Basilicata. Il primo lido confiscato ai mafiosi
In provincia di Matera lo Squalo Beach è diventato Onda Libera
Secondo l’Agenzia Nazionale dei beni sequestrati e confiscati, nel 2015 la Basilicata contava trentuno beni confiscati alle mafie. Oggi il numero è aumentato di più del doppio, portandosi a settantasei. Ciò non vuol dire che il territorio lucano sia “sano” rispetto alle regioni limitrofe. Si è infatti assistito negli ultimi anni a una manovra di conquista da parte delle mafie, perlopiù ‘ndrangheta e Sacra Corona Unita, attratte dalle risorse naturali e interessate a sfruttare il territorio per lo smaltimento illecito dei rifiuti.
Attualmente dei quarantacinque immobili in gestione, trenta sono confiscati in via definitiva, suddivisi tra unità immobiliari domestiche e terreni agricoli. Con il progetto-ricerca BeneItalia, Libera ha censito le diverse realtà regionali, per analizzare quelle che attualmente si occupano della gestione e del riutilizzo dei beni immobili confiscati alle mafie. In Basilicata l’esito della ricerca ha rivelato che vi sono, al momento, soltanto due soggetti del terzo settore che gestiscono beni immobili confiscati e riutilizzati all’interno del territorio lucano. Uno di questi detiene però un primato: è il primo stabilimento balneare confiscato alle mafie. Infatti, dove una volta c’era lo stabilimento Squalo beach, a Scanzano Ionico in provincia di Matera, ora sorge il lido Onda Libera, diventando nel settembre 2011 un “lido per la formazione della legalità democratica e della corresponsabilità”, come riporta il sito dell’associazione contro le mafie.
Lo Squalo Beach è stato sequestrato al clan tarantino degli Scarci il 30 settembre del 2011 nell’ambito dell’operazione Octopus. Secondo l’accusa, il lido, intestato ai figli e ai nipoti di Franco Scarci, di fatto veniva gestito dal boss, divenendo la base logistica per la pesca di frodo con esplosivi, e location per le riunioni con i clan amici. “Tutt’ora è uno stabilimento balneare. – spiega Michele Di Gioia, presidente della Cooperativa sociale Onda Libera – Con l’aiuto delle energie positive del territorio ci abbiamo fatto attività sportive, ricreative e artistiche. Così il Lido è tornato a vivere, ma in una modalità differente: da luogo d’incontro e trattative per scambi e accordi tra gruppi criminali lo si è trasformato in un bene comune dove vivere in maniera legittima, e legale, la vita balneare. Una conquista a cui sono seguiti atti intimidatori, che però non hanno fermato il progetto: su questa spiaggia oggi si svolgono anche attività sociali e culturali e ludiche, rivolte in particolare ai gruppi di giovani che partecipano annualmente a E!State Liberi, il campo di volontariato che Libera organizza in tutt’Italia nel periodo estivo. Difatti questo lido lucano, insieme ai servizi balneari, costituiti da ombrelloni, sedie a sdraio e lettini e da una piccola ristorazione, intende creare uno spazio partecipato, sostenibile, inclusivo e accessibile per sensibilizzare gli ospiti alla promozione della cultura della legalità, alla conoscenza e al rispetto dell’ambiente.
Dal 2011 a oggi sono stati fatti passi da gigante: infatti, dopo il sequestro, gli amministratori giudiziari decidono di sollecitare l’interesse a prendere in gestione questo stabilimento. Libera risponde all’appello. “Dal 2012 al 2014 – continua Di Gioia – lo gestisce in maniera del tutto autonoma, riformando e dando nuovo utilizzo alla spiaggia; dal 2015 subentra la nostra cooperativa sociale OndaLibera, che fornisce e aggiunge gli usuali servizi da spiaggia quali ombrellone, bagno e ristorazione. L’idea che però entrambe abbiamo voluto mantenere come fondamenta della gestione del riutilizzo è che ogni attività da noi proposta e svolta sarebbe stata a sfondo di legalità e giustizia, contrastando a viso aperto e rinnovando il suo sporco passato. Inoltre la gestione precedente era effettuata totalmente in nero, mentre attualmente stiamo svolgendo un tipo di economia totalmente legale che garantisce benessere e diritti a chiunque”. Nei primi anni l’azione di risanamento dello stabilimento balneare è stata accolta con diffidenza dalla cittadinanza, ancora in parte restia ad avvicinarsi alla nuova realtà. “L’impatto è stato forte – afferma il presidente di Onda Libera – perciò c’è voluto del tempo per metabolizzarlo. Ma alla fine il nostro messaggio ha toccato anche le loro vite e abitudini; è divenuto comune, sostenuto spontaneamente da sempre più persone del posto, e non più esclusivamente dai ragazzi e volontari di Libera”.
Se farsi conoscere e apprezzare non è facile, ancor più complicato è portare avanti il lavoro delle cooperative, tra difficoltà economica e isolamento territoriale. “Ciò che più mi preoccupa, e che dà più problemi ai beni sequestrati e confiscati – riflette Michele Di Gioia – è che spesso necessitano di una spinta economica per poter rilanciarsi nel mercato: da soli non hanno speranze di potere competere o anche solo di sopravvivere. Secondo me questo sarebbe un ottimo punto da analizzare e valutare in un’eventuale revisione della legge riguardo la gestione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie”.
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