I nuovi poveri
Gli ex ricchi e il reddito universale
La vita in quarantena è un pendolo tra gli hashtag #andratuttobene e #nullasarapiucomeprima. Nel tragitto c’è l’assoluta precarietà dell’esistenza, i giorni della settimana tutti uguali e la parola futuro che si ha paura di nominare. La sospensione del lavoro è un disastro, l’assenza di un reddito è il dramma. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che quei pochi soldi messi da parte con sacrificio sarebbero serviti ad affrontare una pandemia. E se i soldi finiscono? Tra poco si affacceranno nella società migliaia di nuovi poveri, senza alcuna esperienza nell’essere poveri.
La scomparsa di interi settori economici genererà una crisi a catena che toccherà ogni comparto produttivo. Gireranno meno soldi e anche chi fa lavori prestigiosi sperimenterà la povertà. Ma ci sono poveri e poveri.
Ci sono i poveri che vivono da sempre in situazioni di estreme ristrettezze economiche, presi in carico da inefficaci servizi sociali, relegati alla marginalità e a vite di privazioni. Le file alla caritas, le suppliche nei CAF, le ore di attesa all’ufficio del lavoro, il giorno di quando arriva il reddito di cittadinanza o la Naspi segnato in rosso sul calendario. Una povertà totale che da vita a un allevamento inesauribile di carne da macello per la criminalità organizzata, serbatoio di voti per politici collusi, incubatore di disperazione e violenza.
Ci sono poi quelli che lavorano, magari in nero, con qualche contratto precario, con un reddito sostenuto da un po’ di assistenza statale e da qualche aiuto familiare. Persone normali, anche bene istruite, che hanno sempre sperimentato la difficoltà ad arrivare a fine mese. Gente che va al cinema con prudenza, che va al ristorante raramente, che conduce una vita sociale al risparmio. Le loro vite sono segnate dall’ansia della precarietà economica. Una precarietà che travolge l’intera esistenza e fa apparire ogni normale scelta di vita come un irresponsabile azzardo.
Si affaccia sempre nella crisi, una nuova categoria di poveri: gli ex ricchi. O presunti tali. Moltissimi, sentendosi realizzati sul lavoro e percependo un reddito alto, hanno investito e si sono indebitati nella convinzione di riuscire a pagare. L’assenza di guadagni in molti settori travolgerà le altissime rate di mutui, della macchina, i costosi abbonamenti, le carte di credito, i telefonini da mille euro e i mega televisori presi a rate, le esose abitudini di vita. Queste famiglie sperimenteranno per la prima volta povertà e precarietà e sarà un disastro psicologico e sociale. Gli ex benestanti, gli ex ricchi dovranno accettare di essere poveri e dovranno imparare a chiedere sostegno e aiuto, senza imbarazzo.
Sarà una reazione a catena quella della povertà, che travolgerà tutto. La mancanza di soldi non risparmierà il padrone di casa che chiederà inutilmente l’affitto, non risparmierà nemmeno i settori produttivi rimasti aperti durante l’emergenza, perché la gente avrà sempre meno soldi da spendere. Ad approfittarne saranno gli usurai e i mafiosi, nelle loro versioni legali e illegali.
Il reddito per tutti
Ci vorranno anni per uscirne, ci vorranno mesi per capire come farlo. Sarà probabilmente necessario mutare il sistema economico. Nel frattempo si morirà di povertà, che non significa solo morire di fame.
Nella Sylicon Valley un fondo privato ha investito sessanta milioni di dollari per testare su un campione di persone un reddito universale di mille dollari. La stessa cosa ha sperimentato la Finlandia e il Canada. Si tratta di un reddito di base ideato per rispondere alla scomparsa del lavoro.
Fino a qualche mese fa si credeva che sarebbe stata l’evoluzione tecnologica e la robotica a cancellare la necessità di milioni di posti di lavoro, oggi è il virus ad avere dimostrato l’esigenza di ragionare del reddito separato dal lavoro.
Con estrema violenza nelle ultime settimane i lavori sono stati divisi in essenziali e non essenziali, e con loro i lavoratori. Non è affatto detto che ciò che non è essenziale torni come prima, con la stessa capacità di produrre ricchezza.
Negli Stati Uniti è la deputata democratica, idolo della sinistra radicale europea, Alexandra Ocasio Cortez ad avere proposto l’istituzione di un reddito di base come risposta alla crisi economica generata dall’emergenza sanitaria. In Italia, dopo anni di riflessioni di alcuni spazi sociali e circoli culturali della sinistra, è Beppe Grillo dal suo blog ad aver rilanciato la proposta di un reddito universale slegato dal lavoro. Serviva che anche i ricchi diventassero poveri, per occuparsi seriamente di povertà.