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Il bosone di Higgs e variazioni sulla teoria della massa

Il concetto di massa, vecchio di duemila anni, da Newton a Ein­stein è sempre stato centrale nella nostra vi­sione del mondo fisico. Adesso…

Fino al 5 marzo contavo di proseguire nel numero de “ I Siciliani Giovani” che era in lavorazione il discorso sulle ricer­che sui neutrini, iniziato nel numero 7 (luglio – agosto 2012) e continuato nel numero 10 (novembre dicembre 2012), ma un fatto di attualità mi ha indotto a cambiare il mio programma. Il 6 marzo scorso un comunicato dell’ANSA (cerca su Google “Il bosone di Higgs è quello previsto dalla teoria”) annunziava che al CERN era stato dichiarato ufficialmente che la particella rivelata nel luglio 2012, che appariva per diversi aspetti simile al bosone di Higgs, era proprio il (o forse un) bosone di Higgs. A partire da quel giorno diversi quotidiani riportavano questa notizia, alla quale tuttavia non mi pare che in Italia sia stato dato il rilievo che meritava, forse perché offuscata dal­le vicende del conclave e da quelle eco­nomiche, politiche e giudiziarie che riguardavano l’Italia.

Parecchi fisici attendevano con trepi­dazione la rivelazione del bosone di Higgs, perché questa particella, ipotizza­ta nel 1964 da Peter Higgs (nato nel 1929) è un importante “ingrediente” di un modello molto usato nella fisica delle particelle elementari, il modello stan­dard. Inoltre il bosone di Higgs avrebbe un ruolo molto importante per ragioni di cui in parte è scritto in seguito.

La rivelazione di una particella avente tutte le caratteristiche che il modello standard prevede per il bosone di Higgs rende questo modello un candidato sem­pre più plausibile per la descrizione di gran parte della fisica delle particelle. Ovviamente il risultato del CERN non è una conferma del modello standard, in­fatti non si può escludere che in futuro si possano osservare fenomeni incompati­bili con questo modello, né che si possa­no formulare altre teorie che rendano conto dei fatti sino ad oggi osservati; ma ciò è ovvio, perché tutte le teorie scienti­fiche non sono una descrizione della realtà, ma solo di un insieme di fatti co­nosciuti.

Già prima dell’annuncio dato al CERN il 6 marzo il modello standard dava con buona approssimazione i valori misurati di diverse osservabili fisiche relativi a numerose particelle sia, per quanto oggi se ne sa, elementari, che composte.

Per i concetti di particella elementare e particella composta rimando alla intro­duzione alla voce “Particelle elementari” scritta da Nicola Cabibbo (1935-2010) per la Enciclopedia della Scienza e della Tecnica, reperibile anche sul web.

Il modello standard comprende in un unico schema due teorie ciascuna delle quali si riferisce ad una famiglia di parti­celle e, con l’eccezione della gravità, ne descrive tutte le interazioni. Queste due teorie sono quella elettrodebole, che ri­guarda sia l’interazione elettromagneti­ca che l’interazione debole, e la cromodi­namica quantistica che riguarda le intera­zioni forti. Oggi si ritiene che tutte le in­terazioni tra gli oggetti dell’universo fisi­co siano una conseguenza delle interazio­ni elettromagnetica, debole, forte e gravi­tazionale dette perciò interazioni fonda­mentali. Invero questo è più un atto di fede, largamente condiviso tra gli addetti ai lavori, che un risultato scientifico.

Per le ragioni della unificazione dell’interazione elettromagnetica con l’interazione debole in un’unica intera­zione detta elettrodebole si può vedere su Wikipedia la voce “Interazione elettrode­bole”.

Le particelle subatomiche osservate si possono classificare secondo diversi cri­teri. Secondo uno di questi criteri le par­ticelle subatomiche possono essere: a) leptoni , soggetti solo all’interazione elettrodebole, b) adroni, soggetti sia all’interazione forte che a quella elettro­debole, c) certi bosoni (fotone e gluoni) che mediano le interazioni fondamentali .

Alla famiglia degli adroni appartengo­no i barioni e i mesoni. I barioni sono composti da tre quark , i mesoni da un quark e da un anti-quark.

Quark, antiquark, leptoni, fotone e gluoni sono considerate particelle ele­mentari.

