La notte della Repubblica
Un libro-intervista per tutti gli italiani che si sono svegliati una mattina in un Paese in cui non si riconoscono più. Il filo di cause e conseguenze è nascosto nella storia, in quella che non si dice e non si insegna a scuola
“Il nostro Paese avrebbe bisogno di interventi di governo efficaci e trasparenti sull’istruzione e sull’educazione civile degli italiani. Ci vorrebbero classi dirigenti fatte da persone oneste e competenti, ansiose di perseguire l’interesse generale e non i propri interessi privati o di gruppo. Ma per ora questi gruppi dirigenti in parte non esistono e comunque sono molto lontani dalla classe politica di governo”.
Perché appare così difficoltoso per il nostro Paese fare i conti con il proprio passato?
La principale ragione probabilmente risiede nell’incapacità, tuttora persistente, di consegnare risposte convincenti alla pressante domanda di verità e giustizia che riguarda le tante, troppe stragi che hanno costellato il cammino della Repubblica.
Ancora non sono state superate quelle resistenze che ci impediscono di individuare le responsabilità politiche e sociali, spesso gravi, che hanno determinato quella che oggi appare una moderna regressione agli schemi del passato.
Bisognerebbe avere, tanto per cominciare, l’onestà intellettuale di rivedere alcuni passaggi cruciali che oggi siamo in grado di ricostruire grazie a una nuova documentazione storica e quindi di affermare pubblicamente che la storia politica del nostro Paese non è stata, negli ultimi settant’anni, né lineare né autonoma. Entità parallele a quelle legittimamente deputate ad agire in nome del popolo italiano ne hanno condizionato l’andamento per soddisfare volontà che non erano quelle espresse dai cittadini attraverso il voto.
Cosa intende per entità?
Nella mia attività di studioso e di storico ho potuto accedere, nel corso degli anni, a molti archivi italiani e stranieri e consultare migliaia di documenti ufficiali de-secretati che mi consentono di identificare, con questa definizione di entità, quelle agenzie repressive dello Stato pubbliche e private, associazioni più o meno segrete come la massoneria e le organizzazioni criminali di tipo mafioso che, in determinati momenti della storia repubblicana, hanno saldato la loro azione per una sostanziale convergenza di obiettivi.
In che modo hanno svolto la loro influenza?
Ricorrendo per lo più all’intimidazione e alla violenza, facendo leva sui timori degli italiani, nel primo dopoguerra, agitando lo spettro di un nuovo conflitto con tutto il suo peso di sofferenza e in seguito, minacciando lo stato di benessere conquistato negli anni dell’espansione economica e sociale.
Certo, se non vi fossero state ampie complicità istituzionali, come invece è stato appurato anche in sede giudiziaria, forse questi soggetti non avrebbero avuto possibilità di interferire così facilmente. Ma molti politici e altri esponenti delle classi dirigenti, al contrario, seppero intuire con pieno tempismo e sfruttare sapientemente la direzione del vento che ispirava queste entità e ne hanno tratto prestigio ed enormi vantaggi economici.
A volte lasciando fare, altre assumendo atteggiamenti di sottovalutazione, molte altre partecipando direttamente a piani specifici di destabilizzazione controllata. Cioè facendo sì che un caos provocato ad arte avesse come effetto il mantenimento dello status quo, accettato da tutti come il minor male possibile.
Nel nostro Paese si ha la tendenza a delegare al solo giudizio penale l’unica facoltà di determinare responsabilità che invece vanno ben oltre quelle emerse dalle sentenze. Quindi, da quale punto di vista abbiamo analizzato questa storia dell’Italia repubblicana?
Le vicende storiche che si sono svolte soprattutto negli anni ’60 e ’70, con l’ascesa delle mafie da una parte e poi con la stagione dei terrorismi e delle stragi dall’altra, hanno generato una confusione a causa della quale si pongono sullo stesso piano il giudizio penale, risultante dei processi, il giudizio politico immediato e quello storico.
Io credo che si possa parlare chiaramente di una colpa delle classi dirigenti italiane in cui tutti i vecchi partiti hanno una parte di responsabilità, ovviamente in misura superiore per coloro che sono stati più tempo, e con maggior potere, al governo.
