Il labirinto del Minotauro
Continua il procedimento giudiziario contro le centrali della ‘ndrangheta subalpina
“Il processo va rinviato ad un’altra sezione d’appello”: la richiesta del procuratore generale della seconda sezione penale di Cassazione il 15 Gennaio aveva gelato gli animi di quei piemontesi che da anni si battono contro la ’ndrangheta. Ma la richiesta non è stata accolta, il processo è continuato e in questi giorni il sostituto procuratore generale di Torino, Antonio Malagnino, ha chiesto pesanti condanne (609 anni di carcere in totale) per i 63 imputati
Il processo Minotauro, pur con tutte le sue difficoltà, ha inflitto un duro colpo alle ‘ndrine piemontesi. Condanna di spicco è quella inflitta al boss Bruno Iaria, condannato a 13 anni, che era la testa e le braccia dell’organizzazione ‘ndranghetista nella provincia di Torino. Nella sentenza però c’erano già stati all’epoca molti sconti e ribaltamenti rispetto al primo grado, che avevano destato non poco stupore.
Per la richiesta il procuratore generale si è appellato ad una sentenza di diversi mesi fa – sempre della Cassazione e sempre relativa a imputati del processo Minotauro – che rinviava ad un nuovo processo d’appello Francesco D’Onofrio e Francesco Tamburi. Processo da rifare, secondo quei giudici, perché non sarebbe stata provata l’appartenenza dei due ad un contesto organizzato nel loro caso riferito all’esistenza del “Crimine”, una struttura superiore alle ‘ndrine locali che serviva da coordinamento delle stesse.
Peripezie processuali
Se da una parte il processo per rito abbreviato ha attraversato queste peripezìe, dall’altra nelle aule del Palagiustizia di Torino intitolato a Bruno Caccia si sono regolarmente susseguite le udienze di appello del processo Minotauro con rito ordinario. In primo grado c’erano state 34 assoluzioni e 35 condanne, fra cui quella (dieci anni di carcere) inflitta a Nevio Coral, ex sindaco di Leinì.
L’appello si è aperto con l’ammissione da parte dei giudici all’audizione di Nicodemo Ciccia, sodale alla locale di Cuorgnè con la dote di Vangelo, che da circa un anno si è pentito e collabora con la procura di Torino.
Ciccia non è il primo pentito che compare nel processo Minotauro; va ricordato che l’operazione nacque dalle dichiarazioni di Rocco Varacalli e durante il processo di primo grado si aggiunsero Rocco Marando con le sue dichiarazioni sulle locali di Volpiano e Costantino Francesco.
Le dichiarazioni rilasciate dal pentito durante le sei udienze in cui è stato ascoltato sono state in primo luogo un racconto della vita e dell’ingresso nell’organizzazione mafiosa.
Dopo gli inizi con lo spaccio di droga la carriera di Ciccia ha subito una svolta con l’affiliazione in carcere e l’incontro con Bruno Iaria, il quale l’ha promosso nella società maggiore una volta terminato il periodo di carcerazione di Ciccia.
Ai vertici dellorganizzazione
Un percorso che l’ha portato ai vertici dell’organizzazione grazie alla fiducia che Iaria stesso poneva nel compare e che ha permesso ai pubblici ministeri di carpire importanti informazioni sulla struttura della ’ndrangheta in Piemonte e soprattutto, durante un’udienza di una giornata intera, ha portato all’identificazione dei vari personaggi intranei alla ’ndrangheta piemontese.
Centinaia di foto sono state passate in rassegna e il pentito è stato in grado di identificarle quasi tutte commentando e dichiarando dove aveva conosciuto o visto il soggetto ritratto e quale ruolo avesse nell’organizzazione.