I ragazzi abbandonati e lo Stato che non c’è
Quindici anni a Catania
MAURIZIO, VITA VIETATA
Maurizio ha quindici anni, è un ragazzino esile ma molto agile e vivace. Non va più a scuola perché è riuscito a prendersi la terza media grazie alla benevolenza dei suoi insegnanti, non ha più voluto continuare perché “non è portato per lo studio”. A scuola si sentiva emarginato e spesso si assentava per lunghi periodi. Non riusciva a seguire le lezioni come gli altri, allora faceva di tutto per mettersi in mostra, per attirare l’attenzione su di sé. Ma questo atteggiamento aggravava la sua situazione, e spesso tornava a casa con delle note o sospensioni.
Dopo la licenza media ha cercato qualche lavoro ma, si sa, di questi tempi non c’è lavoro per nessuno. Figuriamoci per lui che non ha un mestiere.
La situazione della famiglia è molto precaria. Suo padre è disoccupato e solo sua madre riesce a lavorare saltuariamente lavando le scale di qualche condominio. Spesso non sanno come fare la spesa e a stento riescono a pagare l’affitto di casa.
Maurizio ha tanti desideri, i desideri della sua età. Gli piacerebbe avere dei vestiti griffati, uno scooter per farsi guardare dalle ragazze. Andare a prendere un panino dal “paninaro” e divertirsi con i suoi amici. Ma non ha soldi.
Così passa le giornate sbrigando qualche commissione per la famiglia, poi tutto il giorno a girovagare per il quartiere, magari con qualche amico. La strada è il suo mondo. Ed è lì sulla strada che ha l’opportunità di perdersi in storie di illegalità.
Quanti ragazzi nei nostri quartieri hanno una storia simile a quella di Maurizio! Molti riescono in qualche modo ad uscirne fuori, per altri invece è l’inizio di una lunga carriera.
Purtroppo per quanto riguarda la prevenzione si fa ben poco. Eppure l’ex Presidente del Tribunale dei minori Gianbattista Scidà già negli anni ottanta aveva fatto giungere grida di allarme denunciando l’alta percentuale di criminalità minorile nella nostra città, facendo emergere così il “caso Catania”, raccontando il disagio dei ceti svantaggiati e facendo emergere le responsabilità dello Stato nell’aver abbandonato i quartieri periferici.
Da allora sono passati trent’anni, poco è cambiato. Il grido del Presidente Scidà è caduto nel silenzio delle istituzioni. I quartieri periferici sono ancora trascurati, il disagio minorile è quanto mai presente ed in più c’è la crisi economica sociale che attanaglia tutte le famiglie.
M.G.