In primo luogo dobbiamo riferirci al partito cattolico che ha molto a lungo governato e ha intrattenuto rapporti stabili, per esempio, con le associazioni mafiose (come ormai è storicamente accertato), ma anche a quelle forze di destra come i monarchici e il Movimento sociale italiano che sono emerse a livello parlamentare dal 1948 e che hanno acquistato particolare peso nel ‘94, quando Berlusconi ha fatto il suo ingresso in politica e sono tuttora al potere.
Il giudizio storico riguarda determinati gruppi dirigenti delle classi sociali come, ad esempio, quella degli imprenditori che, per i propri fini, hanno collaborato con i governi di centro e di destra o anche gran parte dei giornalisti che non hanno saputo espletare in maniera corretta il loro mestiere, perché troppo legati ad assetti proprietari concentrati a difendere quegli interessi, espressione delle maggiori forze politiche di governo e delle loro partecipazioni industriali.
Questa è decisamente la notte della Repubblica, ma un detto dice che «più buio di mezzanotte non può fare»…
Purtroppo devo dissentire. Potrebbe fare ben più buio se la Costituzione repubblicana venisse distrutta e ci ritrovassimo con un presidenzialismo autoritario retto da Berlusconi o da un altro personaggio della destra peggiore.
Sarebbe la fine completa della democrazia e avremmo un ritorno a un autoritarismo persino peggiore di quello fascista. La situazione potrebbe quindi anche peggiorare.
Forse si potrebbe arrestare la discesa in picchiata se qualcuno dei tanti che hanno retto il potere per tutto questo tempo si decidesse a dire la verità.
È un’evenienza molto improbabile. Finora alcuni uomini delle classi dirigenti hanno consegnato solo minuscole porzioni di verità quando ormai non potevano avere nessuna influenza sulla politica di oggi.
La maggior parte dei personaggi importanti della politica – per esempio Mariano Rumor, che è stato presidente del Consiglio più volte e, in fondo, lo stesso Andreotti – hanno continuato a non raccontare cosa è veramente successo, nemmeno alla fine della propria carriera o addirittura prima di morire. Oppure, come faceva Cossiga, elargiscono racconti di grande cinismo e di distacco dalla realtà dopo che sono stati implicati in vicende di enorme gravità.
Noi non abbiamo mai avuto una confessione da parte dei potenti in Italia che si assumessero la responsabilità reale degli errori commessi, né tanto meno il coraggio di svelare tutti quei misteri rimasti tali.
Quindi non disponiamo di nulla di significativo grazie al quale gli italiani potrebbero cambiare opinione rispetto al concetto negativo che hanno della politica e questo è un fatto di per sé preoccupante. Più la politica viene impersonata da chi non crede in nulla e più abbiamo classi dirigenti di scarso livello.
Se queste sono le classi dirigenti, cosa dovrebbero fare gli italiani non disposti a cedere per invertire la tendenza?
Io non voglio mettere tutti sullo stesso piano. Credo che vi siano ancora personalità sane che possano unire le forze di opposizione e compattarle per raggiungere il primo obiettivo di sconfitta di questi potentati racchiusi nel berlusconismo.
Occorre naturalmente che si formuli un programma fondato su tre cose principalmente: una ripresa economica responsabile, l’istruzione nella scuola e nelle università, la ricerca scientifica e una massiccia iniezione di educazione civica in tutti gli italiani, tale da metterli in condizione di conoscere a fondo e difendere la Costituzione per respingere l’attacco delle mafie e dei vari poteri occulti connessi.
L’ultimo pensiero deve essere rivolto ai giovani. Cosa direbbe a chi, alla fine di questo libro, dovesse sentirsi spinto a raccogliere il consiglio di andare all’estero che oggi giunge da più parti?
È vero, il nostro è un Paese difficile e siamo in una fase particolarmente delicata. Ma proprio per questo i giovani devono restare qui, imparare la Costituzione e abbracciarne i principi come una bussola per la vita. E combattere perché si realizzino. Io non me ne sono andato anche quando da giovane ne ho avuto la possibilità perché invitato negli Stati Uniti e in altri Paesi europei, e, come me, molti altri sono rimasti qui a dare il proprio contributo per migliorare il Paese. Restate, studiate, resistete e lottate per la società che volete. Questo è il mio consiglio.
(da “La colpa. Come e perché siamo arrivati alla notte della Repubblica”, Dalai ed.)