giovedì, Novembre 21, 2024
-mensile-PeriferieStorie

Il nostro sogno… sarà realtà

Un gruppo di amici che allora erano giova­ni co­minciò a fare do­poscuola nel povero quartie­re di San Cri­stoforo a Catania. Tan­to giovani si sentivano, e spavaldi e pronti all’azio­ne, da metterlo orgogliosa­mente sulla bandiera: “Giovani Assoluta­mente Per Agire”: breve­mente, il Gapa. Da allora sono pas­sati venticinque anni. Al doposcuo­la negli anni si sono affian­cati parecchi altri stru­menti di libe­razione (uno è il giornale che state leg­gendo), e ai giovani di al­lora si sono uniti le ragazze e i ra­gazzi della seconda e terza ge­nerazione. La lotta alla mafia, nei quartieri e per stra­da, si fa così, come insegnava­no Capon­netto e Fava. Essi adesso spe­rano ragionevolmen­te di vin­cerla, in un futuro non eccessi­vamente lontano. Ma è bene ri­cordarsi sempre da dove questo cam­mino è cominc­iato: dal fondare, in mezzo ai poveri, una scuo­la

San Cristoforo, febbraio 1988

Seduti in quei gradini delle “scuole rosse”, in via della Concordia discuteva­mo con Luca, un bambino dagli occhi e le mani grandi, lo sguardo era imperni­nente, con una vivacità arrogante, irre­quieta che ostentava “spacchiosaggine”.

Cercavamo di convincerlo che era im­portante fare i compiti e che il nostro do­poscuola era anche per lui. Lui ci rispon­deva che non gliene fregava nulla della scuola, che la sua scuola erano le strade di San Cristoforo.

Luca aveva dieci anni, e un padre dete­nuto perché soldato della mafia, apparte­nente alla cosca Santo Mazzei, detto “’u carcagnusu” collegato con la famiglia Santapaola.

E si sa, quando un membro della cosca è detenuto, è questa stessa che pensa al mantenimento della famiglia e di far da “tutori” ai figli.

Luca si voleva fare bello davanti a noi e ci disse: “’a scola è ppe fissa! Ammia m’interessa ‘u motorino e i soddi”.

E quando noi ribattemmo che la scuola poteva essere un modo per avere un la­voro onesto e guadagnare rispose: “Ma­gari ‘u travagghiu è ppe fissa!”

E poi con un sorriso indisponente ri­battè: “ap­pena aju ‘u motorino minni vaiu a fari rapini, tanto a pistola asacciu maniari”, restammo di stucco a tale di­chiarazione e venne spontaneo dire: “ma cosa dici?” “ìu ti dicu ca ‘a pistola ‘a sacciu mania­ri, l’amici di me patri mu ‘n’insignanu. L’autra vota mi puttaru n’a sciara vicinu ‘a via Barcellona e mi ficiru avvidiri comu si spara e poi mi re­suru ‘a calibru trentottu n’de manu…

Assemblea GAPA, giugno 1992

… “La voce calma e trepidante di uno di noi, che prende la parola quando l’assemblea sta per sciogliersi, ci richia­ma bruscamente alla mente le immagini di quel drammatico 23 maggio e, per un’associazione di idee lontane ma non troppo, i volti dei nostri bambini e i loro occhi costretti a vedere tutti i giorni drammi di ogni genere: cumuli di im­mondizia al posto degli spazi verdi, scuo­le senza aule, adolescenti in tuta da mec­canico, piccoli rapinatori, spietati assas­sini. Davvero abbiamo fatto per loro tutto quanto si poteva?

Ho pensato molto, in quest’ultimo pe­riodo, a quello che facciamo, a quello che potremmo fare, a quello che siamo. In questi anni di rapporti con questi bam­bini, con il quartiere, abbiamo capito tan­te cose, abbiamo toccato con mano come vivono e cosa pensano i suoi abitanti. Ho avvertito, parlando con alcuni di voi, il disagio, la rabbia, la voglia di fare qual­cosa di diverso.

E’ arrivato il momento di scommettere di più in prima persona, per cambiare ve­ramente qualcosa. La strage di Capaci ha solo confermato, per chi non se ne fosse accorto, che così non si può più conti­nuare.

Bisogna vivere nel quartiere 24 ore su 24. Potremmo utilizzare i locali della scuola A. Doria di Via delle Calcare, abi­tandoli e facendoli diventare un punto di riferimento per quelli che ancora ci cre­dono. Vi prego non fate calcoli e non pia­nificate tutto per ora. Ragionate molto con il cuore e poco con la testa”.

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