I voti dei mafiosi
Per un piatto di pasta. E continua
“Nenti cangiau – continua quello – a Civita i chistiani si vinnunu ppi na manciat’i pasta, zuccuru e cinquanta euru. Comu si faceva ‘na vota”.
“Accà u problema iè a mafia” gli risponde serio il panettiere. La mafia con le case popolari date a chi paga il pizzo, il lavoro in nero, gli appalti truccati, la droga da vendere per chi è disoccupato e il carcere come un marchio di cui vantarsi e affrontare senza paura.
“E si procede allo scrutinio dei voti per le elezioni in Sicilia, primo in testa il candidato di centrodestra Nello…”. La giornalista dalla televisione riempie il retro del panificio di numeri mentre il signor Salvo apre il portellone del forno e con le mani inguantate prende una larga teglia piena di biscotti pronti. L’odore caldo di dolci appena sfornati si alza oltre le spalle del panettiere fino all’uscita del piccolo negozio, a incontrare i passanti per strada, che girano la testa di scatto per vedere che succede dentro e subito riprendono a camminare per conto loro.
“Sei andato a votare ieri?”
“No, signor Salvo… e lei?”
La faccia rossa per il vapore si concentra un attimo appena sotto il televisore parlante e per rispondere il signor Salvo si regge un attimo su due tavoli di alluminio: “Sì”, dice breve, poi si poggia su un piano, incrocia le braccia e guarda lo schermo. I dati delle votazioni si susseguono uno sull’altro, mancano pochi seggi ancora da contare e spunta più volte il volto sereno di Musumeci. L’ex presidente della Commissione antimafia in Sicilia non diventa mai triste, nemmeno se gli mettono l’amico del figlio di un capoclan nella coalizione. E quando lui storceva il naso e si girava dall’altra parte, Riccardo Pellegrino, il più giovane dei ragazzi di Berlusconi a Catania, lo aveva avvertito: “Nel 2012 sei salito coi voti di San Cristoforo. L’anno dopo è toccata a me e con l’amico tuo, Stancanelli, siamo andati a braccetto per le vie del mio quartiere quando gli serviva. Se mi danno del mafioso, lo sei anche tu”.
Muto e pipa. Perché Riccardo è consigliere comunale, è fiero amico del figlio parrino di Nuccio Mazzei, è uscito pulito da un processo per voto di scambio, si veste bene, va a messa, aiuta il quartiere e viceversa. E poi la mafia ha già dato da tempo il suo messaggio al centrosinistra, durante le votazioni a Librino al referendum costituzionale a dicembre dell’anno scorso. Quindi Nello stai calmo, ai conti ci pensiamo noi.
“Nun cangiau nenti!” Un uomo sui sessanta entra nel panificio e parla così. Ha ancora qualche capello in testa e i baffi neri, il signor Salvo si gira col telecomando in mano e lo guarda: “Nenti cangiau – continua quello – a Civita i chistiani si vinnunu ppi na manciat’i pasta, zuccuru e cinquanta euru. Comu si faceva ‘na vota”.
“Accà u problema iè a mafia” gli risponde serio il panettiere. La mafia con le case popolari date a chi paga il pizzo, il lavoro in nero, gli appalti truccati, la droga da vendere per chi è disoccupato e il carcere come un marchio di cui vantarsi. “Per vivere meglio dobbiamo eliminarla” fa lui guardando i due negli occhi. A poco a poco arrivano altre persone e i tre si guardano ancora ma quasi con timore e smettono di parlare, distratti dalla confusione dei nuovi clienti. Il signor Salvo abbassa la voce alla giornalista, posa il telecomando da una parte e va verso il forno mentre il vecchio si sfrega la barba ispida sul mento e guarda la vetrina col pane dentro: “Oh Salvo – comincia a dire – appena puoi mi runi du mafaldine e..”.