Il regno delle Due Italie
Raramente questo Paese è stato così diviso com’è ora. Non c’entra la geografia e manco la politica, che a questo punto è rimasta molto indietro. La spaccatura è secca e bruta, alla Bava Beccaris, fra una plebe e una Corte. Disoccupazione al 12,5 per cento, ma “in netto rialzo Piazza Affari”. Persi, fra i 25 e i 34enni, due milioni di posti di lavoro: ma non scemano affatto i consumi di lusso. Siamo, teoricamente, al terzo governo “risolutivo” ma la governanza reale, in realtà, è da tempo passata in altre mani.
Le manganellate di Roma sono, in questo contesto, il punto di svolta. Non che sia successo nulla di straordinario: negli anni Cinquanta la polizia di Scelba picchiava abbastanza spesso gli operai. E’ che eravamo convinti di essere nel 2014, fra tweet, telefonini, economie planetarie e lìder sofisticati e volitivi. Invece siamo proprio negli anni Cinquanta, con gli operai e i padroni, nonché i disoccupati e gli emigranti (che ormai sono di nuovo di più, dopo un secolo, degli immigrati).
Gli operai, i padroni, i ricchi, i poveracci, il manganello: vedete che linguaggio arcaico, proprio vetero-coso? La colpa però non è mia, è delle cose. Nel medioevo sociale che stiamo attraversando non potete ormai pretendere altre parole. L’Europa, l’euro, i peppegrilli, i leopoldi son roba da fantascienza, da post-Duemila. Nel nostro mondo reale – che con stampa e tv non c’entra un fico: e anche questo fa molto anni ’50 – siamo ancora alle prese coi borboni. E come ci vorrebbe un Garibaldi!
Le Due Sicilie si son molto allargate (senza peraltro riuscire a diventare Europa): Milano è la Catania del nord e Reggio Emilia è sulla Sila; Torino è finita a Detroit e a Firenze su’ Altezza il Granduca, uomo di mondo, ammonisce i cortigiani che “ci vole l’orologgio, oggimai, ‘un gli è più tempo di clessidre! S’è mica meno moderni deì giacobbini!”.
(Applausi, manganellate sul pubblico e sipario)
I Siciliani
Cittadino Orioles,
pensa Lei che le pecore appaiano dove sono i lupi, oppure che siano i lupi ad apparire dove sono le pecore?
L’Italia è in mano ai delinquenti perché una colonia di SERVI congeniti – in quasi settant’anni di votazioni – l’hanno messa e confermata nelle loro mani. Questa è stata la ferma volontà delle pecore: di farsi sbranare, una dopo l’altra, nella più completa rassegnazione ed omertà!
Lei non ci sta a farsi sbranare? Nemmeno io, a dire il vero! Ma siamo una sparuta minoranza, e, in Democrazia, conta la maggioranza: delle pecore, nella fattispecie.
Siamo capitati molto male, non c’è che dire. Che io veda, ci sono due alternative per noi sparuta minoranza: la valigia o la lotta. Quella della valigia è relativamente facile, quella della lotta estremamente difficile, non solo per l’imparità delle forze, ma soprattutto perché – per lottare e vincere – occorre avere la capacità critica di individuare la CAUSA del nostro male nazionale, e su di essa agire.
Ce l’abbiamo questa capacità? Oppure siamo smarriti fra i mille EFFETTI? Se ci leggiamo attorno, osserviamo chi addossa la responsabilità ai Partiti, chi a questo o a quell’altro uomo politico, chi alle mafie, chi al Presidente della Repubblica, chi, ancora, ai massoni ed altre organizzazioni occulte, chi ai Servizi segreti, chi alla povertà e chi alla presente crisi economica. Per non parlare, poi, dell’Euro, dell’Europa, della CIA e persino delle scie chimiche. Il Vaticano non escluso.
Ritorno a porre la domanda iniziale, cambiando questa volta i nomi per capirci un po’ meglio: sono i padroni a determinare i servi, oppure i servi a determinare i padroni?
Se soltanto un milione di Italiani – su cinquanta milioni di popolazione adulta – possiamo convenire che è una mentalità SERVILE a determinare la presenza dei padroni di tutte le risme, e che questa mentalità è la fonte primaria e “causale” responsabile del nostro disastro sociale, allora – ne sono profondamente convinto – noi avremo messo le mani sulla causa da distruggere: noi saremo di già a metà dell’opera!
Ora, tutte le nostre forze possono convergere sul lancio di una Rivoluzione Culturale diretta ai nostri bambini, dall’asilo nido fin su alle scuole superiori e all’Università. Non importa che non abbiamo una maggioranza in Parlamento per investire la Scuola Pubblica della responsabilità di questa Rivoluzione. Infatti, non importa nemmeno che non siamo in Parlamento: con un solido programma didattico mirato a risalire la china in cui siamo precipitati nell’ultimo trentennio, ma soprattutto mirato ad ELEVARE i SERVI che siamo a CITTADINI che non siamo – e mai siamo stati -, con una Televisione nazionale in nostro possesso, e con una Scuola Telematica, noi potremo – in un solo ventennio – buttare le fondamenta di una Italia nuova e gloriosa: la luce della nuova Civiltà Occidentale.
Oppure possiamo fare le valigie!
Cordialmente.