In morte di Sarina Ingrassia
Deceduta a Monreale la decana del volontariato e dell’associazionismo siciliano
Quando l’affetto, la stima e la vicinanza ideale con una persona che ci ha lasciati si mischia con il dovere di raccontarla a chi non l’ha conosciuta – o non l’ha conosciuta abbastanza – succede che certi articoli non si vorrebbe scriverli.
Avevo già pensato che dovevo cominciare a raccogliere le idee sul percorso umano e sociale di Sarina Ingrassia perché si perdesse meno possibile di uno straordinario patrimonio ideale, quando, durante il nostro ultimo incontro, compresi che Sarina aveva deciso che il suo percorso si dovesse fermare lì.
Si, perché mi piace pensare che Sarina avesse discusso anche del Suo trapasso con il Padreterno che amava profondamente, ma con il quale aveva un rapporto molto dialettico che la portava anche ad adirarsi con Lui per il dolore degli ultimi, lei donna che aveva preso sempre sopra di sé la responsabilità di occuparsi delle ingiustizie sociali, mai lasciate solo al Cielo.
Se si vuole rischiare la sintesi di una vita più intensa di quanto non sia stata lunga, si deve parlare di una storia esemplare di donna impegnata nel mondo della povertà e dell’emarginazione che ha rappresentato apparenti contraddizioni che erano il segno di una dedizione completa verso gli altri che, però, non faceva velo ad una grande autonomia di coscienza e di pensiero.
Donna che si sentiva parte della Comunione della Chiesa, ma consapevole della compresenza in Essa di sensibilità e comportamenti diversi, talvolta inconciliabili.
Una Chiesa di base
Sarina era fautrice di quella Chiesa di base che aveva contribuito a costruire nel tempo con i gruppi comunitari degli anni ’60 e ’70 e, grazie ad una grande “curiosità” intellettuale ed ad una anticonformistica apertura spirituale, incrociò esperienze innovative, più autenticamente ispirate ad una pratica evangelica, come quella della Comunità di Taizè fondata dal monaco Frère Roger.
Questa sua predilezione per una Chiesa “di strada” rivolta al dolore degli ultimi non poteva che determinare in lei una netta opposizione, “senza se e senza ma”, a parte significativa della nomenclatura clericale, soprattutto della importante Diocesi della sua Monreale, dominata per lungo tempo dal Vescovo Cassisa, esponente di una Chiesa di potere e chiaccheratissimo, insieme al suo entourage, perché coinvolto in diverse inchieste giudiziarie sulla gestione economico-finanziaria della Diocesi, con sullo sfondo rapporti inquietanti con mafia, politica ed affarismo.
La laicità della vita pubblica
Ma la diversità di opinioni con la Chiesa, soprattutto nelle articolazioni a lei più vicine, non riguardava solo il profilo di coerenza delle gerarchie, ma anche due aspetti fondamentali sul piano concettuale, ossia l’affermazione della laicità nella vita pubblica – più nella pratica che nelle enunciazioni – e il rispetto della solidarietà verso i bisognosi, ma sempre in una logica di promozione sociale e di superamento politico delle forme di ingiustizia sociale.
Per comprendere insieme la straordinaria dedizione e l’incondizionata generosità di Sarina, ma anche per rilevarne la sua impostazione di operatrice sociale, basta riportare un episodio degli ultimi giorni della sua vita, quando visitata da un’associazione di volontariato che meritoriamente assiste i malati terminali di cancro, minimizzando sulla sua dolorosissima situazione, chiedeva al medico se poteva indicargli una brava nutrizionista che potesse dare delle informazioni ad alcune mamme dei suoi amati bambini del quartiere in difficoltà della Bavera che non avevano strumenti adeguati per curare una corretta alimentazione dei figli.
Contro tutte le forme di povertà
Quanto al superamento dello status quo, Sarina, donna schiva e refrattaria ad ogni forma di appariscenza personale, superò la sua esitazione a raccogliere la proposta di Rita Borsellino a candidarsi alle elezioni regionali del 2006, dettando, però, condizioni per un’attenzione particolare nell’attuazione del programma politico alla lotta contro tutte le forme di povertà – materiale e culturale – e di un rigore assoluto nella composizione della lista, da rendere inaccessibile ai trasformisti della politica che confondono realismo politico con incoerenza ed opportunismo.
Bella l’immagine di questa piccola donna, tanto schiva e modesta, che, però, non si sottraeva al compito di salire sul palco del suo affollato e vibrante comizio di conclusione della campagna elettorale durante un affollatissimo concerto spontaneamente organizzato per lei nella piazza di Monreale da giovani artisti, venuti per l’occasione anche da lontano.
Volle fortissimamente la sede della sua associazione “il Quartiere” – sempre aperta ai bisogni della gente – in una piccola casa tra le altre modeste case di cui, però, presto e suo malgrado, si diffuse la notorietà che portò stuoli di visitatori da tutto il mondo per conoscere questa esperienza di intervento sociale e divulgarla attraverso interessantissimi servizi giornalistici.
Sarina fu punto di riferimento di tantissimi giovani – monrealesi e non – passati dall’impegno nell’associazione, ma anche di un ben più vasto mondo dell’associazionismo siciliano impegnato nel sociale dove lei, grazie alla sua apertura intellettuale, rappresentava un punto avanzato di innovazione nell’intervento nel territorio, senza trascurare il tratto del calore umano per una vera promozione sociale.
Guardando i tantissimi volti che gremivano il Duomo di Monreale per rendere l’ultimo omaggio a Sarina, il pensiero sfuggiva e si confondeva tra tante immagini e arrivava a fissarsi per un attimo perfino nel testo di una canzone di Vasco Rossi: “Quando cammino in questa valle di lacrime vedo che tutto si deve abbandonare: niente dura, niente dura e questo lo sai. Però non ti ci abitui mai”.
Forse, molta della nostra realtà sta come espressa dalla sensibilità del poeta. E, infatti, non ci si abitua mai alla scomparsa di una piccola donna così modestamente importante, magari semplicemente provando ad andare avanti, come piacerebbe a lei, sulla strada dell’ostinata ricerca della giustizia sociale.