I signori della munnizza dietro la pirolisi e i Css?
E’ di nuovo emergenza nell’Isola. Perché?
Dal 1999 in Sicilia esiste uno stato di emergenza rifiuti, a causa delle scelte del passato, per le quali l’Isola è ancora sotto procedura di infrazione europea. Stato che, invece di finire, continua a vivere di proroghe: l’ultima è stata votata dal Senato a fine gennaio. Il provvedimento, che passa ora all’esame della Camera, prevede la proroga della gestione commissariale a partire dallo scorso 1 gennaio fino al prossimo 30 giugno.
Come verrà utilizzata questa nuova emergenza? Perché è stato necessario richiedere, come le passate gestioni di Lombardo e Cuffaro, lo stato di emergenza relativa alla gestione degli impianti siciliani?
Le discariche private siciliane (fra queste le più grandi sono quelle gestite dalla Catanzaro costruzioni, dalla Oikos, dalla Tirrenoambiente e dalla Sicula trasporti) che stoccano a caro prezzo circa il 90% dei rifiuti provenienti dalle famiglie siciliane, stanno vivendo il loro momento di maggior profitto proprio grazie alle passate gestioni commissariali.
Queste, in deroga alle leggi, hanno concesso scorciatoie a comuni e agli ATO per aggirare quei regolamenti che impedivano, in condizioni normali, l’utilizzo dissennato delle discariche così come avviene in Sicilia. Emergenza rifiuti ha quindi fino ad oggi significato elusioni di norme a favore di qualcuno e aumento dei costi per i cittadini perpetuando il già grave stato della gestione dei rifiuti siciliano.
Il piano rifiuti regionale, approvato nel 2012, dovrebbe recepire le direttive europee e le leggi nazionali in materia che non prevedono come strategia primaria la costituzione o il mantenimento delle discariche o di inceneritori, ma che al contrario puntano al recupero del rifiuto minimizzando l’uso di tecnologie volte alla distruzione del rifiuto con o senza recupero energetico. Dall’inizio della gestione Crocetta sono stati indetti dei bandi di gara per la creazione delle infrastrutture prioritarie di base per una nuova gestione dei rifiuti (impianti di compostaggio e selezione/valorizzazione).
Tutte queste gare d’appalto sono andate però stranamente deserte. Ancor più strano è che, pur non essendo previsti come priorità dall’attuale piano dei rifiuti stiano invece sorgendo, senza alcun tipo di intoppo, impianti di produzione di energia dalle biomasse.
Questi impianti potrebbero usare, qualora ci fosse mancanza di biomassa puramente detta (alberi, potature, sfalci, residui agricoli), i rifiuti urbani. E poiché la Sicilia non eccelle per quanto riguarda la copertura boschiva sorge un piccolo sospetto sul reale utilizzo di questi impianti nel futuro.
Negli ultimi otto mesi sono stati stanziati dalla regione Siciliana, tramite l’attuale responsabile Marco Lupo (Stefania Prestigiacomo lo ha consacrato due volte contro il parere del TAR, quando era ministro dell’ambiente con incarichi istituzionali, discutibili perchè in assenza di curriculum), Commissario regionale per l’emergenza rifiuti, nonché Direttore del Dipartimento Acque e Rifiuti che fa capo all’assessorato all’energia retto da Nicolò Marino, 30 milioni di euro a Gela, 20 a Enna e 20 a Messina (Pace) per 3 impianti di “biostabilizzazione”.
Questi impianti si trovano in forma progettuale, in fase di approvazione o di costruzione in molte delle discariche siciliane, il motivo di tale corsa è l’obbligo dal 1 gennaio di quest’anno di conferire in discarica solo materiale “biostabilizzato”.
Tecnicamente di cosa si tratta. L’impianto di biostabilizzazione è stato creato come il primo di due componenti del sistema di Trattamento Meccanico Biologico. Il TMB nasce per creare Combustibile da rifiuti (CDR) o Combustibile solido secondario (CSS) insomma un materiale il cui unico scopo è la “termovalorizzazione”.
Questa circostanza unita al fatto che il piano regionale contempla anche modalità di trattamento termico dei rifiuti, come l’incenerimento, la gassificazione, la pirolisi, arco-plasma e soprattutto la combustione di CSS nei cementifici (il cui decreto per l’utilizzo è stato varato dal Governo nazionale nel marzo del 2013), bypassando ancora una volta le direttive, le leggi e i regolamenti che ne prevedono l’eventuale utilizzo solo e soltanto a valle del sistema di recupero dei rifiuti, ha messo in allarme la Rete Rifiuti Zero.
«Il CSS, non più definito “rifiuto urbano”, ma “rifiuto speciale”, viene esentato dall’obbligo di essere trattato entro i confini regionali, diventando un prodotto industriale “di libera circolazione” che va a sostituire i combustibili tradizionali nei cementifici ed entra nel business dello smaltimento dei rifiuti.
La previsione di bruciare la parte combustibile di rifiuti indifferenziati negli inceneritori è una grave scelta dal punto di vista ambientale e sanitario. Da un lato vengono esposte le popolazioni al rischio di patologie cancerogene derivate da inquinamento atmosferico da polveri sottili ed ultrasottili, mentre dall’altro, a causa dell’incentivazione con CIP6 e Certificati Verdi, viene di fatto impedito l’avvio dell’industria del riciclo.
