giovedì, Novembre 21, 2024
-mensile-Giornalismo

La bellezza di fare un giornale

Da sud a nord. E da sud a sud. Tante storie di vita dentro un’unica storia: quella del Clandestino, giornale che cresce e si fa laboratorio di idee 

Torino, primavera. Giorgio ritira la posta, apre una busta e si emoziona. Tra le mani ha il numero di marzo del Clandestino, quello nuovo, tutto a colori, quello che è stato pensato e sognato nelle notti estive di festival, tra una pizza e una birra, dopo giornate di stanchezza e nervosismo, sorrisi e pacche sulle spalle, sempre di corsa per le viuzze del centro.

Giorgio è emigrato al nord per fare la scuola di giornalismo. E pensare che lui neanche voleva farlo il giornalista. Non era il mestiere che gli balenava in testa all’età in cui i ragazzini pensano a cosa vogliono fare da grandi. Però era in quel garage di Modica alta, la sera in cui Il Clandestino nacque.

Dall’esigenza di raccontare il suo territorio, alla passione per questo mestiere, il passo è stato breve. Dopo la laurea a Siena con una tesi sui Siciliani di Pippo Fava, Giorgio è tornato a lavorare come cameriere in pizzeria, per vivere nuovamente Modica e poterla raccontare sulle pagine di quella testata che nel frattempo ‘i ragazzi del garage’ avevano registrato. Giorgio oggi fa la scuola di giornalismo. Gli piace, è contento, ma ripete sempre con orgoglio che Il Clandestino, oltre che palestra di vita, è stato la sua prima vera scuola, perché gli ha insegnato a raccontare consumando le scarpe in strada.

Anche Ciccio, suo fratello, era in quel garage. Aveva quindici anni. Lui e Il Clandestino sono cresciuti assieme, stretti in un legame lungo sette anni. Il giornale fa parte della sua quotidianità. Anche a Roma, dove studia fotografia da due anni. Racconta che spesso si addormenta e si sveglia con Il Clandestino in mente, che vive molte delle sue giornate pensando all’inchiesta del mese e a come far crescere questo ‘bimbo’.

Il Clandestino porta con sé storie di migrazioni al nord. Ma la storia di Andrea è diversa perché lui ha puntato verso sud. Calabrese d’origine e siciliano conquistato, Andrea espone le sue foto su Rosarno al terzo festival del giornalismo e sale a bordo. Andrea corre ad ogni sbarco sulle nostre coste, Andrea consuma le scarpe per raccontare con le immagini; sogna, crea, realizza la nuova veste grafica del giornale. Fa festa e ci delizia coi suoi brindisi in rima, in perfetto stile calabro. È appena iniziato il suo terzo ‘cammino di fotografia’, che fa scoprire a tanti adulti e ragazzi la bellezza di vedere l’immagine come racconto.

Daniela ha la valigia pronta per andar via da questo lembo di Sicilia in cui non intravede alcuna possibilità di realizzazione. Ma la disfa quando partecipa a un workshop di ‘giornalismo residente’ durante il terzo festival. Per lei Il Clandestino è una rivoluzione. Scopre, con sua grande sorpresa, di avere una forte passione per il giornalismo, oltre che delle capacità. Salpa anche lei, insieme a Francesco, Rossana, Angela, Chiara, Antonio, Salvo, Giovanni…e alle loro storie.

Non soltanto Daniela si è avvicinata al giornale grazie al festival. Tanti sono stati negli anni i ragazzi che hanno partecipato per dare una mano, divenendo poi parte integrante della redazione; tanti i lettori che sono diventati collaboratori; tanti e belli gli scambi con la rete che hanno dato nuova linfa al giornale. È in quelle quattro giornate di fine estate che Il Clandestino ricarica le batterie e trova la forza per mandare avanti il progetto, perché si rende conto che a crederci sono in tanti. E non solo a Modica.

Ogni anno, a settembre, riposte in cantina le ultime scartoffie di festival, si torna a incontrare la gente, da sempre prima fonte di ispirazione per inchieste e articoli, si torna a raccontare Modica, con la stessa freschezza e curiosità.

Si parla di centri commerciali, trivellazioni, cimitero, opere incompiute, cultura; si intervista il gelataio o il falegname; si prepara l’inserto satirico, ‘a miniminagghia’, le rubriche… A volte con qualche peccato di ingenuità e inesperienza a fare da pungolo per migliorare.

È ancora artigianale, Il Clandestino. Sicuramente lo è in maniera diversa rispetto a quando non aveva ‘il suo permesso di soggiorno’, ma lo è. Perché porta con sé, da sette anni, quel gusto di ‘fare’ il giornale, la bellezza di pensarlo, costruirlo, pagina per pagina, con la testa e con le mani, mese dopo mese, anno dopo anno.

È un giornale, Il Clandestino. Ma è anche laboratorio di idee, di socialità, di scambio, di giornalismo sul campo. È un’esperienza che profuma di bottega dove si impara un mestiere, anche con fatica, ma sempre con il piacere di farlo. È politica. E c’è vita in tutto questo. Perché l’emozione di andare in tipografia, fuori provincia, a prendere ‘la creatura’ è sempre la stessa. Come lo è l’emozione che si prova quando una macchina piena di giornali parte per distribuirli alle edicole e per portare Il Clandestino a casa di ogni abbonato, persino in campagna.

Il Clandestino è il punto d’incontro di persone che amano ‘fare’ un giornale e una sera a settimana tornano a Modica alta, nel cuore antico della città, per riunirsi nella mansarda del glorioso circolo ricreativo Di Vittorio.

In un angolo una vecchia chitarra senza corde con l’adesivo dei Litfiba, un vecchio giradischi e un 33 giri di Guccini, cassette della frutta a mo’ di libreria, un salottino riciclato, la scacchiera, i resi delle edicole, una candela consumata e mozziconi di sigaretta; un secchio sotto il tetto, nel punto da cui piove dentro. I vecchietti al piano di sotto hanno finito la briscola giornaliera. In mansarda un cerchio – a volte largo, altre più raccolto – e pizza a tarda sera. Il tema principale del prossimo numero? Su cos’altro potremmo scrivere? Le date del prossimo festival?

Ecco perché Giorgio apre la busta e si emoziona. Perché sa che a Modica, in quella mansarda, dopo tanti anni la luce è ancora accesa.

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