giovedì, Novembre 21, 2024
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La Capitale del Sistema Magliana

Adesso tutti ammetto­no che la mafia è fortis­sima a Roma, con un intreccio di poteri poli­tici economici e crimi­nali senza pari. Ma c’è chi lo denunciava da anni, fuori dai media “ufficiali”

prefazione a Grande Raccordo Criminale

C’è qualcosa di peggio dell’ignoranza sulle mafie: l’indifferenza. L’abbiamo let­to e sentito mille volte nei libri, nelle campagne elettorali, nei convegni e, se siamo fortunati, nelle cerchie di amici an­che tra i discorsi da aperitivo. Eppu­re l’indifferenza che sta sopra Roma e il La­zio in generale è un’indifferenza come la trovi solo qui: ostile, arrabbia­ta, confusa, infastidita. Proprio mentre al Nord gli ar­resti e la società civile aprono finalmente una lucida discussio­ne sulle mafie senza fermarsi alle nega­zioni e agli allarmi, mentre nel Sud sono centinaia i focolai di rivoluzione e bellezza, Roma cova silen­ziosamente le proprie braci mafiose come se fosse sta­ta saltata a piè pari dalla scossa della consapevolezza nazionale.

Ecco perché questo libro di Floriana Bulfon e di Pietro Orsatti abbiamo il do­vere (noi, cittadini di questo centro d’Ita­lia) di farlo diventare essenziale: non c’è bisogno di previsioni o di sospetti poiché le mafie della Capitale sono già tutte nelle cronache quotidiane, tra gli articoli che nessuno vuole prendersi la briga di mette­re in fila o tra le storie che troppo in fretta abbiamo deciso che sono terminate.

Grande raccordo criminale collaziona finalmente le famiglie facendo i nomi e i cognomi, andando a riprendere i protago­nisti della banda della Magliana che si sono riciclati in anelli di raccordo con la criminalità organizzata, reinserisce i Casa­monica in un contesto più ampio e smette (finalmente) di considerare Ostia un’en-clave criminale apolide così come le con- fische del centro città romano come pic­coli “avvertimenti” da sbattere in pri­ma pagina per un paio di giorni. Serve ti­rare le fila, serve mettersi con dovizia, intelli­genza e amore (perché c’è tutto l’amore che si potrebbe trovare in un ro­manzo sul­la difesa della propria terra, in questo li­bro) a studiare, scriverne e farne parlare.

Quando le mafie si attorcigliano tra po­litica, estremismi e pezzi di istitu­zioni di­ventano qualcosa difficile da rac­contare e descrivere cominciano a contare su una impunità culturale oltre che troppo spesso giudiziaria: così le sparatorie in giro per la città, la condanna di Carmine Fasciani po­sto al 41bis oppure la coloniz­zazione dei bagni al lido di Ostia (senza dimenticare l’emblematico caso Fondi) non riescono a scuotere le coscienze so­prattutto grazie ad una mancata coesione sociale sul tema (quella politica facciamo che per ora non ce l’aspettiamo nemme­no).

Roma e il Lazio hanno bisogno di un’evoluzione consapevole e veloce, de­vono tirare le fila di un’antimafia sociale, politica e culturale che decida per davvero di mettersi in gioco per strutturare un pre­sidio antimafioso di studio e di racconto che spalanchi gli occhi su una città som­mersa tra le slot machine, i “compro oro” pubblicizzati finanche all’interno degli ospedali, le discariche come percolato della legalità, i bingo e il gioco d’azzardo che tengono lati interi di strade al limite del raccordo, di ipermercati che non han­no giustificazione di mercato e un’edilizia selvaggia com’è selvaggia l’edilizia al soldo del riciclaggio; poi c’è la droga (e finalmente se ne parla) che per chissà quali strani percorsi dell’informazione sembra diventa roba calabrese e lombarda dimenticando quanto la capitale sia snodo fondamentale per i commerci: droga final­mente riportata anche qui, dove l’attività giudiziaria la racconta sempre in transito; poi le minacce: negozi bruciati, uomini gambizzati, usurai fuori dai bar come nei bassifondi di qualche città sudamericana e invece si è appena di qualche chilometro in periferia.

Questo libro è un primo fondamentale avviso: le mafie ci sono, stanno bene, godono di ottima salute e continuano a saccheggiare Roma per riciclare soldi, fare soldi e costruire alleanza. Se le mafie in un territorio stanno bene quindi significa che lo Stato (in tutte le sue forme da quelle politiche a quelle civilissime e sociali) non le combatte abbastanza o addirittura ha trovato l’accordo.

Per questo la speranza di questo libro è che si accenda qualcosa dopo, appena sfo­gliata l’ultima pagina, per riappropriarsi della propria terra e tirarla fuori finalmen­te da questo alone di incompetente nebbia che è scesa (o salita) fino a qui.

Pietro Orsatti, autore di numerosi libri sul Terzo Mondo e sui poteri mafiosi, fra il 2012 e il 2013 ha pubblicato sui “Siciliani giovani” alcune fon­damentali inchieste sulla mafia a Roma.

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