Il massacro della Golden Lady
Quattrocento operai abbandonati per delocalizzare in Serbia. E traditi da una riconversione ormai fallita
La Golden Lady di Gissi è stata per decenni un’eccellenza dell’industria abruzzese, una fabbrica dell’alta moda.
M dopo aver prodotto per anni, il proprietario Nerino Grassi negli anni scorsi cominciò a seminare dubbi sulle prospettive future dell’impianto, facendo balenare sempre più l’ipotesi (sempre meno ipotesi e sempre più realtà) di una delocalizzazione in Serbia. Come poi è accaduto.
Il 25 novembre 2011, nel il periodo di cassintegrazione, con un tavolo di crisi aperto da soli due mesi, Nerino Grassi sgombera tutti i macchinari e se ne vola in Serbia, dove decide di aprire lo stabilimento che sostituirà quello chiuso a Gissi. Non chiude per la crisi: se ne va con un’azienda ben florida e dai conti solidi, solo perché in Serbia i salari e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici sono a livelli molto inferiori. Mesi difficilissimi e per gli operai e le operaie: proteste, sit in, lotte, ma anche timori e delusioni.
A maggio 2012 l’annuncio: la riconversione ci sarà! 250 lavoratori verranno riassunti dalla Silda SpA (calzature) e 115 dalla New Trade (tessile). In un periodo di durissima crisi economica, e con la disoccupazione che aumenta esponenzialmente mese dopo mese, la vicenda della ex Golden Lady sembra un raggio di speranza non arrendersi si può; si può tutelare il lavoro. Sembra, appunto.
Ai primi di luglio la New Trade invia delle lettere di licenziamento dove, in anticipo rispetto ai tempi previsti (10 giorni, mentre il “periodo di prova” doveva durare 3 volte più), viene comunicato il non superamento del “periodo di prova” e, quindi, il licenziamento. La speranza ancora una volta viene nuovamente sostituita da timori e incertezze. L’arrivo dell’autunno fa vacillare ogni residua speranza, e la speranza per la riconversione diventa definitivamente rabbia, indignazione e delusione per quello che comincia ad apparire come il “secondo fallimento”.
Il Corpo Forestale dello Stato effettua un sequestro preventivo nello stabilimento della New Trade per carenze dell’autorizzazione. Recentemente il Corpo Forestale dello Stato è tornato nello stabilimento. Ed è notizia di questi giorni che la DDA di Firenze sta indagando sui fratelli Nicola e Franco Cozzolino, ipotizzando i reati di traffici illeciti di rifiuti plastici e abiti usati verso Cina e Tunisia.
Secondo le indagini condotte dal Corpo Forestale su mandato della DDA di Firenze gli abiti venivano rivenduti senza trattamenti igienico-sanitari in Africa, ma anche nei mercatini “vintage” italiani. Un’inchiesta ad ampio raggio che ha coinvolto decine di persone e ditte di varie parti d’Italia, nell’ambito della quale la DDA ha ipotizzato a carico di altri indagati anche “attività di usura ed estorsione”, e sulla quale la stampa fiorentina riferisce aleggi l’ombra della camorra, con “base ad Ercolano”.
La “Legge di stabilità”, votata in Parlamento nel dicembre 2012 dalla maggioranza che sosteneva il Governo Monti, cancella la possibilità della “formazione on the job”(cioè una formazione che accompagna la produzione) per i neodipendenti della Silda Invest, l’altra industria coinvolta nella riconversione. La fine anticipata della legislatura impedisce ogni possibilità di reintegrare il fondo per questa formazione. In pochi mesi la situazione torna drammatica e al punto di partenza della vertenza. Per gli ex operai e le ex operaie Golden Lady nessuna prospettiva appare all’orizzonte. Nelle ultime settimane un durissimo scontro ha visto da una parte la Silda Invest e dall’altra le dipendenti, che reclamano mesi di stipendi arretrati, da alcune settimane in presidio permanente davanti lo stabilimento per impedire che la Silda Invest porti via (come ha tentato varie volte di fare, anche con un blitz notturno fermato dal presidio con determinazione e frapponendo anche i propri corpi tra gli ingressi e il furgone della ditta) materiali e prodotti, fino a quando non saranno pagati gli arretrati loro dovuti.
Il 18 luglio arriva al presidio il proprietario della MacSenior, azienda di Montecosaro Scalo (provincia di Macerata) che ha fornito oltre 700mila di macchinari alla Silda, con la notizia che la Silda Invest non ha mai liquidato quanto dovuto per l’acquisto dei macchinari, che quindi sono ancora formalmente di sua proprietà, e chiedendo alle forze dell’ordine presenti che non escano “per nessun motivo” dallo stabilimento. Il 25 luglio, dopo aver disposto un accurato sopralluogo, il Tribunale di Vasto ha disposto un sequestro conservativo e “la conservazione dei beni e dei luoghi”.
La Silda Invest, anche tramite la garanzia di una fidejussione, ha annunciato che liquiderà ogni spettanza arretrata entro il 15 settembre, ma il 31 luglio la prima tranche di pagamenti (relativa agli stipendi di maggio, giugno e luglio) non è stata versata. E nelle stesse ore arriva la notizia che nei mesi scorsi la Silda non ha effettuato “il versamento della contribuzione relativa al primo trimestre 2013” (parole testualmente riportate dalla lettera che il fondo pensione Previmoda ha inviato alle ex e agli ex dipendenti della Silda Invest). Il 1° agosto in un’infuocata assemblea davanti allo stabilimento i sindacati hanno annunciato che chiederanno istanza di fallimento. Si parla di un esposto alla Procura.
Le operaie e gli operai attendono, senza mai abbassare la guardia e rimanendo in presidio permanente fino a quando non avranno nuove prospettive e non si garantirà alla ex Golden Lady una vera e reale riconversione, che non crolli in pochi mesi come accaduto col fallimento della riconversione New Trade-Silda Invest.