giovedì, Novembre 21, 2024
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In mezzo al mare…

Un mare di guai. Al­berto Di Marzo, sinda­co di Pan­telleria, si è di­messo dopo essere fi­nito agli arresti domi­ciliari, lo scorso 22 maggio. L’accusa è di quelle pesanti. Corru­zione

Alberto Di Marzo è stato eletto sin­daco dell’Isola nel 2010 con la lista ci­vica “Pantelleria Libera”. Per lui è sta­to un fe­lice ritorno. Perché la carica l’aveva già ricoperta anni prima. Fino al 2002. E an­che allora tutto si fermò brusca­mente.

Venne arrestato con l’accusa di aver compiuto estorsioni a danno di imprendi­tori in un contesto dove – se­condo la Squadra Mobile di Trapani – “un gruppo di potere usava metodologie di tipo ma­fioso” per gestire l’isola di Pantelleria. Assieme a lui furono arrestati due im­prenditori, Antonio e Antonino Messina, e l’ex consigliere comunale di Paceco, Pietro Leo.

In tasca, il giorno dell’arresto, Di Mar­zo aveva foglietti di carta con cifre e nomi. Per gli inquirenti era il libro ma­stro delle sue estorsioni.

Poi ci sono testi­moni e intercettazioni molto compromet­tenti. Il sindaco e gli altri finiscono sotto processo. In primo grado “u galeotto” viene condannato a 3 anni e 6 mesi, cade però l’aggravante mafiosa. In appello la sentenza viene ri­baltata: assolto perché “non ha commes­so il fatto”. Per i giudici quindi non era assolutamente un estorso­re, ma si presta­va al gioco per salvaguar­dare l’ordine pubblico nell’isola ed evita­re guai peg­giori agli imprenditori. Gli viene ricono­sciuta l’ingiusta detenzione, e quindi un risarcimento da parte dello Stato

Se a Di Marzo finisce sostanzialmente bene, il Comune di Pantelleria attraversa una delle sue fasi più tristi. Perché viene sciolto nel 2003 per “ripristinare la lega­lità”. Poi, tutto come prima. Di Marzo nel 2010 diventa di nuovo sindaco. Rie­sce a parlare alla pancia delle persone. Promette tanto. E’ energico. E dopo neanche due settimane dalla sua elezione prende la prima mazzetta. Questo esce dall’inchiesta della Procura di Marsala.

“Una vicenda inquietante, rivelatrice di un malaffare localmente diffuso”, sinte­tizzano così gli inquirenti. Ma non è il classico caso di mazzette. Anche la Pro­cura si sorprende.

C’è un imprenditore edile di Alcamo, Ernesto Emmolo. Con il sindaco di Pan­telleria sono in ottimi rapporti. Si cono­scono da tempo. Le imprese di Emmolo hanno lavorato parecchio sull’isola du­rante la precedente sindacatura di Di Marzo. L’inchiesta parte proprio da lui. Un giorno Emmolo va in Procura e rac­conta tutto. Racconta che il sindaco pren­deva le mazzette. Lo definisce un uomo “vorace e privo di scrupoli”. Si accusa da solo Emmolo. Racconta che per un lavo­ro da 3 miliardi delle vecchie lire fatto sull’isola, diede a Di Marzo mazzette per 120 milioni.

Ma i fatti che lo portano a parlare sono altri. Più recenti. Più familiari. Quando Di Marzo si ricandida, due anni fa, Em­molo accorre. Gli propone di aiutarlo con la campa­gna elettorale, in cambio però doveva far assumere il figlio Dario, un ingegnere idraulico, al Comune. Il sinda­co è d’accordo, ma non basta l’aiuto. Vuole 50 mila euro, di cui 10 mila subi­to. Si vedono dieci giorni dopo l’elezio­ne. Em­molo dà la mazzetta al sindaco che però non è soddisfatto. Vuole anche un gingil­lo per la moglie, gli Emmolo ad Alcamo hanno una avviata gioielleria. Dopo qual­che giorno l’alcamese gli porta anche la collanina da 800 euro.

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