Il carcere in Italia Dramma e vergogna
Carcere è ormai sinonimo di sovraffollamento. Ma non è soltanto questione di numeri (detenuti presenti contro posti “branda” disponibili, con uno scarto di circa 20.000 fra gli uni e gli altri). Ci sono anche le pessime condizioni di vita carceraria che si accompagnano al sovraffollamento.
“Celle piccole e spesso fatiscenti”
In un documento dello stesso DAP (cioè della stessa amministrazione penitenziaria) si parla di “celle piccole e spesso fatiscenti, con due, tre o in taluni casi anche quattro o cinque brande sovrapposte; bagni minuscoli e talvolta privi di docce; volti di esseri umani affacciati a cancelli di carceri situate lontano dai loro affetti e che lamentano di dover fare i turni per stare in piedi ovvero di rimanere chiusi nelle loro camere per 22 ore al giorno; visi, altrettanto turbati, di agenti penitenziari impotenti a fornire risposte accettabili ai ristretti e che, solo grazie al loro senso del dovere, riescono a fornire un margine di sicurezza accettabile ma sono sostanzialmente privati della effettiva possibilità di esser parte attiva di progetti di risocializzazione dei detenuti, malgrado l’art. 27 della Carta costituzionale repubblicana preveda che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Le pene dovrebbero rieducare
E’ vero: ci sono anche realtà penitenziarie tutt’affatto diverse, con importanti positive realizzazioni. Ma sono poche isole in un oceano tempestoso. Con l’aggravante che tutto ciò si verifica nonostante un contesto di base che finisce per risultare paradossale.
Vale a dire che in Italia il rapporto fra numero dei detenuti e metri cubi complessivi degli edifici carcerari è fra i migliori in Europa. Così come è fra i migliori in Europa il rapporto fra numero dei detenuti e numero dei poliziotti penitenziari. Da non credere, se si considera che poi mancano in misura massiccia spazi agibili e che la carenza di personale penitenziario è cronica (mentre ben l’88% delle spese del DAP sono assorbite dai costi del personale).
Concrete misure di risocializzazione
Il tutto perché è sempre mancato ( e ancora stenta a profilarsi) un progetto globale di intervento articolato su alcuni punti fondamentali:
– un’effettiva separazione fra imputati e condannati;
– un rilancio delle misure alternative;
– la previsione di concrete misure di risocializzazione;
– un forte impegno per potenziare il lavoro penitenziario con agevolazioni creditizie e fiscali.
Finché si procederà secondo logiche emergenziali, o peggio secondo logiche di tipo politico-localistico, il carcere rimarrà quel drammatico (e per vari profili vergognoso) problema che è purtroppo oggi.
Con pesanti conseguenze anche per la sicurezza dei cittadini; perché un carcere capace di recuperare è un carcere che diminuisce la recidiva e quindi aumenta . appunto – la sicurezza sociale. Vale a dire un carcere che fa del bene non solo ai detenuti ma a tutti noi.
Le carceri sovraffollate sono un problema vostro perchè dovete mettere la pena di morte perché chi fà del male non deve avere diritto di vita