Il giorno dei Forconi
Ero là dai primi giorni, ma questo non è un articolo. Solo i primissimi appunti, veloci e piuttosto confusi, più per me stesso che per il giornale. Loro erano più confusi di me (alcuni avevano le idee fin troppo chiare: ma non stavano là), a guardarli in faccia; ma “il sazio non crede mai al digiuno”, mi dicevano. E questa è la morale di tutto
Da un paio di giorni sono dentro i blocchi, registro audio e scatto fotografie.
Le “persone politiche” hanno demonizzato e ghettizzato la manifestazione, il rischio è che personaggi biechi prendano il controllo.
La notte senza guida di nessuno c’è quello che può uscire il coltello e tagliere le ruote o il pastore che in solidarietà porta il formaggio.
I partiti locali si distaccano snobbando, non portano presenza di partito e rinunciano anche alla sola discussione.
Eppure è un campo aperto. Ci sono 23enni elettricisti, o idraulici, o carpentieri, braccianti e trasportatori che si sono fermati, altri che non lavoravano da qualche mese.
Le rivendicazioni sono le più comuni, non c’è niente di organico. È popolo, nella sua espressione chiusa e gretta in molte occasioni, ma sono, e lo ripetono, con le spalle al muro. Ho sentito più volte questo detto: “Il sazio non crede mai al digiuno”.
Comunicare non è facile, né sentire un ragionamento. Eppure stanno aggiungendosi, panettieri, piccoli commercianti. Oggi gli studenti si sono avvicinati timidamente e cercavano di capire. Faranno forse una manifestazione.
Ho chiesto perché non ci fossero le mogli, e la risposta era quella di quarant’anni fa: se lui porta la sua, io porto la mia.
Forconi e confederazioni non hanno nulla sotto controllo. Il sindacato non ha messo parola, non c’è un volantino né un servizio d’ordine. I carabinieri mi dicono che hanno l’ordine di lasciar fare, 2 per presidio e la macchina del capitano che si muove per controllare intervenendo confusamente e amichevolmente per questa o quella questione.
Carabinieri e manifestanti a stretto contatto parlano di un “pre-grecia”. Ci sono notizie che debba partire la Calabria.
Di mafia non si parla. O meglio, la mafia è la politica. Chi dice che c’era vent’anni fa e ora non c’è più, chi sostiene che i suicidi sono i nuovi morti ammazzati dalla mafia politica. Oggi un ragazzo al microfono ha gridato: “siamo contro il governo e contro la mafia” e poi repentino e sottovoce: “forse contro la mafia no”.
Sui rumeni c’è una spaccatura. Chi dice che rubano il lavoro, chi sostiene che è naturale che debbano lavorare ma stanno in condizioni disumane. Comprensione e fastidio contestualmente. A tratti solidarietà.
Basta chiedere però cosa dicono dei loro principali, o dei padroni, ed esce che firmano tutti buste paghe maggiorate, no ferie, no malattie, no nulla. Giornate allungate e stessa paga. Con una domanda il nemico torna quello reale, e lo straniero quasi si avvicina. Ma nessuno pone loro una sola questione. Chi potrebbe li chiama villani e mafiosi.
Villani lo sono tutti, i mafiosi iniziano a prendersi lo spazio vuoto. Gli studenti hanno tentato una mobilitazione, ma non hanno capito bene e c’hanno rinunciato, almeno per oggi. Poi si sono avvicinati. C’è un difficoltà comunicativa palese.
La lingua è il dialetto locale e loro arrivano con rayban e giubbe belle, e non vedono i loro padri, soltanto quelli di alcuni compagni di classe. Questo li rassicura. Ma non capiscono.
Ho consigliato loro di farsi sentire comunque anche se in autonomia. Tifo evidentemente per la rivolta. Ma allo stesso tempo l’assenza totale di teste mi preoccupa. I Richichi, i Morsello, i Crupi e i Ferro, non sono rassicuranti.
Popolani e populisti parlano a gran voce, ma sono seriamente preoccupati. E li si vede in tv. Anche perché sanno che le risposte non arriveranno. Al presidio qualcuno si avvicina e inizia ad insinuare che ci va il loro partito e il loro rappresentante. 3000 mila voti e “facciamo volare” chi diciamo noi.
Un attimo prima si diceva “no politica”, poi si applaude, poi si dice ancora no. Nessuno ha idea di una via d’uscita e chi si accosta non conosce neanche quella d’entrata.
Un borghese un po’ tonto propone Padre Enzo alla guida di una lista, quello accanto gli dice che è scemo, che padre Enzo non è la con loro e che non sa nulla dei loro problemi. Tutti lamentano la mancanza della televisione. Dicono che il caso Concordia si trascina per fargli ombra. Sarà vero, non lo sarà… Ma qua c’è qualcosa che qualcuno non sta sapendo leggere.
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Oggi c’è stata una rissa al panificio. Un ragazzo entra, salta la fila e chiede quattro chili di pane, l’uomo sulla cinquantina chiede: scusa, ma qua tutti ne prendiamo un chilo perché non ce n’è abbastanza e tu quattro? Parte un battibecco. Questo stronzo chiama i suoi amici di quartiere. L’insultano e seguono il signore.
La politica ancora assente. Il ceto medio allarmato si interroga se fare o meno la spesa per riempire il bunker. Mia madre mi chiama per dirmi di stare attento.
Seguo e vi aggiorno.