giovedì, Novembre 21, 2024
Inchieste

I Siciliani giovani fuori sede

Carmine Mancone

La crescita delle immatricolazioni universitarie dei siciliani si arresta. Aumentano i ragazzi che lasciano la Sicilia per andare a studiare in atenei fuori regione. La scelta è per gli atenei del Centro-Nord. Incominciamo la nostra inchiesta sull’esodo di 34.000 studenti di una regione che tra disservizi, corruzione e abusi non è in grado di trattenere la sua più importante risorsa.

Fonte USTAT (Ministero Università e Ricerca): nell’anno accademico 2021/2022 su 154355 studenti universitari residenti in Sicilia il 22% studia fuori regione. Tanti, troppi se consideriamo che a questo esodo non corrisponde un’altrettanta capacità di attrarre studenti da fuori regione. Per analizzare la portata di questo esodo dobbiamo utilizzare un parametro più dinamico rispetto al numero degli iscritti: le immatricolazioni. Gli immatricolati sono gli studenti che si iscrivono per la prima volta all’università. È quindi questo parametro che, se osservato nel corso degli anni, ci può dare dinamiche e dimensioni del fenomeno e di come gli studenti indirizzino le loro scelte. Prendiamo quindi in considerazione gli ultimi cinque anni accademici a partire dal 2017/2018. Il primo dato che emerge è che la crescita delle immatricolazioni di studenti residenti in Sicilia si è arrestata.

La curva, che per quattro anni ha registrato una tendenza positiva (anche nel periodo pandemico), ora ha raggiunto un flesso. I dati, se analizzati per provincia di residenza, ci dicono che solo nelle province di Catania (+2%) e Siracusa (+10%) si è assistito ad un leggero aumento delle immatricolazioni nell’ultimo accademico. Per le altre province, la crescita o si arrestata oppure come per Trapani (-5%), Messina (-5%) ed Enna (-5%) ha avuto un’inversione di tendenza. Ma questa curva nasconde un dato ancora più importante e per farlo emergere dobbiamo dividere coloro che hanno deciso di studiare in Sicilia, scegliendo università regionali (Palermo, Catania, Messina ed Enna) o frequentando università telematiche, dai siciliani che invece hanno scelto di lasciare la regione. Il dato che emerge è che se fino all’anno accademico 2019/2020 il numero dei siciliani fuori sede andava ridimensionandosi ora è in crescita.

 

E forse non è un caso che quest’inversione di tendenza si sia verificata subito dopo l’inizio della pandemia, un periodo che ci ha costretti ognuno nelle proprie realtà di provenienza aumentando la percezione dei disservizi e delle criticità. Nell’anno accademico 2021/2022 sono quasi 6000 (22% degli immatricolati) gli studenti siciliani che hanno scelto di iscriversi in atenei non regionali, valore superiore al 15% degli studenti fuori sede della Sardegna, regione che condivide le stesse problematiche della mobilità degli isolani.

 

La Sicilia, quindi, continua a vedere i suoi giovani studenti partire. Ma per andare dove? Anche qui secondo i dati USTAT riferiti alle immatricolazioni nell’anno accademico 2021/2022 esce fuori un dato inequivocabile: i siciliani scelgono di studiare nelle città del Centro-Nord. È una regola che si ripete negli anni e in ogni contesto storico: il Sud, quando emigra, non sceglie il Sud. Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio, Piemonte, Toscana, Umbria e Veneto: sono concentrati tutti qui i 6000 studenti che hanno scelto di immatricolarsi in atenei fuori regione.

Se sommiamo il numero degli studenti presenti in tutte le università della Campania, Puglia e Calabria non arriviamo a 150; solo alla Sapienza Università di Roma si sono immatricolati in 555. Perché accade questo? Basta ragionare sul dato della Campania dove si registrano solo 62 immatricolazioni, nonostante la regione abbia in Napoli una grande città con un’altrettanta grande tradizione universitaria. Ma Napoli ha gli stessi problemi di Palermo e Catania. Napoli in ogni classifica sulla qualità della vita occupa posizioni più basse rispetto a quelle delle principali città universitarie siciliane. I giovani siciliani cercano certezza e qualità dei servizi, prospettive e benessere. E tutto questo non passa per le città del Sud. Passa invece per Bologna, Milano, Torino, Firenze e Roma.

In attesa dei dati USTAT dell’anno accademico 2022/23 il quadro emergente torna a destare preoccupazione. La mobilità studentesca non è necessariamente una cosa negativa, io stesso nell’ateneo in cui insegno, la Sapienza Università di Roma, cerco di incentivarla perché nel breve periodo è sicuramente un valore. Ma ad un flusso di studenti in uscita dalla Sicilia deve corrispondere un’altrettanta capacità di attrarre studenti dalle altre regioni. E tutto ciò, nonostante programmi di sviluppo e di finanziamento dedicati, alle università siciliane, e più in generale, agli atenei meridionali, non riesce. Ma Palazzo dei Normanni non sembra (pre)occuparsene.

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