IL GENERALISSIMO DEL COVID E LA MILITARIZZAZIONE DELLA SALUTE
Un mezzo golpe che si somma agli altri tanti colpi di mano che l’emergenza Covid ha consentito ai governi per militarizzare tutti gli aspetti della società italiana, accelerare la disarticolazione del tessuto socio-economico e ridurre all’osso libertà individuali e spazi di agibilità politica e di opposizione. Nel pomeriggio dell’1 marzo si è concluso nel peggiore dei modi il mandato di Domenico Arcuri a Commissario straordinario per l’emergenza contro la pandemia: il siluramento da parte del premier Draghi e la sua sostituzione con il generale di Corpo d’Armata Francesco Paolo Figliuolo, comandante logistico dell’Esercito italiano.
Un provvedimento gravissimo che consegna alle forze armate la gestione dell’emergenza ipermilitarizzando l’organizzazione degli interventi di prevenzione e contenimento dei contagi e lo stesso sistema sanitario nazionale, accolto con entusiasmo dai leader delle forze parlamentari, da Matteo Salvini (Lega) a Matteo Renzi (Italia Viva), da Antonio Tajani (Forza Italia) a Roberta Pinotti (Pd), dai pentastellati alla stessa Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia. Scontato il pieno sostegno del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, anch’egli di marca Pd. “I miei più sinceri auguri al Generale Francesco Paolo Figliuolo per questa importante nomina, frutto di un lavoro costante portato avanti con grande e impeccabile professionalità da inizio emergenza”, ha commentato Guerini. “In questi mesi di grande impegno per la Difesa, ho potuto constatare in ogni circostanza la tempestività di intervento e le capacità con le quali i nostri militari hanno operato durante la pandemia. Le Forze Armate sono a disposizione del Paese fin dall’inizio dell’emergenza e continueranno ad esserlo”.
“Metterò tutto me stesso e tutto l’impegno possibile per fronteggiare questa pandemia e lavorerò per la nostra Patria e i nostri connazionali”, ha dichiarato a caldo il generale-neocommissario Figliuolo. Già comandante della Brigata Taurinense, uno dei reparti d’élite e pronto intervento in ambito NATO, Francesco Paolo Figliuolo può vantare un curriculum militar-professionale d’eccellenza: “esperienze ad ampio spettro nei campi della formazione di base e avanzata degli Ufficiali dell’Esercito, presso la Scuola di Applicazione di Torino, della pianificazione operativa e dell’addestramento in ambito NATO, presso il Joint Command South di Verona e, non ultimo, della logistica, ricoprendo le funzioni di Capo Ufficio del Comando delle Truppe Alpine”. Rilevanti pure le missioni nei teatri di guerra internazionali: il generale ha assunto infatti il Comando del contingente italiano in Afghanistan, nell’ambito dell’operazione Isaf (ottobre 2004 – febbraio 2005) e del Comando delle Forze Nato in Kosovo (settembre 2014 – agosto 2015). “Dal 7 novembre 2018 Francesco Paolo Figliuolo è comandante logistico dell’Esercito e proprio l’Esercito, assieme alla struttura della Protezione civile, potrebbero ricoprire un ruolo determinante nella nuova strategia anti-Covid, con l’obiettivo di rendere omogenea a livello nazionale la tempestività della risposta e l’attuazione dei piani di prevenzione”, annota l’agenzia AGI.
Ma quali sono in verità i meriti che le forze armate avrebbero evidenziato nella gestione della pandemia e che giustificherebbero la rivoluzionariaopzione di Draghi & soci? E’ stato proprio il neo-commissario a illustrarli nel corso di una sua audizione di fronte alla Commissione Difesa del Senato, il 24 novembre 2020. “Sin dall’insorgenza della crisi pandemica, la Sanità militare ha operato in maniera tempestiva in piena sinergia con il Servizio Sanitario Nazionale e il Comando logistico dell’Esercito è stato incaricato della identificazione e gestione delle risorse umane e materiali da mettere in campo”, esordiva il generale Figliuolo. “Ad oggi – specificava – sono stati approvvigionati circa 11 milioni di dispositivi per un impegno finanziario di 6,5 milioni di euro, mantenendo costantemente livelli di scorte tali da assicurare una autonomia di tre mesi”. Sembrano quantità rilevantissime, peccato che a guardar bene sono del tutto irrilevanti, finanche ridicole, se le si confronta con i dati delle forniture complessive del Commissario Straordinario: dall’1 marzo al 24 novembre 2020, infatti, i materiali di consumo distribuiti territorialmente avevano superato i due miliardi e 132 milioni di unità (con 2 miliardi circa di mascherine), mentre i beni come macchinari e apparecchiature sanitarie erano stati quasi 900 mila.
