Il Giuoco delle parti
di Luigi Pirandello
adattamento Roberto Valerio, Umberto Orsini,
Maurizio Balò
regia Roberto Valerio
con Umberto Orsini
e con Alvia Reale, Michele Di Mauro, Flavio Bonacci
scene Maurizio Balò
costumi Gianluca Sbicca
Se un regista di oggi volesse mettere in scena un’opera di Pirandello, cercando di trovare dei nessi con la contemporaneità, cercando in sostanza di parlare necessariamente all’oggi, troverebbe di certo numerose complicazioni. E i problemi si moltiplicherebbero se poi si volesse mettere in scena un dramma borghese del grande autore siciliano, uno di quei drammi che metteva al centro la perdita di certi valori come la famiglia, l’onore, la fede ecc.ecc. E allora mi chiedo: oggi, in un momento in cui l’individuo è costretto prioritariamente ad avere a che fare con altre questioni che mettono al centro altri “valori” o altri “disvalori”, come si fa a recitare quei drammi senza farli risultare reperti museali?
Sicuramente, il bravo Roberto Valerio, regista dello spettacolo “Il giuoco delle parti”, in scena in questi giorni al Teatro Stabile di Catania, ha ragionato su tutto questo mentre si accingeva alla riscrittura della commedia, concepita da Luigi Pirandello nel 1918.
Ma veniamo alla trama: Leone Gala, un filosofo con la passione della cucina, per atonia sentimentale, lascia che la moglie ,Silla, conduca liberamente una relazione con l’amante: Guido Venanzi. Ma un giorno Silia, scambiata per la prostituta del piano di sopra, viene molestata da quattro ubriaconi e volendosi vendicare dell’inettitudine del marito, fa in modo che quest’ultimo sfidi a duello uno di loro. Il marito inizialmente accetta il duello ma poi non si batte, costringendo invece a battersi e a farsi uccidere l’amante, che in sostanza risulta essere il “vero marito”.
Nella interpretazione registica la vicenda viene evocata nella mente del vecchio Leone Gala, interpretato da uno strepitoso Umberto Orsini. Leone Gala ricoverato in un ospedale psichiatrico richiama in vita i vecchi fantasmi del passato, facendoci precipitare in un’atmosfera che mescola presente e passato, reale ed irreale, razionale e folle. L’intenzione è intrigante ma non convince fino in fondo. La scrittura risulta essere debole, prevedibile e stanca tanto da far venire il sospetto che si tratti più di un facile espediente piuttosto che di un’autentica necessità artistica.
Gli attori si muovono in uno spazio scenico scarno fatto di porte e muri scorrevoli che volta per volta diventano l’interno dell’ospedale psichiatrico o l’abitazione di Silia interpretata dalla brava e impetuosa Alvira Reale, peccato che a volte scivolava un po’ troppo in un’interpretazione di maniera . Fra gli altri interpreti ricordiamo l’amante Michele di Mauro;l’infermiere Carlo de Ruggeri, credibilissimo e disinvolto nel proprio ruolo; Flavio Bonacci medico ironico ma che mai cade nella trappola caricaturale e il giovane Woody Neri.