Ma bruciare rifiuti nei cementifici è di gran lunga più pericoloso che bruciarli negli inceneritori.
I cementifici risultano più inquinanti degli inceneritori in quanto non dotati di specifici sistemi di abbattimento delle polveri e tanto meno dei microinquinanti, e sono inoltre autorizzati con limiti di emissioni più alti. Il limite per le diossine passa da 0,1 nanogrammi/mc negli inceneritori a 10 ng/mc nei cementifici, cioè 100 volte di più.»
E il professor Beniamino Ginatempo della Rete Rifiuti Zero Messina aggiunge «si stanno raggiungendo livelli di guardia elevati. Viene proposta da una ditta l’installazione gratuita di impianti per la produzione di CSS (che potrebbero trattare anche rifiuti ospedalieri), con la concessione del CSS per molti anni (p.es. da commercializzare in Norvegia o a centrali termoelettriche riconvertite, come l’Edipower a Milazzo). Così i sindaci con la sola cessione in comodato di relativamente piccole porzioni di territorio possono smettere la raccolta differenziata, risparmiano sul conferimento in discarica e magari procurano qualche posticino di lavoro per il e nell’impianto. Pericolosissimo, dunque!».
Questi punti oscuri, qui solo in parte elencati, che da quasi un anno hanno caratterizzato un’azione amministrativa in tema di rifiuti che ad oggi ha prodotto solo sospetti e nulla di realmente concreto dovrebbero essere chiariti dal governo regionale.
Altrimenti questa ennesima crisi rischia di rivelarsi il solito escamotage per favorire scelte amministrative a vantaggio di interessi economici privati, basti pensare che all’utilizzo dei Css sono interessati grandi multinazioneli come A2A – già presente nella gestione dei rifiuti isolani in quanto azionista di Tirrenoambiente – e con la concreta possibilità, come è già successo in passato – l’ex presidente di Tirrenoambiente è stato condannato in primo grado a 14 anni per concorso esterno in associazione mafiosa – , che nell’affaire possa infiltrarsi la criminalità organizzata.
SCHEDA
GIRO DI VITE PER LE DISCARICHE SICILIANE?
L’assessorato all’Energia ha istituito una commissione d’inchiesta per fare chiarezza su chi, come e perchè ha concesso autorizzazioni a discariche pubbliche rivelatesi poi «bombe» ecologiche e a impianti privati che man mano sono rimasti di fatto gli unici ricevitori di rifiuti.La commissione ha avviato il lavoro partendo dall’analisi delle autorizzazioni concesse a discariche realizzate da privati: quella di Mazzarrà Sant’Andrea, in provincia di Messina, gestita dalla Tirrenoambiente; l’impianto di Lentini, in provincia di Siracusa, gestito dalla Sicula trasporti; la discarica di Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, di proprietà della Oikos; e quella di Siculiana, in provincia di Agrigento, realizzata dalla Catanzaro costruzioni.
L’assessorato che si occupa anche delle “autorizzazioni integrate ambientali” ha inoltre sospeso il rinnovo dei via libera per la Tirrenoambiente e la Oikos. La decisione è stata assunta da Marco Lupo, che ha bloccato l’iter del rinnovo delle autorizzazioni dopo “le preliminari attività di verifica condotte dal dipartimento Acqua e rifiuti e in attesa del completamento degli accertamenti sulle procedure per il rilascio della ‘valutazione di impatto ambientale’ e della ‘autorizzazione integrata ambientale'”, come si legge in una nota divulgata dall’assessore Marino.
La decisione, in realtà, non ha conseguenze dirette e tangibili. Le due discariche continueranno a ricevere rifiuti, ma in assessorato stanno valutando i rinnovi. Dall’anno scorso, infatti, una delle due autorizzazioni necessarie per tenere aperta una discarica, l'”autorizzazione integrata ambientale”, non viene più concessa dall’assessorato al Territorio ma da quello ai Rifiuti.
Le discariche di Mazzarrà e Misterbianco sono due degli impianti più grandi della Sicilia. La prima, gestita da una società mista pubblico-privata, stando ai dati di bilancio aggregati ha avuto nel 2012 ricavi per oltre 17,6 milioni di euro, piazzandosi al quinto posto fra le discariche siciliane, mentre la seconda, interamente privata, è la più remunerativa in Sicilia: stando ai dati di bilancio aggregati nel 2012 ha messo in bilancio ricavi per oltre 48,4 milioni. C.C.
Domanda? Che soluzioni di recupero proponete per la parte di rifiuto “indifferenziabile”? Mandarla sulla luna? O magari Marte? Ed inoltre, pensate che la diossina emessa dall’utilizzo di normalissimi caminetti domestici sia meno dannosa di quella derivante dal ciclo industriale? Ed inoltre ancora, sapete quale tipo di combustibile viene oggi utilizzato nel ciclo industriale? Forse Carbone? Credete che bruciare carbone e smaltirne le relative ceneri sia meno dannoso?? Ed infine, credete che le discariche, con annesso ed insanabile inquinamento delle falde acquifere, siano meno dannose degli Inceneritori realizzati con criterio?