La prima particella subatomica che fu osservata da un essere umano fu l’elet­trone, scoperto da Joseph John Thomson (1856-1940) nel 1897.

Nel 1905 Albert Einstein (1879-1955) suppose che luce fosse emessa e assorbi­ta per fotoni e sviluppando questa ipote­si, facendo anche uso di risultati ottenuti in precedenza da Max Planck (1858-1947), riuscì a spiegare diversi fenomeni che erano stati osservati.

Nel 1922 Arthur Compton (1892-1962) studiando la diffusione di un fascio colli­mato di raggi X da un bersaglio di grafite riuscì a interpretare i risultati osservati come un urto tra fotoni del fascio e elettroni del bersaglio. Nella trattazione di Compton elettroni e fotoni si comportavano come particelle.

Quando ero studente all’università (a partire dall’anno accademico 1954-55), le particelle subatomiche di cui mi ave­vano parlato erano il fotone, l’elettrone e la sua antiparticella (leptoni), il protone e il neutrone (barioni) e venivano dati solo pochi cenni sul neutrino (leptone). Più di duecento altre particelle subatomiche di cui credo oggi si parli agli studenti di Fi­sica non erano allora note.

Ma il rilievo che merita la scoperta del bosone di Higgs è maggiore di quello che merita la scoperta di una qualsiasi delle altre particelle rivelate in tempi re­centi, per diverse ragioni, tra cui quella che il bosone di Higgs attribuisce una massa a tutte le particelle che ne sono dotate.

Il concetto di massa è stato formulato e usato almeno da duemila anni (si veda di Max Jammer (1915-2010) Storia del Concetto di Massa nella Fisica Classica e Moderna, Feltrinelli 1980 ), ma qui, per seguire l’evoluzione di questo con­cetto, parto da tempi molto più vicini a noi.

Isaac Newton (1642-1727) nella sua famosa opera “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” scrisse:

Definitiones – Def. I.

Quantitas Materiæ est mensura eju­sdem orta ex illius Densitate & Magnitu­dine conjunctim.

Aer, densitate duplicata, in spatio etiam duplicato, fit quadruplus; in tripli­cato sextuplus. Idem intellige de Nive et Pulveribus per compressionem vel lique­factionem condensatis. Et par est ratio corporum omnium, quæ per causas qua­scunque diversimode condensantur. Me­dii interea, si quod fuerit, interstitia par­tium libere pervadentis, hic nullam ratio­nem habeo. Hanc autem Quantita­tem sub nomine Corporis vel Massæ in sequentibus passim intelligo. Innotescit ea per corporis cujusque Pondus. Nam Ponderi proportionalem reperi per expe­rimenta Pendulorum accuratissime insti­tuta, uti posthac docebitur.

[da books.google.com/books/…/Philoso­phiae _Naturalis_Principia_…; ivi l’opera è preceduta da tre prefazioni di Newton, l’ulti­ma delle quali reca la data 1726; in altre edi­zioni si trovano versioni un po’ diverse. Nu­merose ed estese note di Newton, che non riporto, chiariscono diversi punti del brano]

Traduco il brano in Italiano nel modo seguente:

 

DEFINIZIONI – Def.I

La quantità di materia è la misura del­la stessa che sorge dalla sua densità e dalla sua mole congiuntamente.

L’aria, raddoppiata la densità, in uno spazio anch’esso raddoppiato, diventa quattro volte tanto; in uno spazio triplica­to sei volte tanto. La stessa cosa intendi riguardo alla neve e alle polveri conden­sate mediante liquefazione o compressio­ne. E identica è la proporzione di tutti i corpi che per qualunque causa vengono condensati in modo diverso. Frattanto io non mi occupo qui del mezzo, se pur ci sia stato, che pervade liberamente gli in­terstizi tra le parti dei corpi. Indico d’ora in poi questa quantità col nome di massa o corpo. Essa diviene nota mediante il peso di ciascun corpo. Infatti la trovai proporzionale al peso per mezzo di espe­rimenti sui pendoli compiuti con molta accuratezza, come sarà insegnato più avanti.

