Kurdistan, genocidio dimenticato
PRIMA PARTE
Tra le vittime di una persecuzione senza tempo nell’Iraq devastato dalla furia di Daesh
Foto di Giorgio Barberini
(Suleima/ Una martire kurda/ Incontro con il Pade, il partito ezida/Icontro con il Taje, l’associazione delle donne/ Il museo di Baghdad).
Verso Shengal
Siamo arrivati in aeroporto a Bagdhad alle 3 e mezza del mattino del 20 maggio. In auto, abbiamo percorso cinquecentocinquanta chilometri, da Bagdhad fino a Shengal, attraverso una sterminata periferia di case in costruzione, di case abbandonate e in rovina, baracche in lamiera di frutta e verdura, box di pneumatici, cresciuti in mezzo a sterpaglie, cumuli di terra e detriti, sommersi da un vento forte che sollevava nubi di polvere a mo’ di tempesta di sabbia.
La strada era costellata da ceck – point delle varie milizie – peshmerga, milizie del governo centrale, turcomanne, iraniane – che controllavano le varie fasce del territorio.
Siamo finalmente arrivati a Khamasur, al centro d’accoglienza per gli ospiti, gestito dall’Autonomia di Shengal.
Domani è un altro giorno e iniziamo le nostre attività e gli incontri nella piana di Ninive, la terra degli ezidi.
Oggi, abbiamo appreso che il Campo rifugiati di Makhmour è stato circondato dall’esercito iracheno che pretende di isolarlo, recintandolo!
Le donne e gli uomini sono usciti dal Campo, opponendosi e formando una barriera. C’è pure un ferito negli scontri che è stato trasportato all’ospedale del Campo.
Il Campo rifugiati di Makhmour sotto attacco
Racconta Youssuf, responsabile del Campo di Makhmour: “L’esercito iracheno, accompagnato dalla polizia in tenuta antisommossa, si è presentato con blindati e ruspe, con l’intenzione di recintarlo con una rete metallica.
Migliaia di residenti, già sottoposti ad embargo totale imposto dal governo regionale del Kurdistan iracheno, quello controllato dal clan Barzani, non sopportano l’idea di essere rinchiusi in massa. E, oltretutto, verrebbero privati del diritto all’autodifesa.
La popolazione di Makhmour, composta soprattutto da donne, bambini e persone anziane, ha opposto una pacifica resistenza, ma, ad un certo punto, le truppe irachene hanno cominciato a sparare sulla folla. La gente ha resistito, mentre i rappresentanti dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati continuano a tacere”.
Il Consiglio Esecutivo del Congresso Nazionale del Kurdistan (KNC) ha diffuso un appello, rimasto sinora senza risposta.
Dal Campo rifugiati di Makhmour giunge ora notizia di due ragazzi feriti, ma, a causa dell’embargo che dura ininterrottamente dal 17 luglio 2019, i feriti non possono essere trasferiti all’ospedale di Erbil. Si cerca di curarli nell’ambulatorio attrezzato (realizzato grazie le donazioni dei cittadini italiani giunte tramite l’Associazione Verso il Kurdistan).
L’incontro con il Consiglio dell’Autonomia di Shengal
Ci rechiamo a Sinjar City dove incontriamo il Consiglio dell’Autonomia presieduto da un uomo e da una donna, un co-presidente e una co-presidente.
“Nel 2014, con l’invasione dell’ISIS – ci dicono – abbiamo costituito le nostre unità di resistenza e abbiamo, di fatto, istituito l’autonomia amministrativa che si fonda sull’articolo 125 della Costituzione. Per quanto il governo centrale iracheno e il governo del Kurdistan del nord di Barzani cerchino di ostacolarla, cercheremo di difenderla in ogni modo. Le risorse per il funzionamento dell’autonomia provengono solo dalle nostre risorse e dalle rimesse dei nostri concittadini all’estero.”
Al termine dell’incontro, i rappresentanti del Consiglio avanzano un’unica richiesta: il riconoscimento del genocidio dell’ISIS avvenuto nel 2014 da parte del governo italiano e il riconoscimento dell’Autonomia di Shengal.
Incontro con il Centro per la Salute della città di Khamasur
Nel corso dell’incontro che abbiamo avuto con il Centro per la Salute della cittadina di Khamasur, abbiamo discusso di tre progetti in corso nella provincia di Shengal. Uno, finanziato direttamente con i fondi raccolti dalla nostra associazione e con un contributo dell’associazione Fonti di Pace di Milano, riguarda la ristrutturazione e l’ampliamento del presidio sanitario nel villaggio di Serdest.
Il secondo è un progetto di clinica mobile a cura di Mezzaluna Rossa Kurda che ci ha incaricato della consegna di 15 mila euro.
Il terzo è il progetto dell’Arci di Firenze, finanziato con il contributo della Chiesa Valdese, per l’apertura di un altro presidio sanitario in zona.
Nel pomeriggio, abbiamo raggiunto il villaggio di Serdest, dove è stato realizzato il centro sanitario che abbiamo finanziato.
In questa comunità, ci sono persone che vivono in case, nelle tende e persone che non hanno né casa, né tenda. Molte di queste arrivano da fuori, perché hanno avuto le case distrutte dall’Isis nel 2014.
In serata, ci è stato comunicato che l’intelligence irachena ci chiedeva di venir ripresi da un video, su richiesta dell’ambasciata italiana di Baghdad. C’è stata un po’ di confusione, abbiamo contattato il Ministero degli Esteri italiano, e, dopo qualche ora, abbiamo ricevuto una telefonata da un funzionario dell’Ambasciata italiana di Baghdad che ci ha detto che l’Ambasciata non era al corrente della nostra presenza in zona!
Il giorno successivo, ci arriva l’ordine di espulsione per l’intera delegazione. Ci mettiamo in macchina per dirigerci verso Baghdad con l’intento di recarci direttamente all’Ambasciata italiana per avere una risposta ufficiale in merito.
Poi, la situazione si chiarisce. Dopo circa un centinaio di chilometri, veniamo richiamati indietro e ci viene garantita la possibilità di restare fino al completamento del programma di nostri incontri. Questa avviene grazie all’impegno del Pade, il partito filokurdo ezida, che si è fatto carico della tutela della nostra ospitalità e sicurezza a Khamasur.
Il Centro sanitario di Serdest
Siamo al Centro sanitario di Serdest che, come associazione Verso il Kurdistan, grazie anche al contributo di Fonti di Pace, abbiamo realizzato nel villaggio di Serdest, a Shengal. Verrà inaugurato nelle prossime settimane.
Oggi, droni turchi hanno bombardato il villaggio di Xelef, vicino a Shengal.
Ci comunicano che, oggi, per la prima volta dopo undici anni, funzionari delle Nazioni Unite hanno visitato il Campo rifugiati di Makhmour.
“Associazione verso il Kurdistan”
Per contatti:
Antonio Olivieri tel. 335 75 64 743