Il nostro sogno… sarà realtà
Un gruppo di amici che allora erano giovani cominciò a fare doposcuola nel povero quartiere di San Cristoforo a Catania. Tanto giovani si sentivano, e spavaldi e pronti all’azione, da metterlo orgogliosamente sulla bandiera: “Giovani Assolutamente Per Agire”: brevemente, il Gapa. Da allora sono passati venticinque anni. Al doposcuola negli anni si sono affiancati parecchi altri strumenti di liberazione (uno è il giornale che state leggendo), e ai giovani di allora si sono uniti le ragazze e i ragazzi della seconda e terza generazione. La lotta alla mafia, nei quartieri e per strada, si fa così, come insegnavano Caponnetto e Fava. Essi adesso sperano ragionevolmente di vincerla, in un futuro non eccessivamente lontano. Ma è bene ricordarsi sempre da dove questo cammino è cominciato: dal fondare, in mezzo ai poveri, una scuola
San Cristoforo, febbraio 1988
Seduti in quei gradini delle “scuole rosse”, in via della Concordia discutevamo con Luca, un bambino dagli occhi e le mani grandi, lo sguardo era imperninente, con una vivacità arrogante, irrequieta che ostentava “spacchiosaggine”.
Cercavamo di convincerlo che era importante fare i compiti e che il nostro doposcuola era anche per lui. Lui ci rispondeva che non gliene fregava nulla della scuola, che la sua scuola erano le strade di San Cristoforo.
Luca aveva dieci anni, e un padre detenuto perché soldato della mafia, appartenente alla cosca Santo Mazzei, detto “’u carcagnusu” collegato con la famiglia Santapaola.
E si sa, quando un membro della cosca è detenuto, è questa stessa che pensa al mantenimento della famiglia e di far da “tutori” ai figli.
Luca si voleva fare bello davanti a noi e ci disse: “’a scola è ppe fissa! Ammia m’interessa ‘u motorino e i soddi”.
E quando noi ribattemmo che la scuola poteva essere un modo per avere un lavoro onesto e guadagnare rispose: “Magari ‘u travagghiu è ppe fissa!”
E poi con un sorriso indisponente ribattè: “appena aju ‘u motorino minni vaiu a fari rapini, tanto a pistola asacciu maniari”, restammo di stucco a tale dichiarazione e venne spontaneo dire: “ma cosa dici?” “ìu ti dicu ca ‘a pistola ‘a sacciu maniari, l’amici di me patri mu ‘n’insignanu. L’autra vota mi puttaru n’a sciara vicinu ‘a via Barcellona e mi ficiru avvidiri comu si spara e poi mi resuru ‘a calibru trentottu n’de manu…
Assemblea GAPA, giugno 1992
… “La voce calma e trepidante di uno di noi, che prende la parola quando l’assemblea sta per sciogliersi, ci richiama bruscamente alla mente le immagini di quel drammatico 23 maggio e, per un’associazione di idee lontane ma non troppo, i volti dei nostri bambini e i loro occhi costretti a vedere tutti i giorni drammi di ogni genere: cumuli di immondizia al posto degli spazi verdi, scuole senza aule, adolescenti in tuta da meccanico, piccoli rapinatori, spietati assassini. Davvero abbiamo fatto per loro tutto quanto si poteva?
Ho pensato molto, in quest’ultimo periodo, a quello che facciamo, a quello che potremmo fare, a quello che siamo. In questi anni di rapporti con questi bambini, con il quartiere, abbiamo capito tante cose, abbiamo toccato con mano come vivono e cosa pensano i suoi abitanti. Ho avvertito, parlando con alcuni di voi, il disagio, la rabbia, la voglia di fare qualcosa di diverso.
E’ arrivato il momento di scommettere di più in prima persona, per cambiare veramente qualcosa. La strage di Capaci ha solo confermato, per chi non se ne fosse accorto, che così non si può più continuare.
Bisogna vivere nel quartiere 24 ore su 24. Potremmo utilizzare i locali della scuola A. Doria di Via delle Calcare, abitandoli e facendoli diventare un punto di riferimento per quelli che ancora ci credono. Vi prego non fate calcoli e non pianificate tutto per ora. Ragionate molto con il cuore e poco con la testa”.