La città che cammina sui pezzi di vetro
A Napoli istituito l’anagrafe virtuale per l’assistenza ai senzatetto
“Signorì ve lo volete guardare un altro poco il palazzo?”. Mi giro a stento, impegnata a cercare la messa a fuoco della fotocamera del mio smartphone. Tanto il signore anziano seduto sulla panchina alle mie spalle non può avercela con me. “Ma forse state guardando il traffico? Che poi qua è sempre così… Insomma che sfizio ci sta”. Mi ero sbagliata, sta proprio parlando con me.
Fa caldo, è solo Marzo ma l’afa di questo sabato mattina somiglia già a quella estiva e le mie mani sudate rendono difficile continuare a scattare foto. Mi fermo, che tanto per oggi va bene così, e sorridendo mi giro verso l’uomo seduto alle mie spalle che è rimasto in silenzio, come in attesa di una risposta. “Non stavo guardando il traffico, e nemmeno il palazzo. Ci stava una cosa che mi incuriosiva, ecco che stavo facendo”. L’uomo della panchina mi squadra dall’alto in basso e poi, come deluso dal mio intervento, sospira e se ne va. Mi viene da sorridere, approfitto del posto che ha lasciato libero e mi siedo cavalcioni con il viso rivolto verso il tunnel della Vittoria.
Siamo a Via Chiatamone, quartiere Santa Lucia: a due passi dal lungomare di Napoli, in pochi metri vi è condensata l’intera attività di uno dei più eleganti salotti della città. Edifici classici, negozi costosi, alberghi e le redazioni dei più importanti quotidiani cittadini rendono questa strada un crocevia trafficato.
Dalla posizione appena guadagnata riesco a vedere quello che veramente mi interessa: prima di giungere all’uscita del tunnel della Vittoria – che collega via Chiatamone con Via Acton – c’è un palazzo antico, che attualmente ospita un garage che si apre sulla strada antistante tramite un porticato. Sotto questo portico dormono due senzatetto. Li avevo notati qualche giorno prima: percorrendo la strada dal verso opposto si è obbligati a camminare sotto il portico, altrimenti si rischia di finire investiti. Era sera inoltrata eppure non avevo potuto fare a meno di notare queste due persone, addormentate sul pavimento del porticato. Poco distante da loro segni scuri sulle pareti intonacate, che sembrano essere residui di fuliggine o in qualche modo di fiamme.
Ero tornata con l’intenzione di fare qualche domanda in giro. Risultato: una cifra blu spesa in caffè nei bar della zona e nessuna informazione utile rilevata. Eppure quelle due persone stanno lì, chissà da quanto. Proprio nell’ inverno appena trascorso Napoli ha avuto diverse settimane di “emergenza freddo”, in quell’occasione numerose associazioni cittadine si sono adoperate per assistere ed accogliere – in maniera temporanea – alcuni senza fissa dimora, affiancandosi alle Onlus che si occupano quotidianamente della questione. Il grosso moto di solidarietà è pure finito sulle pagine di qualche quotidiano nazionale ma poi tutto si è affievolito.
Le misure assistenziali che vengono messe in campo da volontari e associazioni sono importanti ma insufficienti: Napoli lo scorso anno ha contato ben ventotto senzatetto morti a causa del freddo, sei persone sono morte per lo stesso motivo in questi primi mesi del 2017. Anche le misure di accoglienza delle istituzioni sono insufficienti per un fenomeno così ampio.
Nel Dicembre 2014, il Comune di Napoli – attraverso la Delibera n.1049 – era approdato a una possibile soluzione: l’istituzione dell’anagrafe virtuale, strumento per acquisire i dati dei senza fissa dimora per poter garantire alcuni servizi fondamentali e un’assistenza adeguata. La delibera era però in contrasto con le norme relative al “Pacchetto Sicurezza” del 2008. Tale vuoto normativo è stato risolto dal Comune solo pochi mesi fa, grazie anche alla tenacia di chi quotidianamente si occupa di accoglienza: sono state individuate e accreditate cinque strutture che dal febbraio 2017 affiancano il comune di Napoli nelle operazioni di iscrizione all’anagrafe virtuale. Tale passo potrebbe portare il Comune nei prossimi mesi a istituire un’altra misura importante: il riconoscimento ai cittadini senza fissa dimora – iscritti all’anagrafe virtuale – della residenza virtuale, mezzo che permetterebbe loro l’accesso all’assistenza medica di base e ai sussidi statali previsti per legge.
L’iter – portato a compimento già qualche anno fa nella Capitale – potrebbe però rivelarsi tutt’altro che semplice: pochi mesi fa è stato infatti approvato il “Decreto Minniti” che introduce norme severissime per i senzatetto e per chi presta loro assistenza nelle strade delle città. I contenuti di tale decreto legge sono in continuità con le politiche razziste proposte nel panorama nazionale e rischiano di costituire un blocco difficilmente aggirabile.
Eppure, la residenza virtuale potrebbe restituire ai senzatetto la certezza di veder rispettati diritti fondamentali- come quello all’assistenza medica di base. Questa misura da sola non può essere la risoluzione definitiva di una problematica così profonda ma potrebbe rappresentare il primo passo da parte delle istituzioni per garantire condizioni di vita migliori a chi si vede costretto a stare per strada.
Personalmente mi piacerebbe poter stare ferma in Via Chiatamone, tra i palazzi e il traffico, e rispondere a chi mi chiede cosa stia guardando con un “niente”. Perché magari sotto il portico non c’è più chi dorme tra i cartoni e i pezzi di vetro, perché davvero non c’è più niente da guardare.