 

Chris Quigg (nato nel 1944) nel suo ar­ticolo Spontaneous Symmetry Breaking as a Basis of Particle Mass, arXiv.org/abs/0704.2232v2 rileva che la nozione di massa come attributo intrinse­co della materia, compendiato da F = m a e la legge della gravitazione universale, sono il fondamento della fisica classica. La massa, per Newton, è allo stesso tempo una misura dell’inerzia e la sorgente dell’attrazione gravitazionale. Ne segue immediatamente che la massa è conservata: la massa di un oggetto è la somma delle masse delle sue parti, in accordo con l’esperienza di ogni giorno. Questa proprietà è anche affermata esplicitamente da Newton in una delle note al brano che ho riportato prima, con le parole:

Materiae quantitas est aggregatum seu summa omnium materiae particularum quibus compositus est corpus.

L’estensione della legge di conserva­zione della massa alle reazioni chimiche, fatta da Michail Vasil’evič Lomonosov (1711-1765) e da Antoine-Laurent de La­voisier (1743-1794), diede impulso attra­verso il lavoro di John Dalton (1766-1844) e di altri, allo sviluppo della chi­mica come scienza quantitativa; ma, nel­la visione classica, la massa non sorge, semplicemente è. La massa così intesa fu considerata parte essenziale della natura delle cose per più di due secoli finché Max Abraham (1875-1922) nel 1903 (Prinzipien der Dynamik des Elektrons , Annalen der Physik 10, 105-179) e Hen­drik Antoon Lorentz (1853-1928) nel 1904 (Electromagnetic phenomena in a system moving with any velocity smaller than that of light, Proceedings of the Royal Netherlands Academy of Arts and Sciences, si può trovare anche nelle pagi­ne web all’indirizzo en.wikisource.org/wiki/Electromagnetic_phenomena ) pensarono di interpretare la massa dell’elettrone come auto-energia elettromagnetica.

Il concetto di massa si aprì a nuove prospettive con una pubblicazione di Einstein ( Ist die Trägheit eines Körpers von seinem Energieinhalt abhängig?, Annalen der Physik, 18, 639, 1905).

Questo titolo, tradotto in Italiano, è la domanda: „ E‘ l‘inerzia di un corpo di­pendente dal suo contenuto di energia?“ . La risposta data da Einstein si può com­pendiare nell’eguaglianza

 

Nella precedente eguaglianza rappre­senta l’energia totale di un corpo, m la massa del del corpo e c la velocità della luce nel vuoto. L’eguaglianza, secondo la teoria di Einstein, vale per un qualsiasi sistema materiale. E‘ importante osserva­re che se è vera la teoria di Einstein, allo­ra la massa non è una grandezza additiva, cioè in generale non è vero quel che rite­nevano precedenti illustri studiosi quali Newton, Lomonosov, Lavoisier, Dalton e Altri quando affermavano esplicitamente o assumevano implicitamente che la massa di un oggetto è la somma delle masse delle sue parti. Nella maggior par­te dei fenomeni studiati in chimica l’additività della massa, pur non valendo esattamente, è soddisfatta con buona ap­prossimazione e in molte condizioni spe­rimentali non si è in grado di misurare la differenza tra la massa di un sistema e la somma delle masse delle sue parti, ma per altri tipi di fenomeni le cose non van­no affatto così.

Se vale l’eguaglianza (1), allora la massa di un corpo è una misura del suo contenuto di energia, se l’energia cambia di L la massa cambia nello stesso senso di L/. Questo permette di usare per la massa l’unità eV/che in fisica delle parti­celle risulta più comoda dell’unità Kg del Sistema Internazionale. Esaminiamo la violazione dell’additività della massa che ne consegue in alcuni casi. . L’energia di legame dell’elettrone 1 s dell’atomo di idrogeno è di 13,6 eV, che è appena 1,45 × moltiplicato per l’energia dell’atomo di idrogeno ricavata dalla sua massa e dall’eguaglianza (1). Per una particella α, stato legato di un sistema formato da due protoni e due neutroni, il rapporto tra (la differenza tra la somma delle masse dei due protoni e due neutroni che costituiscono la particella) e la massa della particella stessa, è di ¾ %. Le cose vanno in modo completamente diverso per un nucleone. Secondo la cromodinamica quantistica il contributo principale alla massa di un nucleone non è la somma delle masse dei quark che lo costituiscono ma l’energia necessaria a confinare i quark in un volume molto piccolo. Le masse e dei quark up e down sono solo pochi MeV/ ciascuna, contro i circa 939 Mev/ della massa di un nucleone, ottenuti facendo la media tra la massa del protone e quella del neutrone. Adroni come il protone e il neutrone rappresentano quindi una materia di tipo completamente diverso da quello della materia „ordinaria“.

