In mezzo al mare…
Un mare di guai. Alberto Di Marzo, sindaco di Pantelleria, si è dimesso dopo essere finito agli arresti domiciliari, lo scorso 22 maggio. L’accusa è di quelle pesanti. Corruzione
Alberto Di Marzo è stato eletto sindaco dell’Isola nel 2010 con la lista civica “Pantelleria Libera”. Per lui è stato un felice ritorno. Perché la carica l’aveva già ricoperta anni prima. Fino al 2002. E anche allora tutto si fermò bruscamente.
Venne arrestato con l’accusa di aver compiuto estorsioni a danno di imprenditori in un contesto dove – secondo la Squadra Mobile di Trapani – “un gruppo di potere usava metodologie di tipo mafioso” per gestire l’isola di Pantelleria. Assieme a lui furono arrestati due imprenditori, Antonio e Antonino Messina, e l’ex consigliere comunale di Paceco, Pietro Leo.
In tasca, il giorno dell’arresto, Di Marzo aveva foglietti di carta con cifre e nomi. Per gli inquirenti era il libro mastro delle sue estorsioni.
Poi ci sono testimoni e intercettazioni molto compromettenti. Il sindaco e gli altri finiscono sotto processo. In primo grado “u galeotto” viene condannato a 3 anni e 6 mesi, cade però l’aggravante mafiosa. In appello la sentenza viene ribaltata: assolto perché “non ha commesso il fatto”. Per i giudici quindi non era assolutamente un estorsore, ma si prestava al gioco per salvaguardare l’ordine pubblico nell’isola ed evitare guai peggiori agli imprenditori. Gli viene riconosciuta l’ingiusta detenzione, e quindi un risarcimento da parte dello Stato
Se a Di Marzo finisce sostanzialmente bene, il Comune di Pantelleria attraversa una delle sue fasi più tristi. Perché viene sciolto nel 2003 per “ripristinare la legalità”. Poi, tutto come prima. Di Marzo nel 2010 diventa di nuovo sindaco. Riesce a parlare alla pancia delle persone. Promette tanto. E’ energico. E dopo neanche due settimane dalla sua elezione prende la prima mazzetta. Questo esce dall’inchiesta della Procura di Marsala.
“Una vicenda inquietante, rivelatrice di un malaffare localmente diffuso”, sintetizzano così gli inquirenti. Ma non è il classico caso di mazzette. Anche la Procura si sorprende.
C’è un imprenditore edile di Alcamo, Ernesto Emmolo. Con il sindaco di Pantelleria sono in ottimi rapporti. Si conoscono da tempo. Le imprese di Emmolo hanno lavorato parecchio sull’isola durante la precedente sindacatura di Di Marzo. L’inchiesta parte proprio da lui. Un giorno Emmolo va in Procura e racconta tutto. Racconta che il sindaco prendeva le mazzette. Lo definisce un uomo “vorace e privo di scrupoli”. Si accusa da solo Emmolo. Racconta che per un lavoro da 3 miliardi delle vecchie lire fatto sull’isola, diede a Di Marzo mazzette per 120 milioni.
Ma i fatti che lo portano a parlare sono altri. Più recenti. Più familiari. Quando Di Marzo si ricandida, due anni fa, Emmolo accorre. Gli propone di aiutarlo con la campagna elettorale, in cambio però doveva far assumere il figlio Dario, un ingegnere idraulico, al Comune. Il sindaco è d’accordo, ma non basta l’aiuto. Vuole 50 mila euro, di cui 10 mila subito. Si vedono dieci giorni dopo l’elezione. Emmolo dà la mazzetta al sindaco che però non è soddisfatto. Vuole anche un gingillo per la moglie, gli Emmolo ad Alcamo hanno una avviata gioielleria. Dopo qualche giorno l’alcamese gli porta anche la collanina da 800 euro.