I Sud, le mafie. Le donne si raccontano
Magistrate, letterate, sociologhe, amministratrici, fotografe e giornaliste. Insieme per costruire una nuova antimafia
Alla Casa internazionale delle donne, tre giorni di dibattiti, performance teatrali e musicali, analisi e confronto su “I Sud e le mafie e le donne” universi per troppo tempo considerati distanti e raccontati per stereotipi.
L’iniziativa, organizzata in collaborazione con la Società Italiana delle Letterate, Libera e daSud, ha messo al centro l’analisi delle “trasformazioni messe in atto dalle donne nel contesto in cui vivono, portando al centro del convegno da un lato le testimonianze delle donne impegnate in prima linea contro mafie e corruzione e dall’altro la narrazione del sé e dei tanti Sud in cui le donne vivono e operano, come luogo di partenza e ”re/esistenza” alle mafie.
E ha ragionato sui tanti ”Sud” come paesaggi interiori, come luoghi dell’immaginario, che entrano in relazione con le donne, diventando da luogo dell’assenza e dello spaesamento, luogo della presenza, dell’essenza e della trasformazione collettiva del sé e della società.
Molte di loro sono giornaliste, impegnate nei Sud dell’informazione, come Angela Corica, Marilena Natale e Ester Castano. Altre sono amministratrici locali, “le sindache” Elisabetta Tripodi, prima cittadina di Rosarno, Maria Carmela Lanzetta, sindaca di Monasterace. Ma anche registe, scrittrici, studiose del femminismo, come Gisella Modica e Emma Baeri. Tre giorni in cui la storia di donne come Lea Garofalo, uccisa a Milano nel 2009 e Giusi Pesce, attuale collaboratrice di giustizia in Calabria, sono state al centro della riflessione attuale sul potere di cambiamento e rottura dei sistemi e della subcultura mafiosa che le donne hanno dentro e fuori dall’organizzazione criminale nei tanti Sud in cui vivono.
Franca Imbergamo, magistrata, ha ricordato alle donne che l’unico modo per capire e contrastare un fenomeno così radicato nella nostra società come quello criminale, nel quale le donne hanno fatto anche la loro parte, è abbandonare l’atteggiamento dell’entomologo “quello di chi studia un insetto, un qualcosa che è altro da sé. L’unico modo per essere efficaci è sporcarsi le mani, scegliere la giusta di stanza dal fenomeno che vogliamo capire, trovare il coraggio di guardare interrogandoci con maggiore franchezza, con più onestà”.
Un convegno che è un punto di ri-partenza, che ha permesso a molte donne impegnate da anni sui territori di prendere la parola, confrontare i metodi dell’analisi narrativa e sociologica, per un nuovo percorso antimafia che parta soprattutto dalle tante donne che sui territori, dalla Calabria alla Lombardia, hanno scelto da che parte stare nella battaglia antimafia.
Una lotta che per molte di loro coincide con l’affermazione di sé dei propri diritti di persona, una battaglia individuale che diventa immediatamente politica. E che appartiene, dunque, immediatamente a tutti noi.
Alcuni interventi della tre giorni “I Sud, le mafie. Le donne si raccontano”
La sindaca di Rosarno, Elisabetta Tripodi – “Chi me lo fa fare? il mio senso civico, la necessità di non restare alla finestra a guardare il disastro che si stava compiendo sotto i nostri occhi”
Maria Carmela Lanzetta, sindaca di Monasterace, interviene via skype al convegno e racconta la sua lotta contro la ‘ndrangheta fatta solo di buona amministrazione, di un comune che funzioni, di un territorio che valorizzi le sue risorse culturali e storiche.
Ludovica Ioppolo, ricercatrice e sociologa, impegnata con Libera. Al convegno porta il suo contributo di analisi dell’impegno antimafia delle donne sui territori, la loro lotta per “re/esistere” alle mafie, le storie di “Al nostro posto” il libro scritto a quattro mani con Martina Panzarasa, che racconta le storie di sei donne impegnate sul fronte ”antimafia”.
Alessandra Clemente, figlia di “Silvia Ruotolo”, vittima innocente della camorra. Attualmente è neo assessore al Comune di Napoli. Alessandra è impegnata da anni nei percorsi di educazione alla legalità e memoria. In questi mesi ha intrapreso una nuova sfida: portare questo percorso antimafia direttamente al servizio dei giovani, attraverso l’azione dell’amministrazione pubblica. “Una sfida che mi appassiona, che mi mette anche un po’ di paura. Ma è più forte la voglia di farcela”.