il legame Nato-Ue

A Lago Patria è stato pure trasferito il di­staccamento dell’Unione europea che so­vrintende alle operazioni militari in Bo­snia-Erzegovina, a conferma dell’ormai inestricabile legame tra l’Alleanza Atlan­tica e l’Ue.

La “nuova” Nato flessibile e globale ha bisogno di armi sempre più potenti e sofi­sticate, droni-killer e sistemi missilistici innanzitutto, ma anche di testate nucleari moderne e pronte ad ogni uso.

Per questo è stato avviato in Europa un programma di ammodernamento delle te­state a caduta libera del tipo B61, novanta delle quali sono ospitate oggi nelle basi di Ghedi di Torre (Brescia) e Aviano (Porde­none). Nello scalo bresciano le aree di stoccag­gio delle testate sono custodite dal 704th Munitions Maintenance Squadron (MUNS) dell’US Air Force che in caso di conflitto può armare i velivoli delle forze aeree italiane e di altri paesi Nato.

Le uni­tà nucleari operano alle dipen­denze del 16th Air Force, il comando del­le forze ae­ree Usa in Europa di stanza ad Aviano con due squadroni con caccia­bombardieri F-16 in grado d’inter­venire regionalmente ed extra-area su ri­chiesta del Comando supremo alleato in Europa (Saceur).

Aviano: unità nucleari

La base friulana, dove operano stabil­mente oltre 4.000 militari e 594 civili sta­tunitensi, è oggetto di un articolato pro­gramma infra­strutturale per un importo complessivo su­periore ai 610 milioni di dollari (“Aviano 2000”). Oltre alle unità dell’US Air Force, ad Aviano ci sono pure un centinaia tra militari e contractor nella custodia dei de­positi di US Army Africa (USARAF), il comando per le operazioni terrestri in ter­ritorio africano che il Penta­gono ha attiva­to sei anni fa a Vicenza.

Proprio questa città veneta, patrimonio Unesco, è stata promossa dal Dipartimen­to della difesa nella “capitale dell’esercito statunitense di stanza in Sud Europa”. Con un investimento di 465 milioni di dollari sono stati realizzati nuove, caser­me, depositi, centri di telecomunicazione, ecc.. Il progetto più costoso e devastante dal punto di vista territoriale ed ambienta­le ha visto la trasformazione dell’ex aero­porto civile “Dal Molin” in hub operativo del 173rd Airborne Brigade Combat Team, il reparto di pronto intervento avio­trasportato dell’esercito Usa, impiegato nei maggiori scacchieri di guerra medio­rientali (Iraq e Afghanistan) e più recente­mente in Africa ed Ucraina. Oggi la nuova infrastruttura di Vicenza ospita i comandi della brigata e quattro battaglioni, due provenienti dalla Germania e due dalla storica base militare di Camp Ederle. An­che a Vicenza il numero dei militari Usa supera le 4.000 unità.

La capitale dei droni, Sigonella

Altri 5.000 militari statunitensi operano a Sigonella, la maggiore installazione ae­ronavale Usa e Nato per gli interventi in Europa orientale, Africa, Medio Oriente e Sud-est asiatico.

Entro un paio d’anni, la base siciliana opererà da vera e propria capitale mondia­le dei droni. Da un lustro i velivoli senza pilota “Global Hawk” di US Air Force de­collano da Sigonella per “sorvegliare” e individuare gli obiettivi da colpire in un’area geografica che dal Me­diterraneo si estende sino all’intero conti­nente afri­cano. Nella base aeronavale è entrato in funzione un grande centro di manutenzio­ne e riparazione dei droni di US Air Force e US Navy, compresi i fa­migerati velivoli killer tipo “Predator” e “Reaper” utilizzati per bombardare in Me­dio oriente, Libia, Somalia, Mali e Congo.

Entro il 2017, a Sigonella sarà piena­mente operativo pure il programma Al­liance Ground Surveillance (AGS) della Nato.

Il nuovo sistema alleato di “sorveglian­za e riconoscimento” si articolerà su un centro di coordinamento e controllo (con 800 militari provenienti dai paesi dell’Alleanza) e cinque velivoli senza pi­lota RQ-4 “Global Hawk” Block 40, ver­sione più avanzata dei droni Usa.

Mobile User Objective System

Sempre in Sicilia, 70 km più a sud di Sigonella, nel cuore della riserva naturale di Niscemi (Caltanissetta) è stata comple­tata una delle quattro stazioni mondiali del MUOS (Mobile User Objetive Sy­stem), il nuovo sistema di telecomunica­zioni satellitari in altissima frequenza del­la Marina militare statunitense.

Il MUOS metterà in rete centri di comando, control­lo e intelligence, infrastrutture logistiche, le migliaia di utenti mobili come caccia­bombardieri, unità navali, sommergibili, reparti operativi, missili Cruise, aerei sen­za pilota, ecc., decuplicando la velocità e la quantità delle informazioni trasmesse nell’unità di tempo.

Uno strumento di dominio planetario

Uno strumento di guerra e dominio planetario di proprietà ed uso esclusivo del Pentagono che gene­rerà potenti fasci elettromagnetici con gravissimi effetti per l’ambiente e la salu­te degli abitanti di un’ampia area della Si­cilia e pesanti limitazioni perfino sul traf­fico aereo civile negli scali e nei cieli dell’Isola.

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