martedì, Dicembre 3, 2024
-rete-

Le città dei bambini

Le altalene recintate dal nastro bianco e rosso, chiuse ai bambini, sono una delle immagini più tristi di questa fase 2 dell’emergenza sanitaria, ma sono anche il simbolo di un’emergenza che ha rimosso il tema dell’infanzia, ha dimenticato della cura e della crescita dei più piccoli. Le bambine e i bambini sono stati derubricati a problema di “ordine” pubblico: dove li mettiamo mentre i genitori vanno a lavoro e se non possono andare dai nonni? La qualità del tempo, straordinariamente unico, che i bambini stanno vivendo in questa quarantena non è stata preso in considerazione. Ma ora tutto questo può e deve cambiare.

Giovanni, prima elementare, ha smesso di andare a scuola a marzo, stava per iniziare a saper leggere e a scrivere. Sarà certo promosso, ma il suo apprendimento si è fermato, non sa leggere né scrivere bene. La scuola a distanza non è bastata, non è stata, comprensibilmente, capace. Se andare a scuola o non andarci fosse uguale, allora potremmo ragionare di demolire le scuole, ma non è così.

Agata, terza elementare. Le avevano insegnato che si stava al computer massimo mezz’ora al giorno. Il telefonino non si usava. Davanti alla tv solo un’ora. Lo aveva detto la pediatra, se ne erano convinti i genitori. Adesso la tecnologia, prima centellinata, è entrata come “obbligo” scolastico per svariate ore nella vita di ogni giorno. Tutto passa dai supporti elettronici e tutte quelle raccomandazioni sono evaporate. Effetti collaterali del virus.

Luca aveva appena iniziato l’inserimento all’asilo, Giulia aveva imparato a giocare con le altre bambine, Marco aveva ripreso ad andare a scuola superando tanti problemi. Da marzo sono tutti chiusi a casa. E tutto va ricominciato d’accapo.

Il Ministero della famiglia ha emanato delle linee guida per l’estate. Sono opportunità per i comuni, che però devono attrezzarsi subito, senza perdere nemmeno un istante. C’è la riapertura dei parchi e dei giardini. C’è la possibilità di organizzare attività in quei parchi, nei luoghi all’aperto, nelle fattorie didattiche. C’è la possibilità di organizzare attività ludiche, creative, centri estivi rivolte ai bambini e ai ragazzi. Certo, le linee guida sono stringenti, l’attenzione alla salute e all’igiene è massima, ma è un primo passo.

“Sebbene le esigenze di garantire condizioni di sicurezza e di salute per la popolazione abbiano positivamente giustificato i provvedimenti restrittivi, una delle conseguenze degli stessi è stata quella di incidere fortemente su quelle condizioni di ordinario benessere dei bambini e degli adolescenti che si legano strettamente a diritti fondamentali come quelli all’incontro sociale fra pari, al gioco ed all’educazione” scrive il Ministero. “Il punto di maggiore attenzione riguarda infatti il come attuare condizioni che consentano di offrire opportunità positive in condizioni di sicurezza, o almeno nel maggior grado di sicurezza possibile date le circostanze”.

Le direttive del Governo consentono la realizzazione di innumerevoli attività sulle quali è richiesto un parere da parte dei Comuni e delle autorità sanitarie locali: “il gestore dell’attività deve garantire l’elaborazione di uno specifico progetto da sottoporre preventivamente all’approvazione del Comune nel cui territorio si svolge l’attività, nonché, per quanto di competenza, da parte delle competenti autorità sanitarie locali”. Nel progetto dovrà pure essere inserito “l’elenco del personale impiegato, nonché dei supplenti”. Una clausola che impedirà, se le istituzioni faranno il loro dovere, l’utilizzo di personale in nero: una triste e illegale costante nel settore dell’assistenza all’infanzia.

Sta adesso a noi. Ogni Comune potrebbe iniziare a immaginare attività, in sinergia con attori pubblici, privati, del terzo settore, volte a ridare ossigeno alle bambine e ai bambini. Basta dirette su youtube, basta videolezioni. Si può tornare davvero a esserci in carne ed ossa, seppur con tutte le regole necessarie. Le piazze, i parchi, le aree pedonali, le zone verdi potrebbero diventare luoghi dell’apprendimento, della vita, del gioco. Per realizzare tutto questo forse ci sarà da lottare, da urlare alle amministrazioni comunali di fare presto, di dedicarsi anche a questo. Forse basterà parlarsi. Con il pretesto del virus, come rivalsa verso questa primavera negata, potremo finalmente rifondare delle città a misura di bambina e bambino.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *