Il vigile-cronista che fece paura alla mafia
Reggio Emilia. “Qua la mafia non esiste”. Davvero? Parte un’inchiesta…
Uno dice: fare il giornalista. Girare il mondo, stare in prima linea, guardarsi intorno e raccontare quel che si vede. Facile a dirsi. La storia del giornalista-cittadino Ungaro Donato rasenta il paradosso, perché ambientata a Reggio E. e non a Reggio C. Donato oggi guida un autobus della linea urbana del comune di Bologna e non vive più tra Brescello e Boretto, dove 14 anni fa l’ho conosciuto quando faceva il vigile urbano e ha iniziato a scrivere.
Siccome la colpa del fatto che lui abbia il tesserino dell’ordine dei giornalisti di Emilia Romagna in tasca è anche mia, ecco la sua storia. Nel 2000 e fino alla fine del 2004, ero sbarcato a Reggio Emilia per fare il capocronista delle pagine della provincia della “Gazzetta di Reggio” (gruppo Espresso), ma quelle pagine era vuote di corrispondenti.
A Brescello, Bassa ovest, il paese dei film sui libri di Guareschi, il giornale non poteva contare su nessuno. No corrispondenti, no news. Un disastro. Un giorno mi chiama il nostro fotografo, Ermes Lasagna, da laggiù, in riva al Po e mi dice che c’è un ragazzo in gamba che fa il vigile ma è fissato che vuole fare il cronista. Si chiama Ungaro e se voglio me lo presenta. Un vigile corrispondente è la soluzione migliore. Conosce tutti e sente tutto. Non buca nulla. L’indomani arriva in redazione questo ragazzo che sembra un moschettiere. Assunto. Non ha mai scritto un articolo, non conosce le regole e ha Guareschi come mito, ma imparerà, perché è una scheggia e ha il tarlo delle notizie.
Gli spiego i rudimenti: attacco dove-ci-deve stare-tutto, soggetto, predicato eccetera, eccetera, frasi brevi, discorso diretto tra virgolette.
Commenti mai e comunque sempre separati dai fitti. Notizie, soprattutto notizie. Lui parte come se avesse avuto l’incarico per scrivere sulle pagine locali del “New York Times” e si scatena. Trova notizie, racconta, disvela, scopre il gusto di fare notizia. Spesso sono notizie clamorose, per quei luoghi.
Ad esempio: in quegli anni, lungo l’asse del Po, stavano costruendo la nuova linea della Tav. A Reggio Emilia e provincia poi in pochi anni il numero dei residenti è aumentato di decine di migliaia di unità. La crisi non è ancora arrivata e le imprese edili locali (in gran parte gestite da cutresi) costruivano opere e case a ritmi vertiginosi. Non tutti i cutresi sono mafiosi, ma ci sono anche mafiosi tra loro e sono quelli che negano la mafia e, se qualcuno dice che esiste, accusano l’interlocutore di voler discriminare tutti i cutresi.
La sabbia del Po era preziosa, per lavori pubblici e privati. Un’impresa (la Bacchi, reggiana doc, sede a Boretto, proprio lungo l’argine del fiume, poi indagata dalla procura di Reggio E.), estraeva abusivamente sul Po, poi trasportava di notte, facendo concorrenza sleale alle aziende locali che rispettavano leggi e regolamenti su carico, dimensioni, orari, contratti di lavoro. La Forestale si appostava sulle sponde del fiume e indagava sugli abusi della ditta Bacchi.
Il corrispondente da Brescello…
Il corrispondente da Brescello, Donato Ungaro, dopo mesi a farsi le ossa tra incidenti stradali, furtarelli, rapine e consigli comunali, ormai fiuta i fatti e non li molla. Quando stacca il suo turno in municipio, si scatena: con il fotografo Ermes Lasagna fanno coppia di cronaca che è una meraviglia. Nell’inverno del 2001, durante una nevicata, Ungaro filma le escavazioni illegali e noi pubblichiamo tutto (fermi immagine, perché ancora le pagine web in quell’epoca non esistono). Il video di Donato poi lo diamo in procura al pm che si occupa delle indagini.
Qualche settimana dopo al cronista Ungaro, ignoti tagliano le ruote della macchina, per due volte e di notte.
Come a Catania o a Cutro, ma siamo a Boretto, provincia di Reggio (nell’Emilia), nord ricco e civile del Paese, provincia tricolore e della Resistenza, a dieci minuti dal museo Cervi. Eppure quando lui racconta al giornale dei copertoni squarciati, molti lo prendono per matto, un po’ mitomane: “Ma va là, siamo a Reggio qui… avrai forato. Qui non accadono queste cose!”.
Io gli dico di andare dai carabinieri e lui quando ci va quasi lo dissuadono dallo sporgere denuncia. Lui lo fa lo stesso. Poi, fuori dal giornale, arriva un signore che mi dice: “E’ lei che fa il capo qui? Ma lei ce l’ha con i calabresi?”. Lo mando a quel paese in siciliano e un mio collega reggiano mi dice: “Ma non lo sai chi è quello?”. Era un Grande Aracri, della omonima famiglia di Cutro, residente a Brescello, frazione di “Cutrello” (un quartiere chiamato così perché costruito in golena e abitato da immigrati calabresi arrivati lì negli anni Ottanta): ora Grande Aracri è finito al centro del blitz antimafia scattato in sei Regioni del nord il 28 gennaio 2015, ma allora era un “noto imprenditore edile”. E allora, la mafia non esisteva a Reggio E.
Non per Ungaro che aveva capito quasi tutto. Anche perché in piazza a Brescello, c’è sempre qualcuno che lo avvicina e gli consiglia di stare cauto. Oppure chi, come un cutrese che abita a “Cutrello” che gli dice di andarci piano con quelle storie scritte sul giornale.
Qualche settimana dopo quello scoop sul Po, Ungaro porta in redazione un’altra bella storia: un misterioso progetto di centrale a turbogas (con la medesima compagnia di giro coinvolta nell’affare) da smontare in Portogallo e rimontare qui sul Po, su terreni agricoli. E quella è la volta che a Ungaro gliela fanno pagare. L’allora sindaco di Brescello, Coffrini, licenzia in tronco il vigile urbano-cronista: Coffrini fa l’avvocato ed è padre del sindaco Coffrini junior che ora – dodici anni dopo il padre – nega insieme al parroco la presenza della mafia nel suo comune, l’uno e l’altro epigoni poco letterari di Peppone e don Camillo.
“Il vigile Ungaro Donato lavora poco e propala notizie riservate del Comune”, fu la motivazione del licenziamento. Falsa, perché della centrale a turbogas non c’era traccia negli atti comunali (e questo era il problema, progetto “segreto”). L’operazione antimafia di mercoledì 28 gennaio 2015 ha stabilito che nel 2009 le elezioni comunali a Brescello furono inquinate dal voto mafioso. Ungaro lo scriveva 12 anni fa.
Ecco chi è Donato Ungaro. Ora, l’imprenditore reggiano che scavava sabbia abusivamente e che – come accertato dalla procura di Reggio E. – faceva concorrenza sleale alle ditte oneste reggiane, ha subito per questo vari sequestri in base alle norme antimafia. Ma allora era molto protetto e protestava con il mio giornale, mi telefonava: “Ma lei ce l’ha con me? Venga a farsi una gita sul mio vaporetto sul Po…”. Lui organizzava crociere per gente che contava. Io non ci sono andato e neppure Ungaro, ma molti giornalisti locali sì.
E ora? Quando sono andato via da Reggio, Ungaro è rimasto lì a cercare di fare il suo lavoro, ma alla fine gli hanno detto che scriveva male (come se le redazioni non fossero piene di tronfi e analfabeti scrittori del nulla) e che non c’erano più soldi, la crisi dell’editoria, sai… Arrivederci e grazie. Due parole bastano per fare a meno di gente come Ungaro. Lui non ha mollato, ha girato per altri giornali e tv, poi si è fatto riconoscere il praticantato. Ha superato gli esami e ha preso il tesserino rosso da professionista.
Siccome però non riusciva a vivere di cronache che nessuno pagava, Donato è andato a Bologna e ha trovato un posto da autista di pullman che partono dalla stazione di Bologna. Poi ha avuto problemi di sciatica e ora lavora in ufficio. E’ direttore del giornalino “Piazza Grande” dei sans papiers bolognesi, scrive libri su Guareschi. E aspetta la sentenza della Cassazione per essere riassunto al comune di Brescello: in appello, ha vinto. Licenziamento illegittimo. Se vince la causa, però, non farà più l’autista e neanche il vigile urbano. In fondo, è lui, Ungaro Donato, che ha scoperto che la mafia esiste anche a Reggio Emilia…
Ottimo articolo. Occorre sostenere Donato nel riavere il suo posto di lavoro e nella su comunita’. Pur essendi di Reggio Emilia non sapevo del prezioso lavoro da lui svolto. Alla luce di questo racconto e’ Coffrini che se ne deve andare. Vergogna anche per la Gazzetta che a RE e’ molto servile verso il PD