La nascita della scienza è stata una rivoluzione dimenticata?
Equipaggiato con le assunzioni metodologiche di cui ho riferito solo il punto di partenza, Russo passa ad un esame articolato delle antiche civiltà dell’ Occidente, dalle quali, per quanto ci è dato saperne, sembra avere origine la scienza odierna. I principali risultati dell’analisi così condotta portano Russo al risultato che la scienza è nata con la civiltà ellenistica.
Alcuni degli esempi più significativi sono tratti dalla matematica (gli Elementi di Euclide, il metodo di esaustione di Archimede, la teoria delle coniche di Apollonio Pergeo) e dalla fisica (la statica di Archimede, l’ottica di Euclide); di alcune altre teorie scientifiche (per esempio la logica matematica di Crisippo, la catottrica di Archimede, le opere di Ctesibio) abbiamo oggi solo notizie di seconda mano scritte uno o più secoli più tardi, cioè dopo la fine del periodo ellenistico, da compilatori (Cicerone, Plinio, Apuleio, …) che mostrano di non aver capito gli aspetti più profondi delle teorie di cui hanno sommariamente riferito. Ciò testimonia un regresso, che spesso arriva alla totale scomparsa dell’attività scientifica (ovviamente nel senso in cui la intende Russo).
Un regresso analogo si ha nella tecnologia scientifica, ove molte conoscenze erano andate perdute al tempo della maggiore espansione del potere di Roma e verranno in gran parte recuperate in un percorso secolare che va dagli Arabi, al Rinascimento italiano, e poi dal secolo XVII fino ai nostri giorni. Russo esamina diversi settori della tecnologia, io mi limiterò ad alcune applicazioni in campo militare, basandomi sulle testimonianze di diversi storici antichi quali Polibio, Livio ed altri e del pensiero di storici moderni e contemporanei, che confermano sostanzialmente anche con esempi diversi da quelli portati da Russo quanto egli asserisce.
Un’ampia documentazione storica dell’impiego della tecnologia scientifica ellenistica in campo militare riguarda l’assedio di Siracusa, che si concluse con la conquista di questa città da parte dei Romani nel 212 a.C. durante la seconda guerra punica.
Moses I. Finley, (Storia della Sicilia antica, Editori Laterza, Bari 1974, da pag. 154 in poi) ha scritto: “ Quando i romani giunsero in forze sotto il comando di Marcello, scoprirono di non potere prendere la città né d’assalto né per assedio… Siracusa fu assediata per due anni … Archimede fu il fecondo genio della difesa che fornì ai romani un pretesto per attenuare l’umiliazione di un lungo insuccesso … Nel 212 [Siracusa] cadde finalmente nelle mani dei romani, grazie soprattutto al tradimento di un gruppo di nobili. La città fu consegnata ai soldati per il saccheggio e Archimede venne ucciso, sebbene, a quanto si afferma, ciò fosse contrario agli ordini di Marcello. Questi poi procedé a spedire a Roma non soltanto il solito bottino ma anche statue e dipinti in quantità, alcuni tolti dai templi e da altri edifici pubblici. Per questo egli si guadagnò il biasimo di Polibio e l’odio dei siciliani in generale.
Certamente la difesa della città assunse il carattere di una grande lotta patriottica, nella quale il ruolo di Archimede merita un commento speciale … Durante l’assedio egli prodigò tutte le sue forze nella lotta contro Roma. Il legame tra Ierone e Archimede [quando Siracusa cadde Ierone era già morto e a Siracusa regnava suo nipote Ieronimo] fu qualcosa di più di una semplice attrazione personale occasionale. Ierone era un uomo di affari e un tecnocrate … Egli manifestò per le opere ingegneristiche un interesse particolare … Una volta aveva fatto costruire il vascello più grande che abbia solcato i mari nell’antichità, la “Siracusana”, che mandò ad Alessandria carica di 3300 tonnellate di merci, capacità probabilmente mai più raggiunta fino al secolo XIX”.
Agli Stati ellenistici conquistati fu imposto un regime fiscale durissimo (Finley, loc.cit., pag. 160 e seguenti) : “ Il sistema tributario romano imponeva il versamento in natura di un decimo del raccolto di grano e d’orzo, che veniva spedito direttamente a Roma, un’imposta sul vino, le olive, la frutta e la verdura e un’altra sul pascolo, che si pagava in contanti.
La decima sul grano è stata valutata in base alle affermazioni piuttosto ambigue di Cicerone, a circa 3.000.000 di modii (850.000 stai) all’anno. Inoltre Roma si riservava il diritto di prendersi una seconda decima per acquisto forzoso a un prezzo stabilito unilateralmente dal Senato, qualora se ne presentasse la necessità. Questa seconda decima fu prelevata nel 190 per rifornire un esercito romano che combatteva in Grecia e poi di nuovo nell’anno seguente e nel 171 a.C. per l’esercito in Macedonia. Questi esempi ci sono stati conservati per caso. Non c’è modo di sapere con quale frequenza si sia fatto uso di questo diritto.
C’erano poi anche altri acquisti forzosi, sempre a prezzi fissati unilateralmente, per il mantenimento del governatore con il suo stato maggiore. … Non stupisce il detto di Catone secondo il quale la Sicilia era il granaio della Repubblica, la nutrice a cui il popolo romano si è nutrito. … Roma riscuoteva anche il dazio del 5 per cento ad valorem su tutte le merci ricevute o spedite da qualsiasi porto siciliano. Infine le varie comunità erano tenute a fornire una piccola flotta destinata a proteggere i porti contro i pirati. … I siciliani dovevano anche pagare delle proprie imposte locali. Le comunità siciliane avevano a loro carico tutte le spese relative agli edifici pubblici, alle forniture idriche, al culto, alle feste e altre opere di pubblica utilità.”
Peggio della politica tributaria del governo Monti!
Non c’è da meravigliarsi se in queste condizioni nei paesi allora più progrediti vennero a mancare le risorse per la ricerca scientifica e tecnologica.
Fu così che ebbe inizio un letargo plurisecolare della scienza e della tecnologia? Russo non lo dice, né mi sento, sulla base delle mie conoscenze e delle mie competenze di affermarlo io. E’ solo un sospetto.