Secondo la teoria sviluppata da Higgs per le interazioni elettrodeboli, e succes­sivamente estesa alle interazioni forti, il campo del bosone di Higgs conferisce una massa alle particelle che ne sono do­tate tramite una rottura spontanea di sim­metria.

Dò alcuni esempi di rottura spontanea di simmetria in situazioni che non riguar­dano le interazioni fondamentali.

Il primo esempio riguarda il protagoni­sta di un paradosso: l’asino di Buridano. Il paradosso è attribuito al logico Burida­no (?1295-1361). Un asino è posto nel punto medio di un segmento. Ciascun estremo del segmento tocca un mucchio di fieno e i due mucchi di fieno toccati dagli estremi del segmento appaiono uguali tra loro. Il paradosso sta nel fatto che l’asino muore di fame, perché non ci sono ragioni sufficienti perché vada ver­so un mucchio di fieno piuttosto che ver­so l’altro. Ma può darsi che l’asino, in barba a tutti i Buridani di questo mondo, si diriga verso uno dei due mucchi, scelto non sappiamo come. Se l’asino si com­porta in questo secondo modo, che mi pare più saggio, allora c’è stata rottura spontanea di simmetria.

Secondo esempio: se un palloncino sferico che contiene un gas a pressione molto elevata scoppia, allora c’è stata rottura spontanea di simmetria, non es­sendoci ragioni sufficienti perché la lace­razione si produca in una parte, piuttosto che in un’altra.

Un oggetto presenta una simmetria se c’è un insieme G di trasformazioni dell‘oggetto che ne lascia invariato qual­che aspetto. Per esempio un triangolo equilatero presenta una simmetria perché se lo ruotiamo di un angolo n × 120° at­torno alla retta perpendicolare al piano che contiene il triangolo e passante per il baricentro del triangolo, prendendo n = 0, 1, -1, 2, -2, …, allora il triangolo ruo­tato per chi lo guarda e non vede i nomi dei vertici presenta lo stesso aspetto che aveva prima della rotazione. Abbiamo fatto la convenzione che per n > 0 la ro­tazione appare all’osservatore in verso orario e per n < 0 in verso antiorario.

Un insieme G come quello menzionato nel precedente capoverso si chiama gruppo. I gruppi sono stati molto studia­ti: se ne parla in centinaia di libri e in mi­gliaia di articoli.

Per l’applicazione della teoria dei gruppi alla fisica subnucleare si può con­sultare di Floarea Stancu Group Theory in Subnuclear Physics, Oxford Universi­ty Press, ISBN 978-0-19-851742-9, di­sponibile anche sul web nei Google books.

Per vedere in che cosa consiste il mec­canismo di rottura spontanea di simme­tria di Higgs e come esso dà origine alla massa, oltre all’articolo prima citato di Chris Quigg, si può consultare il libro di Silvio Bergia (nato nel 1935) Relatività e fisica delle particelle elementari, Carocci Editore, ISBN 978-88-430-4770-3. Sono comunque reperibili molte altre fonti.

Un pensiero su “Il bosone di Higgs e variazioni sulla teoria della massa

  • Ma se il fotone (m=0) raggiunge la velocità della luce, una particella con massa negativa come si comporta?
    la velocità di luce è una costante universale (indicata con c): è sempre pari a circa 300.000 km/s nel vuoto. Ma perché proprio la luce? Perché la luce è impacchettata all’interno di una particella, il fotone, che non ha massa. Una conseguenza dalla nota equazione E=MC2 è che un qualsiasi corpo accelerato alla velocità della luce (c) dovrebbe aumentare la sua massa (m) all’infinito e richiedere un’energia necessaria per accelerarlo (e) infinita, entrambi cose impossibili. Il problema non si pone con il fotone, che non ha massa e quindi ha una velocità che è la massima raggiungibile nel cosmo: qualsiasi altra particella dotata di massa, dunque, deve necessariamente muoversi a una velocità inferiore.
    Essendo stato verificato il bosone di Higgs, che da massa alla materia, è possibile fare qualcosa del genere, tipo togliere massa e renderla negativa?Spiegando così l’interazione quantistica?

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