“Parallelamente è stato portato avanti il processo di revisione della governance della Sanità militare, avviata a inizio del 2019 su input del Capo di Stato maggiore Salvatore Farina”, aggiungeva il generale Figliuolo nel corso dell’audizione. “Il processo si è reso necessario per allineare il comparto sanitario militare della Forza armata agli standard richiesti dalla Sanità pubblica, attraverso virtuose partnership con le eccellenze espresse dalle aziende ospedaliere, dalle Università e dai Centri di ricerca del nostro Paese indirizzato all’erogazione di un servizio sempre più aperto alla collettività”.Come dire cioè che è stato il tanto vituperato sistema sanitario pubblico insieme ai centri di ricerca accademici ad andare in soccorso della sanità militare – oggettivamente inefficiente e deficitaria – e non il contrario.
Infine la descrizione di quelli che sarebbero stati gli interventi chiave predisposti contro la pandemia. “Abbiamo collaborato con l’operazione interforze per far rientrare in Italia i connazionali che erano a Wuhan”, ha riferito il generale. “E nelle prime settimane è stata attivata presso il Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, nella città militare della Cecchignola in Roma, una struttura dedicata alla quarantena, poi divenuta di riferimento nella rete messa in piedi dall’Istituto Spallanzani, per la sorveglianza sanitaria di civili e militari positivi asintomatici (…) Presso il Policlinico militare del Celio è stata inizialmente predisposta un’area dedicata all’esigenza di ricovero e cura dei pazienti COVID che in seguito ha incrementato il numero di posti letto a 150, di cui 50 modulabili tra terapia intensiva e sub intensiva”. In verità, come riportato dallo stesso Figliuolo, le persone ricoverate al Celio non sono mai state più di 100 al giorno, di cui appena 20 in “terapia ad alta intensità”. Di queste solo il 70% sono civili.
Con l’avvio dell’Operazione Igea, particolarmente enfatizzata da Tv e quotidiani, le forze armate hanno creato i cosiddetti Drive Through della Difesa per sostenere la campagna di somministrazione di tamponi e rilevare i contagi tra la popolazione. “Abbiamo previsto l’attivazione di 200 postazioni, di cui 139 gestite dall’Esercito, delle quali ad oggi 105 sono già operanti sul territorio nazionale”, specificava Figliuolo. “Essi consentono di effettuare circa 400 tamponi al giorno per la sola parte relativa al personale della Difesa. Dal 22 ottobre ad oggi, sono stati effettuai più di settemila tamponi”. Beh, anche in questo caso i numeri dati in pasto ai senatori della Commissione difesa sfiorano il ridicolo. Dal 23 ottobre 2020 al 18 febbraio 2021, secondo lo Stato Maggiore della Difesa, i 147 Drive Through Difesaistituiti hanno eseguito circa 1.500.000 tamponi tra molecolari e rapidi. Come dire poco più di 11.000 tamponi al giorno, quando invece il sistema sanitario nazionale ha assicurato nello stesso periodo sino a 300.000 tamponi quotidiani. Va inoltre rilevato che solo una ridotta percentuale di medici e infermieri con le stellette ha davvero prestato le proprie funzioni nei Drive Through rispetto al personale che la Difesa aveva promesso di mettere a disposizione del Servizio Sanitario Nazionale: 148 ufficiali medici e 255 sottufficiali infermieri impiegati contro i 458 medici e 879 infermieri annunciati ai media.
“Lo strumento sanitario – concludeva Figliuolo in Senato – fonda la propria efficacia sui principi cardine dell’organizzazione militare e della moderna Sanità militare: flessibilità e duttilità, meccanismi di coordinamento e decisionali snelli, procedure chiare e condivise a tutti i livelli, addestramento realistico e ampio bagaglio esperienziale derivante dalle attività compiute nei Teatri Operativi. Questo ha formato il nostro personale sanitario a lavorare, con professionalità e disciplina, in condizioni di pericolo e sotto stress”.