La città senza asili nido
A Catania chiuse tutte le strutture comunali. Bambini a casa e lavoratrici licenziate.
Nel resto d’Italia si parla di gratuità degli asili nido, di investimenti straordinari sulla prima infanzia, di diritto all’istruzione sin dai primi mesi di vita. A Catania invece gli asili nido pubblici quest’anno non aprono. Nemmeno uno. Bambini a casa, lavoratrici sul lastrico, licenziate da un giorno all’altro e famiglie nel panico per conciliare lavoro e figli.
Fino al 2013 la città di Catania possedeva quindici asili nido comunali, aperti dalle 7,30 alle 18. Potevano frequentarli fino a settecento bambini. Chi non aveva un lavoro non pagava nulla e poi via via per fasce di reddito si impostava la tariffa mensile, mai superiore ai 250 euro. L’amministrazione del Partito Democratico, guidata da Enzo Bianco, “obbligata” dai vincoli finanziari legati al piano di riequilibrio, chiuse sei asili su quindici, riducendo la capienza a trecentosessanta bambini e aumentò vertiginosamente le rette. Cinquanta lavoratrici furono licenziate. Quest’anno l’amministrazione di centrodestra, guidata da Salvo Pogliese, “costretta” a dichiarare il dissesto finanziario, non ha ancora rinnovato l’appalto alla cooperativa che si occupa dei servizi di pulizia degli asili e di assistenza alle bambine e ai bambini, e così neanche i nove asili nido rimasti hanno ancora aperto.
“Siamo disperate – dicono le lavoratrici che da mesi non percepiscono lo stipendio – noi da una vita lavoriamo negli asili e vogliamo tornare a lavorare, vogliamo tornare ad aprirli, ma devono pagarci”. Il 28 agosto a tutte le cinquanta lavoratrici ausiliarie degli asili nido di Catania è arrivata una raccomandata: “a causa del cessato appalto del servizio di gestione ausiliari negli asili nido comunali presso il Comune di Catania” la cooperativa “comunica che dalla data odierna la S.V. verrà licenziata per fine appalto”. Il servizio era stato affidato, tra molte polemiche, al consorzio il Glicine di cui fanno parte la cooperativa Matusalemme di Bagheria e la cooperativa Airone. Il consorzio, nonostante gli obblighi previsti dal capitolato d’appalto, non è mai riuscito a compensare i ritardi nei pagamenti del comune e sono molti gli stipendi arretrati dovuti alle lavoratrici. Adesso però è arrivato il game over.
Sul piede di guerra oltre le lavoratrici anche i genitori dei bambini da 0 a 3 anni che avrebbero dovuto iniziare lunedì a frequentare. “Siamo abbandonati da tutti, non abbiamo notizie – ci dice una mamma – Avevamo pianificato il nostro lavoro e la nostra vita, nella consapevolezza che avremmo mandato i nostri figli all’asilo, che avrebbero mangiato lì, che lì avrebbero socializzato con gli altri bambini e sarebbero stati seguiti da maestre qualificate. Ora non sappiamo cosa fare. Alcuni bambini hanno la fortuna di avere i nonni disponibili a tenerli ma chi non ce li ha? E poi è forse giusto che i nostri figli non debbano avere garantito il loro diritto a frequentare gli asili nido? Le strutture private costano troppo, e se costano poco è perché tengono anche venti neonati con una sola persona, senza nessuna garanzia di qualità del servizio e senza che venga rispettata neanche la dignità di chi lavora. Ci sono ludoteche che pagano anche due euro l’ora chi ci lavora, senza nessuno che faccia controlli. A volte non è previsto neanche il pasto per i bambini e lo dobbiamo portare noi. Noi abbiamo il diritto ad avere gli asili nido comunali, asili nido di qualità, dove si paga in base al reddito. Dove anche la famiglia che non ha abbastanza soldi può assicurare la felicità al proprio bambino. Abbiamo il diritto di lasciare in buone mani nostro figlio mentre andiamo a lavorare”.
Dagli uffici di via Fiorita, dove ha sede il coordinamento degli asili nido, brancolano nel buio. “Uno telefona e quelli rispondono che per le iscrizioni bisogna chiamare l’indomani”. Questa storia però va avanti da dieci giorni. “Rinviano sempre, non sanno nulla, non vogliono dirci nulla per non farci protestare”.
L’assessore ai servizi sociali dice che gli asili nido non sono servizi essenziali. Soldi non ce ne sono.